Il “bagno di sangue” negli ospedali di Gaza
Durante il 73esimo giorno dell’aggressione israeliana della Striscia di Gaza, l’aviazione delle IDF ha bombardato con particolare intensità i campi profughi di Jabalia e Nuseirat, e sono stati di nuovo colpiti gli ospedali della zona
Durante il 73esimo giorno dell’aggressione israeliana della Striscia di Gaza, l’aviazione delle IDF ha bombardato con particolare intensità i campi profughi di Jabalia e Nuseirat, e sono stati di nuovo colpiti gli ospedali della zona. Solo a Jabalia sono già state confermate più di 100 morti — un numero simile di persone sono ancora intrappolate sotto le macerie. Gli attacchi alle strutture sanitarie è stata ripetutamente denunciata dal personale dell’OMS: sabato un gruppo dell’Organizzazione mondiale della sanità ha raggiunto l’ospedale di al–Shifa, per consegnare aiuti umanitari, e l’ha trovato devastato dai bombardamenti — la situazione è stata descritta come “un bagno di sangue.” Oltre ai tantissimi feriti, la struttura è usata anche come rifugio da parte delle persone sfollate, e c’è mancanza cronica di acqua potabile e cibo. L’OMS ha denunciato anche l’attacco delle IDF all’ospedale Kamal Adwan, che ora non è più operativo. Attacco nel quale sono stati anche uccisi 8 pazienti. “Abbiamo scoperto che molti pazienti hanno dovuto evacuare la struttura da soli, mettendo a rischio la propria salute e la propria sicurezza, perché le ambulanze non potevano raggiungere la struttura.”
Al contrario di quello che sostengono gli alleati del governo Netanyahu VI, il numero di morti nella Striscia di Gaza è drasticamente sottostimato, e non gonfiato per motivi propagandistici. Fuori dalla scuola Fahmi al-Jarjawi, a Gaza, è stata rinvenuta dal Euro–Med Human Rights Monitor una fossa comune con più di 122 corpi sepolti. L’organizzazione stima un numero di morti marcatamente superiore a quello indicato dal ministero della Salute di Gaza, e parla di quasi 25 mila morti, più di 50 mila feriti, e 1 milione e 850 mila sfollati.
Continua ad allargarsi, nel frattempo, lo scandalo dei 3 prigionieri israeliani uccisi dalle IDF perché scambiati per civili miliziani palestinesi. Un’inchiesta di +972 Magazine e Local Call rivela che, al contrario di quanto riferito all’opinione pubblica, la leadership politica e militare israeliana ha dato la priorità a ottenere obiettivi di massimo impatto nell’aggressione — e non a liberare i propri prigionieri. All’inizio dell’aggressione, i funzionari del governo sostenevano che i prigionieri fossero stati stipati nei famigerati tunnel sotterranei, ma, con la progressiva liberazione dei prigionieri, è emerso che al contrario molti erano in normalissime case — le stesse che l’aviazione bombarda indiscriminatamente. Una familiare di 3 prigionieri liberati durante la tregua ha spiegato ai due magazine che la paura principale dei prigionieri era di essere colpiti da attacchi dell’esercito israeliano.
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Bombardamento dell’ospedale Nasser a Khan Yunis. Foto via Twitter @QudsNen
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