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Dopo il summit con Xi Jinping, Joe Biden ha commentato in modo estremamente problematico gli sviluppi dell’aggressione israeliana su Gaza. Secondo Biden quello dell’aviazione e della marina israeliana non è un “bombardamento a tappeto,” ma “è una cosa diversa.” Biden ha espressamente dato il proprio supporto alle operazioni compreso “entrare all’ospedale” — in risposta a una domanda sul raid dell’ospedale al–Shifa — dicendo che i militari israeliani “stanno andando nei tunnel” di Hamas. Il presidente statunitense ha poi ripetuto diversi punti della propaganda militarista del governo Netanyahu VI, sostenendo che le IDF avrebbero portato nell’ospedale “degli incubatori” — che ci sono già, il problema è che non c’è corrente elettrica per farli funzionare — e reiterando l’accusa falsa che i combattenti di Hamas avrebbero decapitato bambini, una dichiarazione che aveva già fatto e che era stata smentita dal suo stesso staff. In quello che forse è stato un lapsus, Biden ha però ammesso che “è una storia diversa da quello che stava succedendo prima, con i bombardamenti indiscriminati.” Biden ha confermato che sono in corso trattative per la liberazione di parte dei prigionieri catturati da Hamas il 7 ottobre, in cambio di una pausa umanitaria al conflitto — il presidente statunitense resta comunque contrario a un cessate il fuoco, un’opzione che reputa “non realistica.”
La conferma del supporto indiscriminato ai crimini di guerra del presidente statunitense è un ulteriore segnale del suo distacco dal resto del suo staff: nonostante continuino le richieste da parte del personale di un cambio di direzione — una terza lettera è stata fatta circolare, questa volta firmata da più di 500 funzionari di 40 agenzie diverse — l’amministrazione, o forse Biden in persona, sembra voler ignorare tutte le rimostranze.
Le dichiarazioni di Biden arrivano mentre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione chiedendo “urgenti ed estensive pause umanitarie” e la creazione di corridoi umanitari nella Striscia di Gaza. La risoluzione è passata con il supporto di 12 membri, nessun contrario, e 3 astensioni — Stati Uniti, Regno Unito e Russia. Washington e Londra si sono astenuti perché supportano l’enfasi posta sulla necessità di supporto umanitario, ma non volevano votare un testo che non condannasse esplicitamente Hamas. È la prima risoluzione delle Nazioni Unite in merito al conflitto israelo–palestinese dal 2016. Israele, nel frattempo, continua la propria demonizzazione dell’ONU: l’ambasciatore ONU israeliano Gilad Erdan ha twittato che la risoluzione era “disconnessa dalla realtà e priva di significato.” Secondo Erdan “Israele continuerà a comportarsi secondo le leggi internazionali” — chiaramente — “mentre i terroristi di Hamas non leggeranno la risoluzione del tutto.” Sarebbe in corso un piano geniale, degno di chi bombarda i propri stessi ospedali: “La strategia di Hamas è di far deteriorare la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza e aumentare il numero di vittime palestinesi, in modo da motivare le Nazioni Unite e il Consiglio di sicurezza a fermare Israele” — ma “questo non succederà.” Nel corso della notte l’aviazione israeliana ha bombardato a tappeto il quartiere di Sabra di Gaza, uccidendo circa 50 civili e lasciando un numero imprecisato di feriti, nell’ordine delle decine. Le truppe delle IDF, nel frattempo, hanno condotto un secondo raid dell’ospedale al–Shifa, che resta ancora sotto assedio.