La battaglia per la mappa dei CPR
I presidenti di regione di tutti i colori politici sono apertamente contrari, se non al piano in sé, almeno ad avere un CPR nei propri territori
foto: Guido Crosetto / Facebook
È facile annunciare che si riempirà l’Italia di lager, ma è fortunatamente meno facile trovare le strutture da utilizzare e farlo col consenso della politica locale. L’obiettivo del governo è di avere “almeno” un CPR per regione, ma presidenti di regione di tutti i colori politici sono apertamente contrari, se non al piano in sé, almeno ad avere un CPR nei propri territori. Il presidente della regione Toscana, Eugenio Giani, ha dichiarato che non autorizzerà nessun CPR nella sua regione. Giani sottolinea che serve ragionare su come “fare entrare e accogliere” le persone migranti: “Se arrivano immigrati con i tormenti, le violenze e le sofferenze che hanno subito e la risposta che gli dai ‘è faccio i Cpr’, cioè faccio i luoghi per buttarli fuori? Prima rispondi a come integrarli, come accoglierli, come dargli da mangiare e da dormire e imparare l’italiano e magari utilizzarlo nel lavoro. Poi parla anche di coloro, quei casi isolati, nei quali poter prevedere la lunghissima procedura per il rimpatrio.”
Lo scetticismo non arriva solo dal centro: il Presidente della provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher sottolinea che è disposto alla costruzione di un CPR dell’Alto Adige ma solo se sia “proporzionato alle dimensioni della nostra provincia” e che “servirà solo per le esigenze che servono per l’Alto Adige.” Al presidente del Molise, Francesco Roberti, eletto con il centrodestra, invece, non piace del tutto l’idea di costruire larger: “In Molise, da quello che mi risulta, non abbiamo una struttura idonea da adibire a Cpr, anche perché è indispensabile, da quanto ho capito, la recinzione, quindi non si può usare il primo albergo dismesso. Per come la vedo io, questa storia della recinzione non mi entusiasma, soprattutto in una prospettiva di accogliere famiglie con bambini, che magari possono venire a vivere in pianta stabile nel nostro territorio, coinvolto da un fortissimo spopolamento. Oggi siamo meno di 300mila residenti molisani e l’amministrazione si fa in forza dei numeri. Io sarei dell’opinione di costruire qualcosa di accettabile anche in una diversa prospettiva.”
Il presidio dei CPR è responsabilità della polizia, ma la loro messa a punto — con ogni probabilità per togliere la questione alla Lega — è stata affidata al dicastero della Difesa, che dovrà mettere a disposizione forze e mezzi del Genio militare per realizzare i centri di detenzione. Per Guido Crosetto è un problema non da poco: non solo le indicazioni sono molto generiche — “da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili” — ma ovviamente budget e tempistiche cambiano drasticamente in base a quante strutture dismesse si riescono a recuperare, e quanti centri invece vanno costruiti da zero. Sulla questione budget, tra l’altro, il governo non ha nemmeno iniziato: non solo non si sa quanto saranno i soldi mobilitati, ma nemmeno se saranno a carico della Difesa o meno.
L’alternativa a politiche disumane è ovviamente possibile: oggi riprende il giudizio d’appello contro la condanna in primo grado di Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi. La motivazione della condanna a Lucano è ancora oggi un folle microcosmo dell’ideologia di destra: di fronte alla mancanza di prove per l’indebito arricchimento dell’ex sindaco, i giudici stabiliscono autonomamente che si trattasse di un merito della propria “furbizia, travestita da falsa innocenza,” come dimostrato d’altronde dalla casa di Lucano, “volutamente lasciata in umili condizioni per mascherare in modo più convincente l’attività illecita posta in essere.” La premessa ideologica è ovvia: non è possibile che esista la generosità, ma solo gli interessi sporchi e l’egoismo.