Un’inchiesta internazionale rivela pesanti responsabilità da parte dell’Italia e di Frontex nel naufragio di Cutro, in cui hanno perso la vita 94 persone
Un’inchiesta internazionale rivela pesanti responsabilità da parte dell’Italia e di Frontex nel naufragio di Cutro, in cui hanno perso la vita 94 persone — tra cui 35 bambini. La domanda centrale è la stessa dei giorni immediatamente successivi al 25 febbraio: cosa è successo nelle 5 ore in cui le autorità sarebbero potute intervenire per soccorrere i naufraghi? Nei giorni successivi alla tragedia Meloni ha negato categoricamente qualsiasi responsabilità, prima parlandone come di uno scenario impensabile, poi arrivando a dire che “sulla tragedia di Cutro la mia coscienza è perfettamente a posto.” Le responsabilità, invece, c’erano.
Al momento sono 6 le persone indagate dalla procura di Crotone, tra cui tre alti ufficiali della Guardia di finanza — gli altri tre nomi sono coperti da omissis. Secondo la procura, tra i fatti più rilevanti ci sono due comunicazioni da parte della Guardia di finanza, che aveva avvertito la guardia costiera di aver inviato la motovedetta V.5006 per “intercettare” l’imbarcazione in difficoltà. Ma come riporta il procuratore Capoccia, la V.5006 “lungi dall’essere in navigazione alla ricerca del target si trovava in realtà all’interno del porto di Crotone.” Tre ore dopo, nei registri ufficiali della Guardia di finanza si legge che la motovedetta è tornata in porto per via del maltempo. Secondo la procura, la finanza avrebbe intercettato l’imbarcazione alle 3:34, circa 30 minuti prima del naufragio. Ma questo avvistamento non sarebbe stato comunicato alla guardia costiera — “dal radar al momento non battiamo nulla,” aveva comunicato uno degli ufficiali indagati: un fatto che se confermato sarebbe evidentemente gravissimo.
Nel frattempo sono stati emessi due fermi amministrativi per altrettante navi di Ong che non hanno rispettato le misure dettate dal decreto migranti. La prima nave multata è la Mare*Go, che ha deciso di far sbarcare i naufraghi soccorsi a Lampedusa e non a Trapani come indicato dalle autorità. L’Ong ha spiegato alle autorità che non aveva a bordo le risorse necessarie per curare i naufraghi per l’intera durata del viaggio — che sarebbe durato altre 32 ore. L’altro fermo è per la Sea Eye 4, colpevole di un crimine ancora più grave: aver compiuto un secondo soccorso, invece di recarsi “immediatamente” al porto indicato, lasciando che le persone in difficoltà in mezzo al mare rischiassero di annegare.