La battaglia di Lützerath e il bivio dell’ambientalismo tedesco
Migliaia di attivisti da tutta Europa sono arrivati a Lützerath per porsi come ultima linea di difesa del piccolo centro tedesco
La polizia davanti a una struttura della miniera di Garzweiler.
Foto 4/1/2023, CC BY 2.0 Alle Dörfer
Migliaia di attivisti da tutta Europa — secondo la polizia tra 8 e 10 mila persone, secondo gli organizzatori più di 35 mila — sono arrivati a Lützerath per porsi come ultima linea di difesa del piccolo centro tedesco, abbandonato, che deve essere distrutto per garantire l’espansione della miniera di lignite di Garzweiler
Tra loro c’era anche Greta Thunberg, che nel proprio intervento ha descritto la decisione di espandere la miniera di carbone come “vergognosa,” e ha denunciato come il capitalismo metta sempre i profitti davanti al benessere umano.
Il paese è abbandonato da anni — proprio perché incombeva l’espansione della miniera — ma gli attivisti sono intenzionati a cercare di fermarne la distruzione, sottolineando che l’allargamento costituirebbe una delle più grandi “bombe di carbonio” d’Europa. Le bombe di carbonio sono definite come progetti — esistenti o in fieri — di estrazione di combustibili fossili che risultano, o possono risultare, nell’emissione di un miliardo di tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Sotto il paese tedesco si estende il giacimento di lignite della miniera di Garzweiler: la lignite, un tipo di carbone fossile, è la singola fonte di energia più dannosa per l’ambiente e l’area della miniera nel Nord Reno-Westfalia è già la fonte più grande di emissioni di CO2 in tutta Europa. Nel proprio comunicato stampa, Greenpeace definisce l’operazione come “un esempio vivido dei crimini che le aziende di combustibili fossili stanno commettendo in tutto il pianeta. Le aziende di combustibili fossili stanno inquinando e hanno rovinato la vita delle persone da quando esistono e l’hanno sempre fatta franca. Non permetteremo che questo continui, in Germania e nel resto del mondo.”
https://twitter.com/LuetziBleibt/status/1614271841937330182
La manifestazione si è tenuta due giorni dopo una estenuante operazione di sgombero da parte della polizia tedesca, che aveva forzosamente trascinato via gli attivisti climatici che avevano occupato il paese, avevano costruito case sugli alberi e avevano scavato e occupato tunnel sotterranei. Nonostante le proteste continuassero da giorni in modo completamente pacifico, ieri la polizia ha represso la manifestazione con violenza — su Twitter circolano video da battaglia campale, con pestaggi nel fango dei terreni attorno al paese. Il movimento ambientalista tedesco si trova in una situazione particolarmente difficile: è stato abbandonato dai Verdi, che al governo hanno firmato per la distruzione della cittadina in cambio della rinuncia di RWE — l’azienda che opera la miniera — a riservare lo stesso destino macabro ad altre cinque località. Ora, molti attivisti si chiedono se continuare a protestare pacificamente sia sostenibile. Florian Özcan, uno dei portavoce del movimento a Lützerath, commenta: “Dobbiamo chiederci se le proteste pacifiche sono ancora utili nella democrazia. Siamo venuti qui per fermare una miniera di carbone con i nostri corpi, per mostrare quanto è importante che il carbone resti sotto terra, per raggiungere gli obiettivi climatici. Ma questa protesta non ha ottenuto niente.” La risposta della politica tedesca alle proteste climatiche più radicali però, è stata finora a dir poco estremista: Alexander Dobrindt, il numero due del gruppo della CDU/CSU nel Bundestag, ha parlato in precedenza del “rischio di una RAF climatica,” adombrando all’inizio di una nuova stagione di terrorismo — paragonando le attuali manifestazioni pacifiche degli attivisti climatici alla Rote Armee Fraktion, il gruppo di guerriglia urbana, comunista e anti–imperialista, attivo in Germania tra gli anni Settanta e la fine degli anni Novanta, responsabile della morte di 34 persone.