foto via Facebook / Roberto Calderoli
La Lega accelera con la secessione dei ricchi: il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata è stato depositato a Palazzo Chigi, e probabilmente verrà presto portato in Cdm
Che cosa contiene? Si tratta della “legge quadro” che definisce il contesto delle singole intese tra stato e regioni. Il Fatto Quotidiano ha potuto visionarlo, e sostiene che “è quasi peggio delle previsioni: intese pattizie, “eterne” e di difficile correzione, Parlamento trattato da passacarte, un Fondo perequativo senza un euro in più per le aree svantaggiate.” Negli scorsi anni si è imposta come definizione degli intenti della Lega la “Secessione dei ricchi” — un’espressione popolarizzata dal saggio di Gianfranco Viesti distribuito gratuitamente da Laterza. Il Fatto riporta che è difficile non chiamarla così: non solo, se venisse approvata, la riforma permetterebbe alle regioni di ottenere una trattativa a porte semi-chiuse con il governo, senza passare dal Parlamento, ma le entità di fondi e personali richiesti sarebbero decise non dal Tesoro ma da una “commissione paritetica Stato–Regione,” che partirà da una determinazione basata sulla spesa storica precedente — che ovviamente favorisce il Nord.
Non è chiarissimo quale sia la posizione di Meloni in merito: le sua ultime dichiarazioni in proposito risalgono ai primi di dicembre, quando aveva detto che “lavoreremo per una sua attuazione virtuosa, in un quadro più ampio di riforme” — e in effetti la presidente del Consiglio, anche se non entusiasta della proposta, sa benissimo che la riforma semi–federalista che sta a cuore alla Lega è l’unico modo per provare seriamente a portare avanti, all’interno del governo, quella semi–presidenziale, che invece è cardine del programma di Fratelli d’Italia. Calderoli ieri era a Catanzaro, dove lo ha accolto il governatore Occhiuto, che non è del tutto contrario alla riforma. Durante l’incontro, il ministro si è espresso in modo gelido riguardo al collegamento tra autonomie e presidenzialismo: “Il presidenzialismo è una modifica costituzionale, quindi richiede quantomeno quattro passaggi parlamentari e, se non dovessero essere raggiunti i 2/3 dei votanti, anche la possibilità di un referendum. Quindi sono strade completamente diverse, e rincorrere una per l’altra veramente mi sembra sconclusionato e privo di senso e di significato”
Il Pd è blandamente contrario alla riforma: Bonaccini, che da governatore dell’Emilia-Romagna aveva promosso il percorso verso l’autonomia differenziata, insieme alle regioni leghiste Lombardia e Veneto, ha criticato le intenzioni del governo, ma la sua posizione è nota solo tramite una risposta a un commento su Facebook, in cui dice di essere a favore dell’“autonomia buona,” che “non penalizza il Sud perché non tocca la spesa.” Secondo Bonaccini, invece, la riforma “spacca il Paese,” ed è “una forzatura che mette a rischio la tenuta sociale delle nostre terre.” Anche Conte teme che la riforma spacchi l’Italia, e la definisce un “progetto scellerato,” per “far correre a due velocità una comunità nazionale.” Sono anche risolutamente contrari la Cgil e la Uil.