viabolla-2021

In copertina: il complesso di via Bolla nel 2021. Foto © Alex Zoboli / Cesura

Lo sgombero degli stabili occupati nel quartiere Gallaratese ha risolto una situazione arrivata ormai ai limiti, ma non c’è nessuna idea per risolvere l’emergenza abitativa in modo dignitoso e definitivo

Milano, via Bolla, quartiere Gallaratese. Nella mattinata di ieri, giovedì 3 novembre, un’operazione di polizia coordinata dal prefetto e questore ha sgomberato i civici 38, 40, e 42: circa 90 appartamenti di edilizia popolare occupati abusivamente, alcuni da più di un decennio. 

“Erano presenti i servizi sociali per coloro che avessero bisogno — donne, bambini, invalidi. Ad oggi pomeriggio [ieri, ndr] hanno chiesto assistenza e una collocazione due nuclei familiari che erano lì presenti, gli altri no. Con altre famiglie, in base al censimento di Aler, è stata fatta una valutazione per la collocazione in alloggi temporanei che ha messo a disposizione Aler. Adesso hanno sventrato gli alloggi, tirato via le porte e chiuso gli accessi,” racconta Fabio Galesi, consigliere del Pd nel Municipio 8, presente al momento.

La situazione nella zona è grave ma simile a quella di molte altre periferie popolari di Milano: schiacciate ai bordi di una città sempre più pensata per le persone benestanti, dove il disagio sociale sembra sfogarsi solo in episodi di guerra tra poveri — come nel caso della gigantesca rissa avvenuta proprio in via Bolla lo scorso giugno. In quell’occasione più di sessanta persone avevano preso parte a un pestaggio che aveva visto contrapposti occupanti e inquilini regolari, e la stampa aveva avuto gioco facile a bollare tutto come una lotta etnica tra abitanti del quartiere e non meglio specificati “rom” occupanti.

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Credits video: Fabio Galesi

Che fine faranno le persone sgomberate? L’operazione di “ripristino della legalità” ha riscosso un’approvazione bipartisan — dall’assessore comunale alla Sicurezza Granelli al ministro dell’Interno Piantedosi — ma non sembra esserci molto interesse per risolvere alla radice la crisi abitativa o le situazioni di disagio di molte famiglie occupanti. “Una parte se n’è andata via per conto proprio, non ha voluto nessun tipo di colloquio con gli assistenti sociali,” continua Galesi. “Un’altra parte sì. In base alle liste fornite al tavolo tecnico dei servizi sociali, che hanno convocato le famiglie una ad una, sono state individuate circa 40 famiglie alle quali è stato proposto un alloggio ad uso temporaneo, alloggi Sat, messi a disposizione da Aler.”

Gli alloggi Sat sono la nuova versione degli alloggi di emergenza: si tratta di alloggi temporanei fino a un massimo di un anno e non corrispondono a un’assegnazione definitiva di una casa popolare. A Milano la crisi abitativa è grave, nonostante sia una “emergenza” che va avanti da anni: le famiglie in attesa di un alloggio popolare sono al momento circa 17.500. La grande incriminata è sempre Aler, che non sembra riuscire a gestire la richiesta e il proprio patrimonio immobiliare. A marzo, un quinto degli appartamenti Aler a Milano risultava vuoto e inutilizzato: ben 13 mila appartamenti sfitti.

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Credits video: Fabio Galesi

“Sicuramente dopo 11 anni di denunce e richieste di intervento gli abitanti del quartiere cominciano a tirare un sospiro di sollievo. Nel 2017 avevamo indicato in un esposto alla prefettura la pericolosità degli stabili, gli allacciamenti abusivi. Dopo la rissa di giugno, il quartiere era saturo di questa situazione. Adesso però vogliamo sapere cosa succede domani: quello che noi chiediamo è la riqualificazione dell’intero stabile, che non rimanga uno scheletro abbandonato per 20 anni,” conclude Galesi.


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