Il revisionismo Covid del governo Meloni
Tra le priorità del nuovo esecutivo c’è anche la rimozione di tutte le misure contro la pandemia
in copertina, foto via Facebook
Tra le priorità del nuovo esecutivo c’è anche la rimozione di tutte le misure contro la pandemia
Il governo Meloni ha come priorità abbattere tutte le ultime norme, restrizioni ed eredità giuridiche riguardanti la lotta alla pandemia: ieri il nuovo ministro alla Salute, Orazio Schillaci, ha annunciato che il bollettino sull’andamento della pandemia in Italia diventerà settimanale e non più quotidiano. Non è chiaro se ciò significherà la fine della diffusione e della disponibilità di dati per il pubblico o semplicemente il ministero smetterà di aggregarli — ma probabilmente lo si capirà già oggi.
Ci sono però anche misure più sostanziali: il governo sta infatti lavorando a un provvedimento che disponga il rientro in servizio del personale sanitario sospeso per inadempienza all’obbligo vaccinale. Il ministro ha dichiarato che ritiene “opportuno avviare un progressivo ritorno alla normalità” incassando anche il sostegno del presidente della Federazione degli ordini dei medici, che ha sorprendentemente definito la decisione “di buon senso e saggezza.” Dovrebbero anche avere termine le sanzioni per gli over 50 che non hanno effettuato nemmeno la prima dose di vaccino.
Ma quanto era atteso questo provvedimento? In realtà il fenomeno no-vax in Italia è stato piuttosto contenuto rispetto a molti altri paesi europei: ad oggi l’85,8% della popolazione ha iniziato il ciclo vaccinale, l’84% ha avuto una dose di richiamo e il 68% due — la quarta dose invece è stata effettuata solo dal 7% della popolazione, anche a causa di una campagna sottotono gestita dal precedente governo. È interessante notare però che la fascia di popolazione meno vaccinata, quella tra i 40 e i 49 anni, che ha una copertura con prima dose solo dell’89,6%, è anche una di quelle che ha votato più volentieri Fratelli d’Italia alle urne.
Il provvedimento più forte di tutti però sarà la probabile abrogazione totale dell’obbligo delle mascherine, anche negli ospedali. L’obbligo di indossarla sul posto di lavoro scade il 31 ottobre e, se il governo deciderà di non prorogarlo, semplicemente non si rinnoverà automaticamente. La Fiaso, federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, ha però messo le mani avanti, chiedendo che in questo caso “le direzioni sanitarie valutino l’obbligo mascherine per operatori sanitari sulla base dei rischi, reparto per reparto, a tutela dei fragili.”
Nel frattempo sembra proprio che la commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria si farà: due proposte sono state già depositate da Lega e FdI, mentre l’autoproclamato Terzo polo e il Pd si sono detti favorevoli — anche se Francesco Boccia, del Pd, ha chiesto che “allora si parli di tutto, anche delle responsabilità delle Regioni del Nord.” Il governo per il momento sembra comunque essere fortunato: secondo il consueto — per ora? — report settimanale dell’Iss, l’incidenza e i ricoveri sono in calo in tutto il paese. L’occupazione delle terapie intensive è intorno al 2,2%, mentre quella delle aree mediche è al 10,8% — numeri che comunque parlano di una pandemia, sebbene meno grave di due anni fa, ben lontana dall’essere conclusa.