I dati raccolti dal ministero del Lavoro mostrano gli effetti della pandemia e il rischio di essere sfruttati: il numero di permessi di soggiorno nel 2020 è crollato, e il 60% dei lavoratori del decreto flussi sono impiegati in settori al centro di diversi scandali di sfruttamento
Il ministero del Lavoro ha pubblicato i nuovi Rapporti annuali dedicati alle comunità migranti in Italia, che raccolgono alcuni dati sulle caratteristiche e i processi di integrazione delle 16 comunità più numerose. Al 1° gennaio 2021 i cittadini non comunitari regolarmente residenti in Italia risultano poco meno di 3,4 milioni.
La comunità straniera residente più numerosa in Italia è quella marocchina seguita da quelle albanese, cinese e ucraina. In Francia, ad esempio, le comunità più grandi arrivano dall’ Algeria, Marocco e Tunisia; in Germania le principali ‘diaspore’ non comunitarie sono quella turca e siriana.
Il 61,5% dei cittadini non comunitari vive nel Nord Italia, il 24% nel Centro, il 14% nel Sud. La Lombardia è la regione più interessata dalle migrazioni, ospitando complessivamente il 26% della popolazione non comunitaria in Italia.
La popolazione extra UE in Italia è decisamente più giovane di quella italiana: i minori sono 744.302, ovvero il 22,1% della popolazione non comunitaria, a fronte del 16,2% rilevato sulla popolazione di cittadinanza italiana. La quota di minori risulta massima per le comunità marocchina (28,8%), egiziana (34,1%) e tunisina (28,5%).
Al 31 ottobre 2021, risultavano presenti sul territorio italiano e inseriti nel circuito dell’accoglienza 10.317 minori stranieri non accompagnati, un numero in aumento del 65% rispetto all’anno precedente
Secondo Fondazione Ismu più di un milione di bambini e ragazzi, nati da genitori stranieri, non ha la cittadinanza italiana, un quinto della popolazione straniera complessivamente residente in Italia.
Le acquisizioni di cittadinanza nel corso del 2020 sono state 118.513, il 4% in più rispetto all’anno precedente. Il numero di nuove cittadinanze italiane per i cittadini bangladesi è aumentato del 267,4% tra il 2019 e il 2020.
Le restrizioni alla mobilità delle persone, introdotte per contrastare il diffondersi del virus SARS-COV 2 a livello globale, hanno determinato un drastico calo degli ingressi, 106.503 nel 2020. Il calo dei permessi di soggiorno rilasciati tra il 2019 e il 2020 è pari al 40% con 70 mila ingressi in meno da paesi non comunitari. Sono 100 mila i nuovi disoccupati non comunitari nel 2020 con un calo dell’occupazione 6,2% nel passaggio d’anno.
I cittadini non comunitari sono occupati soprattutto in lavori non qualificati, con mansioni scarsamente retribuite: 24% i lavoratori non comunitari impiegati in servizi sociali e alle persone; 12,6% in agricoltura e pesca; il12,4% trasporti e servizi alle imprese; il 12% in alberghi e ristoranti.
Il decreto flussi è l’atto amministrativo approvato nel 2001 con il quale si stabilisce il numero di cittadini non comunitari che possono entrare ogni anno in Italia per motivi lavorativi. Nel 2019 e nel 2020, è stato 30.850 il numero massimo di lavoratori non comunitari a cui è stato concesso un visto di lavoro, mentre nel 2021 questo numero è salito a 69.700, di cui fanno parte 27.700 quote per un lavoro subordinato non stagionale e autonomo e altri 42.000 per lavoro subordinato stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero che spesso si traduce in lavori duri e sottopagati.
Il decreto flussi è stato spesso attaccato perché ignora il problema dei numerosi lavoratori non comunitari che faticano a ottenere un visto di lavoro. L’ultimo decreto flussi prevede che 42.000 degli oltre 69.000 lavoratori finiscano nel settore agricolo e turistico-alberghiero — entrambi noti per essere al centro di diversi episodi di sfruttamento con lavoratori perennemente sottopagati o pagati con contratti irregolari.
in copertina, foto via Facebook di Flai–Cgil Nazionale