La candidata vicepresidente alle elezioni del 29 maggio è il nuovo simbolo afrodiscendente di una Colombia che cerca più giustizia e pace sociale. Due attiviste colombiane ci spiegano perché la vittoria di Pacto Historico sarebbe un cambiamento epocale per il paese
Il 29 maggio si svolgeranno le elezioni presidenziali in Colombia. Per la prima volta nella storia, il paese potrebbe avere un presidente di sinistra: si tratta di Gustavo Petro, che con la sua neonata coalizione Pacto Historico è da ormai settimane in testa a tutti i sondaggi. Petro non è un volto nuovo per la politica colombiana, infatti negli anni Novanta è stato attivista per il gruppo insurrezionale M-19, nel 2012 è diventato sindaco di Bogotá e si è già candidato due volte alla presidenza.
foto via Facebook / Francia Márquez
È il contesto in cui avvengono queste elezioni a essere del tutto inedito e quindi favorevole per gli ultimi arrivati: nel 2021 è scoppiato il cosiddetto Estallido Social, una serie di manifestazioni in risposta alla riforma fiscale proposta dal governo di Ivan Duque, in uno scenario già aggravato da pandemia e inasprito dal conflitto tra Stato e guerriglieri. Le proteste, a cui hanno partecipato soprattutto giovani studenti, sono iniziate pacificamente per chiedere una riforma più giusta, ma nel giro di pochi giorni la situazione è precipitata, con la repressione brutale da parte delle forze dell’ordine, che ha portato a un bilancio di 80 morti e 103 persone ferite agli occhi a causa dei proiettili di gomma sparati ad altezza uomo. Così, alla richiesta iniziale, se ne sono aggiunte delle altre: prima fra tutte la ristrutturazione dell’esercito.
La repressione ha provocato un’ondata di sfiducia verso i partiti tradizionali, senza più giustificazioni per reprimere la popolazione come succedeva durante la guerra con il gruppo di lotta armata di estrema sinistra FARC — con cui è stato firmato l’accordo di pace nel 2016: i colombiani, specialmente i giovani protagonisti delle manifestazioni, hanno chiesto il cambiamento.
Tra le tante novità delle elezioni spicca Francia Márquez, la vicepresidente scelta da Petro. Il suo programma è composto da pochi punti fondamentali: la fine del conflitto con le FARC e il pieno rispetto dei trattati da parte del governo; la legalizzazione delle droghe per sottrarre il commercio ai narcos; politiche di welfare per il contrasto e la prevenzione della tossicodipendenza e la lotta alla malnutrizione. Tutti temi di estrema urgenza, visto che durante il mandato di Ivan Duque, gli accordi di pace non sono mai stati implementati interamente e ciò ha causato l’escalation della violenza nel Paese con gravi ripercussioni sui cittadini.
Márquez è un’anomalia per la società colombiana: è afrolatina, femminista, un’attivista ambientalista vincitrice del premio Goldman nel 2018 — il riconoscimento annuale che per la sua importanza viene spesso definito il “Green Nobel” — e infine è di umili origini nella nazione latinoamericana con più disuguaglianze secondo Amnesty International e altri osservatori internazionali. È diventata nota nel 2014 quando ha guidato una marcia di 640 km, fino alla capitale, per protestare contro l’estrazione mineraria illegale. Con le prime pagine di giornale sono arrivate anche le minacce: nel 2019 è sfuggita a un attentato e adesso lei e il candidato presidente Petro hanno dovuto interrompere la campagna elettorale, perché vengono quotidianamente intimiditi da gruppi di estrema destra, tramite lettere, chiamate e commenti sui social.
In Colombia è rischioso fare attivismo per via dei collegamenti tra estrema destra, esercito e politica: prima, durante il mandato di Uribe, e più recentemente con Ivan Duque, sono emersi scandali legati alle esecuzioni di civili da parte di paramilitari e casi di corruzione, perciò la vittoria del partito di Márquez potrebbe influenzare le vite di milioni di attivisti.
“Non siamo protetti dallo Stato, abbiamo bisogno di qualcuno al potere che sappia com’è vivere nei nostri panni: gli accordi di pace con le FARC non sono stati rispettati dal governo, noi colombiani dobbiamo fare un esercizio di perdono collettivo e mutua riconciliazione,” dice Adriana González, avvocata e attivista per i diritti umani che da anni vive sotto scorta. Lei e Nancy Fiallo, altra attivista al seguito della campagna di Pacto Historico, sono tra le tante donne minacciate quotidianamente per il loro impegno in politica, poiché sostengono che il voto da solo non possa cambiare la situazione, perché i problemi della Colombia sono strutturali, causati anche da anni di alleanze tra partiti liberali e di destra per emarginare l’opposizione, fin dai tempi della Guerra Fredda.
Ciò ha avuto due conseguenze: da un lato l’assenza di ricambio e varietà nella politica, dall’altro la diffidenza verso la sinistra, soprattutto a causa delle FARC. Tuttavia, Francia Márquez si è guadagnata il supporto dei colombiani, grazie a una costante presenza sul territorio. “Queste elezioni sono una speranza per le categorie finora escluse dalla politica: nelle proteste del 2021 c’erano giovani e lavoratori che non si sentivano più rappresentati. Abbiamo zone in cui è diventato impossibile vivere perché c’è troppa violenza: è lì che la politica deve farsi vedere, non solo per le cerimonie ufficiali, ma tutti i giorni. Noi viviamo senza alcun tipo di sicurezza perché lo Stato è assente o delega ai paramilitari il compito che li spetta,” spiegano le attiviste.
I comizi e le azioni politiche in quei quartieri di solito ignorati dalle figure istituzionali perché troppo pericolosi e stretti tra la morsa della povertà e quella delle bande armate, ha avvicinato Pacto Historico alla popolazione. La storia personale di Márquez rappresenta tutto ciò di cui la classe dirigente colombiana non si è occupata negli ultimi anni: “Francia Márquez è prima di tutto un simbolo. La sua candidatura e il suo successo dimostrano che un altro Paese è possibile, che anche chi parte da una posizione svantaggiata può ambire a cambiare le cose. Custodisce i sogni di una generazione,” dice l’attivista Nancy Fiallo.
foto via Facebook / Francia Márquez
Secondo la Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi, il tasso di indigenza in Colombia ha raggiunto il 37,5% della popolazione alla fine del 2020 e la pandemia ha peggiorato le condizioni di giovani e donne, tra disoccupazione e violenza. Màrquez viene da Cauca, uno dei dipartimenti più poveri e da sempre si batte per i diritti delle donne in una società ancora molto ostile al loro ingresso in politica, soprattutto se razzializzate: se vincesse, sarebbe la prima vicepresidente afrolatina nella storia, nonostante in Colombia ci siano circa 200 milioni di persone afrodiscendenti, di cui il 51% sono donne.
Non è solo una questione di rappresentanza: nell’Estallido hanno partecipato vari settori della società civile, molti di questi privi di una chiara connotazione politica, ma tutti favorevoli alla riforma dell’esercito che ha represso le proteste nel sangue, commettendo numerosi crimini. Duque ha fatto delle concessioni, ritenute insufficienti, mostrando una distanza sempre più profonda tra classe politica e popolazione. “È necessario tornare ad avere un dialogo reale tra governo e cittadini,” riassume Adriana González.
Ci sono mesi che sembrano anni, e tra la primavera e l’inverno del 2021 in Colombia si è scatenata un’ondata di manifestazioni senza precedenti, che in definitiva hanno permesso alle nuove forze politiche di emergere, e hanno reso possibile una candidatura fino a pochi anni fa impensabile.
in copertina, foto via Facebook / Francia Márquez