in copertina e all’interno, foto: Hip-Hop 360 / Philharmonie de Paris
A Parigi una mostra per capire la musica più ascoltata di Francia, una retrospettiva immersiva con suoni, immagini, testi dedicata all’“arte della strada” dagli anni ’80 ad oggi
Fino a luglio la Filarmonica di Parigi — un auditorium e centro culturale nel cuore del Parc de la Villette, nel nord-est della città — presenta una mostra interattiva e didattica che racconta la storia dell’hip-hop francese, dalle sue origini a oggi.
Da ormai quasi sette anni la Philarmonie de Paris — Cité de la Musique è il fulcro parigino delle mostre più interessanti (e più grandi) che esplorano la musica moderna e contemporanea. Non solo esposizioni monografiche su grandi nomi del panorama internazionale, ma anche ricercate indagini che esplorano movimenti creativi territoriali dal punto di vista del loro impatto sociale, politico e culturale.
Memorabile è ancora oggi la mostra sui sound system giamaicani del 2017 (intitolata Jamaica! Jamaica! Da Marley ai Deejay), l’omaggio a David Bowie, che sarebbe morto pochi mesi dopo, così come i lavori su Django Reinhardt, sul punk europeo e sull’elettronica, dai Kraftwerk ai Daft Punk.
La volontà è per i visitatori di “poter ascoltare, vedere, imparare, scoprire e praticare la musica in tutte le sue forme, senza frontiere, senza bagagli, senza spendere troppo, senza limiti e senza esitazioni.” Gli edifici disegnati da Jean Nouvel e Christian de Portzamparc nascondono tra gli altri un museo della musica con una vasta collezione permanente di strumenti musicali e una sala concerti che può accogliere fino a 3.500 persone, e non solo per spettacoli di musica classica. Può sorprendere vedere nello stesso giorno (nel nostro caso abbiamo scelto il 19 marzo 2022) un concerto di cori d’organo dal catalogo di Iannis Xenakis e la proiezione di Glassbox 360, una visione intimista e inedita sul movimento dei graffiti e della street-art.
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L’ultima esposizione temporanea in ordine di tempo della Philarmonie nasce dalla volontà di François Gautret di mostrare l’inventiva di una cultura sempre all’ascolto di nuove forme e nuovi metodi di diffusione e nello specifico quello che l’hip-hop, con le sue cinque discipline, ha significato in Francia dagli anni ’80 ad oggi.
Lo stile e le influenze di Afrika Bambaata e Kool Herc viaggiano da New York fino a Aubervilliers, Marsiglia, Tolone. Non solo le banlieue ma tutto il paese viene inondato dal nuovo stile americano, grazie anche alla tournée New York City Rap Tour del novembre dell’82 che porta per la prima volta in Europa rapper, breakdancers, graffiti-artist e dj dalla grande mela.
La mostra è stata disegnata per immergere il visitatore in suoni, racconti, musiche e immagini che raccontano lo sviluppo della cultura hip-hop negli ultimi 30 anni.
Si parte da una selezione di dischi dalla collezione personale di Dee Nasty, il Grand Master della Zulu Nation in Francia, per passare a giocare con i comandi di una radio pirata ed ascoltare trasmissioni andate in onda nell’etere tra il 1980 e il 2019, come questo freestyle di Damso, Niska, Kalash e Booba su OKLM Radio, e finire poi nei panni di un ingegnere del suono scomponendo tre brani culto degli ultimi anni e facendo emergere prima le voci, poi le melodie e infine i bassi.
Importante da ricordare è anche come le trasmissioni radiofoniche francesi siano obbligate per legge, dal 1994, a passare almeno il 40% di musica di autori nazionali e il 20% di nuove uscite. Come ricorda Fred Musa, storico animatore della trasmissione Planète Rap su Skyrock: “All’epoca della Loi Toubon (abbiamo) scommesso e compreso che il rap era la scena più promettente del momento, con artisti del calibro di Lunatic, Secteur Ä o Mafia K’ 1 Fry.” Vent’anni dopo è il genere musicale più ascoltato in Francia: nel 2021 più della metà dei 200 album più venduti rientrano nel genere rap e musiques urbaines, e 18 album della Top 20 sono di artisti nazionali secondo i dati raccolti dalla SNEP. Tra i 20 artisti più venduti dell’anno, 16 sono francesi, tra cui i coloro che ne occupano i primi tre posti (ovvero Jul, Ninho e Orelsan, tutti e tre identificabili come rapper).
Tra gli aspetti più interessanti della mostra, una bella scenografia coinvolge lo spettatore in un immaginario urbano fatto di stazioni della metro, lamiere e graffiti, impianti sonori e immersivi danno la possibilità di connettere delle cuffie ed allargare la visita ad un ambiente sempre più immersivo, e uno spazio centrale circolare con uno schermo a 360° propone estratti di battle, jam e concerti esclusivi.
Rimane tuttavia un po’ l’amaro in bocca per quanto il percorso non sia cronologico e mischi periodi storici, paesi, e le cinque discipline dell’hip-hop (a cui si aggiunge lo streetwear e la fotografia) in un ambiente aperto ma proprio per questo molto dispersivo. Sembra che la voglia fosse più quella di creare un ambiente ludico piuttosto che didattico, con luci soffuse molto scure che impediscono di passare molto tempo nella lettura delle didascalie.
Il consiglio rimane comunque quello di non perdersela se di passaggio per la capitale francese, la mostra rimane aperta fino al 24 Luglio 2022 (e per i più curiosi: le prossime mostre tra il 2022 e il 2023 saranno una monografia su Fela Kuti e un’esibizione sul rapporto tra la musica e Jean-Michel Basquiat intitolata Basquiat Soundtrack).
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Su Deezer puoi trovare varie playlist create ad hoc a partire dai brani e dagli oggetti presenti in mostra, ma anche una raccolta 100% al femminile in Rappeuses, ovvero Cosa sarebbe l’hip-hop francese senza le sue artiste donne? e le nuove promesse del rap francese in Nouvelles Vagues.