in copertina, tubi del Nord Stream 2. Elaborazione foto CC BY 4.0 Gerd Fahrenhorst
Superato lo shock dello scoppio della guerra in Ucraina, si inizia a pensare a soluzioni concrete per fare a meno dei combustibili fossili russi: ma forse bisognava pensarci prima
Joe Biden è arrivato in Europa per una visita di quattro giorni, che si aprirà oggi con una tripletta di summit senza precedenti storici: nello stesso giorno si coordineranno Nato, Consiglio europeo e G7. Sarà una giornata complessa: Biden può vantare di aver saputo tenere l’alleanza atlantica unita in questo primo mese di guerra, ma sulle decisioni più difficili che si dovranno prendere in questi giorni le spaccature sono profonde, in particolare per quanto riguarda l’energia. Ieri Olaf Scholz ha cercato di anticipare i temi in discussione, dicendo al Bundestag che la Germania è contraria alla no–fly zone e a un intervento Nato in Ucraina, e che il boicottaggio di gas e petrolio russo farebbe più male all’Europa che alla Russia.
Ieri Putin ha annunciato che gli “stati non amichevoli” dovranno pagare gas e petrolio russo in rubli, costringendo di fatto i paesi europei che comprano energia dalla Russia a sostenerne la moneta. In realtà, per la valuta russa il peggio sembra già essere alle spalle: il rublo è crollato immediatamente dopo l’ingresso in guerra, e poi è sceso ulteriormente sotto il peso delle sanzioni, ma da questa seconda svalutazione si è ripreso piuttosto rapidamente, già la settimana scorsa. La mossa, però, ha un effetto secondario ancora più importante: dovendo cambiare euro e dollari in rubli, le autorità europee torneranno a garantire un flusso di valute estere — più stabili — nelle banche russe, almeno quelle non sanzionate. Proprio nei primi giorni delle sanzioni Stati Uniti e Unione europea avevano cercato di bloccare l’accesso delle autorità russe alle valute estere. Il ministro dell’Economia tedesco Habeck ha accusato Putin di non rispettare i contratti: infatti, per smettere di accettare pagamenti in euro e in dollari, Gazprom dovrà necessariamente rivedere i propri contratti, che attualmente prevedono pagamenti in dollari.
A inizio mese la Commissione europea ha pubblicato i punti principali del piano per arrivare all’indipendenza dall’energia russa entro il 2030. Vengono indicati progetti per aumentare l’energia proveniente da fonti rinnovabili, e promessi interventi con “azioni urgenti sui prezzi.” In Italia ci vorranno almeno tre anni per sostituire il gas russo: l’ha detto il ministro Cingolani nella propria informativa urgente alla Camera. Cingolani ha annunciato anche l’arrivo di due nuove navi per la rigassificazione, in grado di trasformare il GNL — gas naturale liquefatto — in metano gassoso da immettere nella rete di distribuzione. Per l’espansione della Tap, invece, ci vorrà molto più tempo, fino a 9 anni per raddoppiarne la portata.