difesa-esteri-ucraina-russia

foto: Unione europea

Per il momento non ci saranno altre sanzioni alla Russia nel settore energetico dove potrebbero fare più male. Di fatto l’Ue continua a finanziare indirettamente la guerra di Putin, un dilemma sintetizzato dalla ministra tedesca Baerbock: “Non possiamo smettere di importare petrolio da un giorno all’altro

Ieri i ministri della Difesa e degli Esteri europei si sono incontrati a Bruxelles per capire fino a che punto l’Unione europea è disposta ad arrivare nelle proprie sanzioni contro la Russia. La questione centrale è se includere le fonti di energia — gas, petrolio, carbone — nelle sanzioni, nonostante la forte dipendenza dell’Europa dall’import russo. Non è stato un incontro facile, e infatti i ministri non hanno raggiunto un accordo

La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha spiegato che, se potesse, la Germania sospenderebbe subito l’import di petrolio dalla Russia, ma che “ne importa molto,” come anche altri paesi europei che quindi “non possono smettere di importare petrolio da un giorno all’altro.” Il report della ong Transport&Environment mostra che l’Ue importa il 97% del petrolio consumato — di cui il 25,7% arriva dalla Russia. Lo stato dell’Unione che importa di più dalla Russia è proprio la Germania, mentre l’Italia si posiziona ottava. Secondo i dati della Iea, il nostro paese importa dalla Russia il 13% del proprio petrolio.

L’Unione europea è ferma al 15 marzo, data di approvazione del quarto pacchetto di sanzioni, deciso da Bruxelles insieme agli Usa. Tra le misure annunciate risalta il divieto di concludere transazioni con le imprese statali russe del sistema militare-industriale russo, il divieto di export di beni di lusso al fine di colpire “direttamente le élite russe” e il divieto di importare alcuni prodotti russi.

I ministri Ue hanno annunciato di essere arrivati però all’accordo su altri 500 milioni di euro in armi ed equipaggiamento militare per l’Ucraina, una proposta che però era già stata avanzata durante la riunione informale di Versailles dello scorso 11 marzo. Ai margini dell’incontro Josep Borrell è intervenuto confermando il piano per sviluppare la capacità di dispiegare rapidamente fino a 5.000 soldati a livello europeo, rifiutando però categoricamente l’idea che si tratti di un passo avanti verso la formazione di un “esercito europeo.”

Anche senza sanzioni, i carburanti e l’energia in queste settimane hanno visto un aumento vertiginoso del prezzo. La soglia dei 2 euro a litro in Italia è stata ormai da tempo superata, ma la guerra in Ucraina non basta a spiegare questa crescita. Il prezzo del petrolio e del gas era in crescita da prima dell’inizio della guerra, a causa della grande domanda delle aziende che, grazie ai sostegni statali, volevano uscire dalla crisi della pandemia. 

Intanto, il governo Draghi ha ridotto il prezzo di benzina e diesel  per un periodo che va dal 22 marzo fino al 20 aprile: alle stazioni costeranno 25 centesimi in meno. Il taglio delle accise, le imposte sui prodotti di largo consumo che si applicano anche al carburante, è un provvedimento voluto dal governo per mitigare gli effetti della guerra sul mercato energetico.

Le aziende europee che non hanno lasciato la Russia

“Nessuna azienda francese ha lasciato la Russia,” ha affermato Pavel Chinsky, direttore generale della Camera di Commercio Francia-Russia alla televisione economica BFM France. I dipendenti di Leroy Merlin Ucraina hanno chiesto al marchio francese, così come agli altri marchi dell’associazione della famiglia Mulliez (AFM) presentiin Russia (Auchan e Decathlon), di cessare le loro attività mentre domenica un negozio Leroy Merlin è stato bombardato sera a Kyiv. 

I gruppi bancari Unicredit e Intesa San Paolo hanno deciso di non decidere per il momento; altri gruppi come Deutsche Bank Goldman Sachs, JPMorgan Chase e HSBC, hanno invece sospeso le loro attività in Russia.

Fast food wars

Due settimane fa, McDonald’s chiudeva i suoi 850 punti vendita in Russia. Secondo l’agenzia di stampa ucraina Nexta il marchio sarebbe ora registrato come “Zio Vanya.” I suoi competitor non hanno seguito l’azienda americana: Burger King, che in Russia è gestita da un’azienda locale che controlla 800 ristoranti che non vuole chiudere. La stessa cosa vale per Subway, che è sul territorio russo solo in franchising.

Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis