La Lupa e gli altri: che cosa vuole il movimento studentesco

Ragazz* dei collettivi di quattro città italiane — Napoli, Roma, Firenze e Milano — ci raccontano come le problematiche della scuola siano molto simili in tutta Italia, e di come servano riforme strutturali. Questa mobilitazione durerà? La “nuova onda” verrà ascoltata?

La Lupa e gli altri: che cosa vuole il movimento studentesco

in copertina, foto concessione Collettivo SKA Galileo

Ragazz* dei collettivi di quattro città italiane — Napoli, Roma, Firenze e Milano — ci raccontano come le problematiche della scuola siano molto simili in tutta Italia, e di come servano riforme strutturali. Questa mobilitazione durerà? La “nuova onda” verrà ascoltata?

Il 20 febbraio a Roma, seicento studenti e studentesse da tutta Italia hanno partecipato agli “Stati generali della scuola,” l’assemblea che ha chiuso la mobilitazione e la protesta nazionale di venerdì 18 febbraio. In tutta Italia continuano a moltiplicarsi assemblee, occupazioni, cortei e manifestazioni.

Mesi dopo la prima mobilitazione autunnale, le proteste, iniziate nelle scuole di Firenze e Roma, si sono trasformate in mobilitazione generale che chiede essenzialmente tre riforme: quella del Pcto, l’ex alternanza scuola-lavoro, più fondi per il benessere psicologico, e investimenti infrastrutturali. Ma le proteste dei nati tra il 2004 e il 2008 – ormai oltre la gen Z – sono l’espressione di un malcontento più profondo. La crisi climatica e la pandemia hanno segnato irrimediabilmente l’immaginario dei giovanissimi. Le tragedie di Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, morti a 18 e 16 anni durante due tirocini curriculari, invece, ne hanno aumentato la consapevolezza rispetto a un sistema scolastico inadeguato. The Submarine ha intervistato studenti e studentesse di quattro città italiane – Napoli, Roma, Firenze e Milano – per capire cosa chiede la generazione degli “Inascoltati,” come è stata ribattezzata dall’Espresso nel numero di domenica 20 febbraio. Incertezza, vuoto, precarietà sono le parole che più sono state utilizzate per descrivere il loro rapporto con il futuro.

foto: Edoardo Vezzi

Matilde frequenta la terza superiore del liceo scientifico Pacinotti-Archimede di Roma e fa parte del collettivo ‘La Lupa,’ che riunisce differenti gruppi di studenti romani. Ha appena finito una chiamata con l’Ufficio scolastico regionale del Lazio: “Ci rispondono che non hanno abbastanza competenze. Abbiamo parlato di edilizia e spazi: viene messo in atto un piano di ristrutturazione per il centro, le scuole in periferia sono state lasciate ai margini, in termini di edilizia e di trasporti. Ragione per la quale ci sono sempre più iscrizioni nelle scuole del centro.” Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha stanziato 12,1 miliardi di euro per l’edilizia scolastica, dalla costruzione di nuove scuole fino alle mense e alle strutture per lo sport. È ancora troppo presto per verificare che gli obiettivi – ampi e diffusi – dichiarati dal progetto “Futura” del Pnrr colmeranno le disparità e le carenze strutturali dell’edilizia scolastica, spesso ferma agli anni Settanta. Per il momento, come si legge sul sito dedicato al Pnrr Istruzione, sono stati realizzati 19.015 interventi strutturali – 2180 riguardano la messa in sicurezza degli edifici –  su 30.040 autorizzati,  ma solo l’1% della somma stanziata è stata effettivamente erogata.

Le carenze dell’edilizia sono peggiorate con la pandemia, soprattutto nelle scuole nel centro di città come Firenze, dove vive Sara, che frequenta la quarta del liceo classico Galileo e fa parte del collettivo SKA. “Dopo due anni di Dad si sono viste tutte le conseguenze dei tagli all’istruzione, che prima non si notavano. La nostra scuola è piccola ed è stata riempita fino allo sfinimento. Siamo stati costretti a fare la didattica a turni. Adesso siamo tutti in presenza e utilizziamo una delle due palestre, la biblioteca, l’aula magna come classi. Al liceo scientifico Castelnuovo, invece, l’ultimo giorno di occupazione si è staccata una parte di soffitto a causa di infiltrazioni d’acqua.” I tagli all’istruzione sono iniziati con la riforma Gelmini, con regia di Giulio Tremonti, che ha sottratto 8,5 miliardi di fondi e 100 mila cattedre tra il 2008 e il 2012. Nel 2017, l’Italia era quartultima in Ue per investimenti nell’Istruzione in rapporto al Pil.

A Firenze le mobilitazioni studentesche sono iniziate con lo sciopero dell’11 ottobre 2021, manifestazione che ha visto scendere insieme in piazza studenti e professori. “Abbiamo deciso di creare un’assemblea di tutti gli studenti. Non c’eravamo solo noi ma anche i ragazzi del Fronte della Gioventù Comunista (Fgc) e della Rete studenti medi (Rete studenti medi). La nostra lotta continua, anche se su alcune cose non siamo mai stati d’accordo.”

Le rivendicazioni degli studenti fiorentini si sono saldate con il mondo del lavoro: “Il 20 novembre siamo scesi in piazza con la Gkn, nel centro di Firenze, abbiamo deciso di fare un corteo unico e puntato sull’unità.” Il mondo del lavoro è di fatto un motivo di preoccupazione per i giovanissimi, vissuto non più come un’opportunità ma come fonte di stress: “Nel futuro mi immagino incerta e senza un lavoro. Le generazioni passate sapevano che lo avrebbero trovato. Noi abbiamo il vuoto davanti,” ha risposto Matilde. Anche Sara, da Firenze, non vede alternativa per il futuro: “Uno dei nostri slogan era ‘Insorgiamo per il futuro’ perché non abbiamo certezze. Finisco il liceo e faccio l’università: e poi? Faccio il cameriere e vengo pagato in nero, oppure vado a lavorare a Pitti Uomo e vengo sfruttato ugualmente. Non ci sono prospettive, siamo cresciuti così.”

foto: concessione Coordinamento Studenti Flegrei

Il coordinamento Studenti Flegrei di Napoli, vorrebbe invece realizzare “un discorso più ampio, che coinvolga lavoratori e disoccupati e unisca le rivendicazioni.” Matteo, che frequenta la quarta superiore del liceo Labriola, conferma l’opposizione al Pcto espressa da tutti gli altri collettivi: “Non posso parlare per tutti gli studenti e le studentesse, ma la mia esperienza si basa sulla formazione del patentino digitale. Sono risultate abbastanza futili e potevano essere organizzate in modo diverso perché io non ho scelto nulla. L’alternanza scuola-lavoro divenuta obbligatoria con la legge 107/2015 del governo Renzi, dal 2019 è stata convertita in “Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO).”. Il Pcto prevede 210 ore per gli Istituti professionali, al posto delle precedenti 400, 150 per gli Istituti tecnici e di 90 per i licei.

A Firenze le ondate di occupazioni hanno coinvolto i licei Calamandrei, Pascoli, Rodolico, Capponi, Michelangelo, Alberti, Peano, Gramsci e Galileo. Sono stati i licei di tutta Italia a esprimere indignazione per la morte di Lorenzo Parelli, morto il 21 gennaio nel suo ultimo giorno di apprendistato previsto dal Centro di formazione professionale (Cfp), e di Giuseppe Lenoci, morto in un incidente stradale durante uno stage. Anche Lenoci frequentava un Cfp, il Centro di Formazione Professionale Artigianelli di Fermo. La maggior parte delle occupazioni è stata fatta nei licei; gli istituti tecnici o professionali non sembrano essere stati protagonisti della stagione delle proteste, anche se l’alternanza scuola-lavoro li riguarda direttamente. “Ci sono tanti istituti tecnici o scuole in periferia dove i collettivi non ci sono mai stati. Quindi non si sa come si può fare o non sanno che si può fare,” spiegano Martina e Alessandro, del Collettivo Ombre Rosse del liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Milano.

Il collettivo è vicino al sindacato studentesco Unione degli studenti (Uds), e ha lavorato insieme al del liceo Parini per far girare via WhatAapp l’indagine sulla salute mentale e psicologica: “Hanno risposto in 500, circa la metà degli iscritti. Gli studenti sentono distanti i professori, manca una sorta di preparazione per gestire la tutela psicologica degli studenti. Una ragazza nel questionario ha usato la metafora dei ‘vasi da riempire’ per parlare del rapporto con i professori. Bisognerebbe secondo noi che i prof facessero una formazione pedagogica su come approcciarsi umanamente agli studenti.” Uno dei risultati del questionario dice che “Il 60% degli studenti sente di non poter contare sull’aiuto dei docenti nei momenti di difficoltà.” A indagine conclusa, i membri del collettivo hanno appeso i risultati nei corridoi e nelle bacheche della scuola: “Sono stati staccati dai professori. Non capiamo perché, solo perché chiediamo più ascolto?”

foto: cortesia Collettivo Carducci

A Milano, tanti collettivi hanno posto la questione della salute mentale in testa alle loro rivendicazioni. La tutela della salute mentale è un punto fondamentale della mobilitazione nazionale, sentito anche in altre città: “Vorrei andare a scuola essendo tranquilla, senza ansia. Ho dovuto fare interrogazioni a occhi chiusi perché si aveva paura che si copiasse. Sono situazioni pesanti, che ti mettono pressione,” racconta Arianna da Firenze. Il crollo psicologico è vissuto allo stesso modo anche dagli studenti universitari, come dimostra l’aumento del 75% delle richieste di aiuto psicologico all’Università Statale di Milano.

Al momento non esiste un piano di riforma complessiva per contrastare l’impoverimento dell’offerta umana e formativa della scuola italiana, se escludiamo gli interventi puntuali stabiliti con i fondi del Pnrr. Dopo le rivendicazioni formalizzate dagli Stati Generali della Scuola, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha dichiarato di essere “pronto a ragionare sulla riforma della scuola,” lasciando tuttavia prevedere che il Pcto non sarà messo in discussione. “La sicurezza certamente deve essere di più ma bisogna distinguere tra formazione e orientamento: le due tragedie avvenute riguardano la formazione professionale, l’orientamento che viene fatto dalle scuole è invece un pezzo di scuola. Apriamo insieme il cantiere della scuola, ragioniamo insieme,” ha affermato il ministro in un’intervista a Sky TG24 lunedì 20 febbraio.

Un consiglio su come ragionare su un nuovo patto per la scuola arriva da Roma, con le parole di Matilde: “Me la immagino come un luogo non solo di approfondimento e studio. Dovrebbe essere un luogo di socialità e relazione, dove poter stare anche il pomeriggio e studiare, partecipare a dibattiti e assemblee, dove si affrontano temi come politica o educazione sessuale. Un cineforum dentro la scuola, lezioni di sport. Adesso, invece, rischia di diventare un luogo solo dedito alla competizione, all’essere valutati e a morire sul posto di lavoro facendo l’alternanza.”

*** Tutti i nomi sono di fantasia

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