I rifiuti italiani che erano finiti in Tunisia tornano in Italia

Da domani Il porto di Salerno dovrebbe riprendere la consegna del carico di 12 mila tonnellate, esportato illegalmente in Tunisia da un’azienda campana. Ma l’odissea dei rifiuti non è ancora finita

I rifiuti italiani che erano finiti in Tunisia tornano in Italia

in copertina e all’interno, grab dal servizio del 2 novembre di Les 4 Verites

Da domani il porto di Salerno dovrebbe riprendere la consegna del carico di circa 8 mila tonnellate, esportato illegalmente in Tunisia da un’azienda campana. Ma l’odissea dei rifiuti non è ancora finita

Il governo tunisino ha ordinato il rinvio in Italia di 7,893 mila tonnellate di rifiuti illegali esportate la scorsa primavera dall’Italia in Tunisia dalla società italiana SRA srl in Tunisia, con un accordo concluso con l’azienda “Soreplast”, di Sousse. Il rimpatrio dovrebbe essere effettuato a partire dal 19 febbraio dalla nave ARKAS, come previsto da un accordo di cooperazione internazionale firmato dai due governi lo scorso 11 febbraio. Ad oggi, l’accordo prevedrebbe il rinvio di 213 dei 282 container, bloccati da quasi due anni nel porto di Sousse.

L’accordo tra l’azienda italiana e tunisina sui rifiuti aveva violato con quello che le autorità ipotizzano sia stata una dichiarazione falsa di una “azienda dormiente” le norme europee ed internazionali sull’esportazione di rifiuti non riciclabili, sia in merito alla tipologia di rifiuti — erano rifiuti misti e non riciclabili — sia nel non aver rispettato le procedure previste dalla Convenzione di Basilea in merito alla procedura di di analisi e trasporto dei rifiuti stessi. Dopo lo scandalo sono state indagate e perseguite 26 persone, per il loro presunto coinvolgimento nell’importazione illegale dei rifiuti, compresi i funzionari doganali e l’ex ministro dell’ambiente Mustapha Laroui. Di questi, 8 sono in carcere e uno è latitante: Mohamed Moncef Noureddin, il direttore della società importatrice, che aveva firmato un contratto con la SRA srl per smaltire i rifiutial prezzo di 48 euro a tonnellata — per un totale di oltre 5 milioni di euro.

Lo scandalo non ha fermato altri tentativi di esportare rifiuti illegalmente da parte di aziende campane. Infatti, secondo diversi media tunisini, le autorità campane hanno bloccato all’inizio del 2021 l’esportazione in Tunisia di altri 600 container di rifiuti destinati all’incenerimento in un cementificio, a causa di sospetti sulla loro conformità.

Nonostante questa diatriba internazionale sia passata in sordina, la diplomazia dei due Paesi si è mossa ininterrottamente in questi due anni per trovare una soluzione senza ricorrere alla Corte Internazionale di Giustizia, opzione emersa dopo la sentenza del TAR di Salerno, che aveva stabilito che il ricorso di SRA srl, che non voleva procedere al rimpatrio senza essere risarcita da uno dei due stati, fosse inammissibile. Anzi, oltre alla questione dei flussi migratori, i 282 container di rifiuti sono sempre stati sul tavolo ad ogni incontro istituzionale tra Tunisi e Roma.

In particolare, sembrerebbe essere stato fondamentale l’ultimo viaggio del ministro degli Esteri di Maio a Tunisi, avvenuto il 28 dicembre 2021. Pare che proprio a quel tavolo si siano delineate le linee generali dell’accordo di rimpatrio, ma soprattutto, sembrerebbe che quell’accordo — che non era ancora stato ufficialmente annunciato da nessuna delle due parti — sia arrivato all’orecchio di chi non voleva il rimpatrio dei rifiuti: il 29 dicembre — un giorno dopo la visita del ministro — un incendio ha coinvolto 70 dei 282 container fermi al porto di Sousse, motivo per il quale il rimpatrio interessa solo 213 container.

Al momento, il tribunale della città tunisina sta indagando sul collegamento tra l’incendio — probabilmente doloso — e le indagini già in corso per il traffico di rifiuti, anche perché, nonostante la sentenza del Tribunale di Napoli — confermata anche dal Consiglio di Stato italiano — obbligasse la società campana a rimpatriare i rifiuti, la SRA srl si è sempre rifiutata di riportare i container in Italia. Non solo, anche in Campania si sta indagando sul caso e sul possibile coinvolgimento della criminalità organizzata.

I mesi di gennaio e febbraio sono stati caratterizzati da diversi episodi che avrebbero portato alla soluzione annunciata il 14 febbraio dal governo tunisino. Nel  discorso tenuto alle Nazioni Unite alla fine del mandato tunisino come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza, il Ministro degli Esteri Othman Jerandi aveva annunciato il trasferimento dei rifiuti nella provincia salernitana nel giro di pochi giorni – rimpatrio che non è evidentemente avvenuto.

Sembrerebbe, quindi, che l’annuncio del Ministro dell’Ambiente tunisino metta un punto finale alla questione. In realtà, non è così. Come ci ha raccontato Majdi Karbai, deputato del parlamento tunisino eletto in Italia nella circoscrizione esteri con il partito di sinistra Attayar, ad oggi l’unico documento ufficiale che attesta il rimpatrio dei rifiuti è una nota del Consiglio Regionale campano con la quale l’assessore all’ambiente ha indicato l’area dove verranno riportati i rifiuti e la società responsabile, l’ex STIR di Battipaglia. “Questa decisione sembrerebbe essere il risultato di un incontro avvenuto tra l’ambasciatore tunisino e il presidente De Luca lo scorso gennaio, ma oltre a questa nota, non mi risulta nessun documento firmato dai due Governi in merito al rimpatrio dei rifiuti,” continua l’onorevole. “Il 19 febbraio è alle porte, e la nave ARKAS non ha caricato ancora nessun container.”.

Alla poca chiarezza da Tunisi, si aggiunge la rivolta dei sindaci della Piana del Sele, che accusano l’amministrazione regionale  di non aver interpellato le istituzioni locali, in particolare in merito alla disponibilità delle piattaforme ecologiche nell’accogliere i camion di rifiuti.

“Apprendiamo dalla stampa di nuovi e intricati giri di tonnellate di rifiuti che, partiti dalla nostra regione verso la Tunisia, ora ritornano verso la Campania ai fini della ‘caratterizzazione’ che qualcuno, a livello regionale, con l’ennesimo colpo di genio ha pensato di fare effettuare nell’ex STIR di Battipaglia. Ancora una volta il sistema decisionale sulla partita dei rifiuti, dimostrando tutta la sua arroganza e lo spregio verso i territori, tiene accuratamente fuori i Comuni, costretti solo a subire le follie e le approssimazioni gestionali in questa materia”. Queste sono le durissime parole di Cecilia Francese, sindaca di Battipaglia che ha annunciato di non voler far entrare i camion con i rifiuti nel comune cilentano.

L’impianto della ex STIR è infatti uno di quelli con il più alto impatto ambientale della zona, i cui lavori di bonifica sono stati annunciati nel febbraio del 2021. Ed è a causa delle condizioni che i residenti dell’area, insieme all’amministrazione municipale, sono insorti contro l’arrivo dei container. Proteste che hanno funzionato: l’amministrazione regionale ha inviato, mercoledì 16 febbraio, una nota al Municipio di Battipaglia, comunicando la decisione di inviare tutti i rifiuti nel sito di Persano. Anche se, ancora tutto non è certo.

I primi container sono stati caricati venerdì 18 febbraio sull’ARKAS, diretta al porto di Salerno, come ci conferma l’on. Karbai. I container stanno, quindi, abbandonando un porto — quello di Sousse — per restare quindi a tempo indefinito in un altro porto, quello di Salerno. Una vicenda che non si chiuderà in tempi brevi.

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