Uno studio del ministero del Lavoro certifica che l’11,8% dei lavoratori vive in condizioni di povertà, e che le soluzioni della politica finora sono servite a poco. E non solo: la classificazione europea di in–work poor esclude paradossalmente i lavoratori più poveri
Secondo una relazione presentata dal ministero del Lavoro, l’11,8% dei lavoratori italiani si trova in condizioni di povertà, tre punti percentuali più della media europea. Il 25% percepisce una retribuzione inferiore al 60% della mediana dei redditi, rientrando nella categoria dei low-pay worker. In alcuni settori, come quello degli alberghi e della ristorazione, il rischio di basse retribuzioni annuali sfiora il 65%.
La relazione del Gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia rileva una situazione difficilissima, con tantissime persone che vivono in condizione di povertà — nonostante lavorino — e con le misure applicate da questo governo e dai precedenti sostanzialmente inefficaci nel sostenere il reddito di chi ne ha più bisogno.
Non solo: la categoria degli in–work poor, definita dall’Unione europea come chi lavora almeno 7 mesi all’anno e ha un reddito familiare sotto la soglia di povertà, è estremamente limitativo, e nasconde come il problema dello sfruttamento dei lavoratori sia ancora più grave di così.
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