in copertina: San Salvatore (PC), fiume Trebbia, estate 2020. I primi bagni nel fiume dopo il primo lockdown.
Foto: Marta Clinco
Il benessere psicologico e la salute mentale sono un’emergenza. Il sistema sanitario italiano non è in grado di accogliere le tantissime richieste di supporto e aiuto che arrivano dai giovanissimi. “Siamo estremamente carenti,” sottolinea Davide Baventore, vicepresidente dell’Ordine degli psicologi lombardo. Raccontiamo la storia di Roberta, una studentessa che ha provato a chiedere aiuto tra mille difficoltà
Gli ultimi due anni sono stati un susseguirsi di difficoltà per Roberta*, 24 anni. Nel marzo del 2020 Roberta era tra le migliaia di universitari che hanno lasciato Milano per tornare dai propri genitori: era il primo lockdown e la sua vita sarebbe cambiata completamente in pochissimo tempo. “Il mio disordine alimentare è peggiorato esponenzialmente. Ho avuto sbalzi di peso incredibili. Avevo perso molti chili durante il primo lockdown, perché il malessere psicologico ha portato malessere fisico. Dopo l’estate 2020 è ricominciato tutto e la valvola di sfogo è stata il cibo. E adesso sembra che siamo di nuovo punto e a capo,” racconta Roberta.
La petizione su Change.org che chiede di inserire “nel primo provvedimento utile” un bonus psicologo da 50 milioni di euro ha ormai superato le 200 mila firme. Discutere del diritto alla salute mentale è uno degli argomenti principali su Instagram e i social media, un dato osservabile confortato da un dato statistico: secondo un’indagine promossa dall’Ordine nazionale degli Psicologi in collaborazione con l’Istituto Piepoli, 8 italiani su 10 chiedono lo psicologo a scuola, 2 su 3 in aiuto al medico di famiglia, 9 ragazzi su 10 a scuola. “È come se ci fosse uno scollamento tra i desideri delle persone e le decisioni politiche”, commenta Davide Baventore, vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia.
Il cosiddetto bonus è stato stralciato all’ultimo momento dalla legge di bilancio, nonostante fosse stato inserito da un emendamento bipartisan. Dopo la mancata proroga sono state tante le voci – soprattutto di giovani e giovanissimi – che hanno richiesto l’intervento dello Stato su un’emergenza che non è più possibile ignorare. Un rapporto Unicef, pubblicato a ottobre 2021, stima che complessivamente siano 9 milioni gli adolescenti in Europa tra i 10 e i 19 anni che convivono con un disturbo legato alla salute mentale, il 19% delle persone in quella fascia di età. In Italia si stima che, nel 2019, il 16,6% dei ragazzi e delle ragazze fra i 10 e i 19 anni soffrisse di problemi legati alla salute mentale, quasi un milione di adolescenti.
Uno dei pochi fronti su cui il governo si è concentrato sono i disturbi alimentari. La Commissione Bilancio del Senato ha votato per farli rientrare nei Livelli Essenziali di Assistenza, e non più tra i problemi di salute mentale, permettendo di stanziare 15 milioni per il 2022 e 10 milioni per il 2023. Questo significa che per questi casi ci sarà un budget autonomo — appunto, non particolarmente ricco, comunque — separato dalle altre patologie e che dovrebbe garantire accesso a servizi gratuiti o col pagamento di un solo ticket. La misura è una vittoria per chi ha combattuto questa battaglia, tra cui Stefano Tavilla, presidente dell’associazione Mi Nutro Di Vita, e gli attivisti che lo scorso ottobre avevano manifestato a Roma per chiedere un potenziamento dei servizi di cura. Ma lascia fuori tutti gli altri disturbi — e chi ne soffre.
“Ho l’impressione che non stiamo riuscendo – e lo dice anche l’Ordine degli psicologi alle istituzioni – a trovare soluzioni di sistema a questo disagio,” commenta Baventore. “Pensiamo al bonus psicologo: qualora fosse stato approvato sarebbe stata una misura annuale e saltuaria, che non avrebbe risolto una carenza sistemica di forza lavoro. In Italia abbiamo il 50% in meno degli psicologi sia per gli adulti e sia per gli adolescenti. Per la psicologia infantile ed evolutiva, la media europea è di 6,3 psicologi ogni 100 mila abitanti: la media italiana è 2,9. Per gli adulti la media europea è 10.7, per l’Italia è 5,3. Siamo estremamente carenti.”
Il percorso di consulenza psicologica di Roberta era già iniziato nel 2019, prima della pandemia. “A Milano ho trovato una consulenza privata, perché non ero nel Sistema sanitario regionale — la mia residenza era altrove. Ci andavo per dei problemi pregressi, che si sono poi aggravati con il Covid.” La pandemia ha cambiato tutto: il ritorno a casa in una piccola regione del nord Italia ha reso l’accesso alla consulenza psicologica più difficile del previsto. Con il peggioramento del suo disturbo alimentare e dell’umore, a inizio 2021 Roberta ha deciso di vedere una psichiatra, per 80 euro all’ora. “Era quello che prendeva la mia psicologa a Milano, e non è stato molto diverso anche se vivo in un piccolo centro,” commenta.
“Le ho spiegato il mio problema, le ho detto che non lavoravo, e mi ha detto che potevo prendere un appuntamento nel pubblico. Nel mio paese il primo appuntamento sarebbe stato a luglio. Nel capoluogo, avrei dovuto aspettare un po’ meno, ma erano comunque tempi di attesa lunghi, e oltre ad aspettare c’era il problema dello spostamento. Mi veniva richiesta anche l’impegnativa del medico di base. Senza la disponibilità economica, avrei dovuto aspettare altri sei mesi.” Il primo appuntamento è stato fissato a luglio ma, complice l’estate, la terapia vera e propria viene riprogrammata a settembre. Qualcosa cambia nuovamente: “A settembre ho trovato un tirocinio dal lunedì al venerdì con un’ora di pausa pranzo e non era compatibile con gli orari degli appuntamenti. Nessuno lavorava di sabato. Ho dovuto disdire perché non potevo chiedere un’ora a settimana — poi si sa, con il contratto di tirocinio non hai diritto a niente.” Nel 2021, secondo i dati dell’Istituto Piepoli, il 27,5% dei pazienti che avevano intenzione di iniziare un percorso di salute mentale non ha potuto farlo per ragioni economiche. Mentre il 21% è stato costretto a interromperlo.
L’esperienza di Roberta sottolinea alcuni limiti noti della presa in carica del sistema pubblico in Italia: la carenza strutturale di personale influisce non solo sulla possibilità di estendere la consulenza a larghe fasce della popolazione, ma si scontra anche con le necessità di chi lavora e non può permettersi la flessibilità degli orari. “Lo Stato dovrebbe offrire una rete di possibilità molto più estese. La risposta del pubblico manca totalmente. Come ordine lombardo siamo riusciti a inserire gli psicologi nelle case di comunità, previste dalla legge regionale 23. Aumentare il numero di psicologi è una priorità perché il pubblico non sta dietro alla domanda. Le strutture sanitarie diventerebbero più accessibili,” commenta Baventore.
La situazione si complica se alla consulenza psicologica generica si combinano disturbi specifici, come nel caso di Roberta. “Mi hanno diagnosticato un disturbo alimentare di binge eating, ma non c’era posto nel centro . Mi hanno mandato dal nutrizionista. Il nutrizionista non è un medico, non è uno psicologo. L’appuntamento è stato imbarazzante, mi ha prescritto le quattro regole della dieta. A giugno abbiamo deciso di sospendere.”
Incrociando le situazioni personali con i dati, allarmanti, del disagio sociale e occupazionale si delineano i problemi tipici dei giovani adulti: il lavoro, la difficoltà a terminare gli studi, l’incapacità di dare una direzione alla propria vita. “I ragazzi percepiscono questa atmosfera sospesa e soffrono la diminuzione della loro socialità, soprattutto quando ci sono così tanti lockdown. Siamo anche in un’epoca di grandi ansie, dal cambiamento climatico all’avvento dell’automazione. Si è aggiunta la pandemia e tutto quello che c’era prima – traiettorie emotive e familiari – quindi aumenta il livello di necessità,” commenta Baventore.
Nonostante i lockdown, la chiusura prolungata e poi a singhiozzi dell’università, nell’ottobre del 2020 Roberta è riuscita a prendere una laurea triennale in Economia all’Università Bicocca. Nel luglio 2021 ha deciso però di sospendere il suo percorso specialistico in marketing. Qualcosa è andato storto, l’università a distanza ha prodotto effetti imprevedibili, necessità “normali” sono diventate impossibili: “Stai in casa e fai lezione online, poi sei ancora in camera, poi mangi, studi e poi vai a dormire. Ho sempre avuto problemi di concentrazione.” Poteva andare diversamente? “La pandemia è stato il colpo di grazia. Sì, sarebbe andata diversamente.” Ora Roberta non sa se riprendere gli studi ma ha dato le dimissioni dal tirocinio, in cerca di una nuova normalità.
*nome di fantasia per tutelare la privacy della persona intervistata