Tutte le vittime dei CPR

Gli ultimi suicidi ed episodi di autolesionismo testimoniano il disagio psichico dei migranti intrappolati nei Centri di permanenza per il rimpatrio. Un’emergenza del diritto alla salute fisica e mentale che continua e si aggrava a causa di un sistema che criminalizza la migrazione

Tutte le vittime dei CPR

Gli ultimi suicidi ed episodi di autolesionismo testimoniano il disagio psichico dei migranti intrappolati nei Centri di permanenza per il rimpatrio. Un’emergenza del diritto alla salute fisica e mentale che continua e si aggrava a causa di un sistema che criminalizza la migrazione

Questa puntata di TRAPPIST menziona casi di suicidio e autolesionismo. Se hai bisogno di parlare con qualcuno, o conosci qualcuno che ha pensieri suicidi, puoi contattare gratuitamente il Telefono Amico al 02 2327 2327 (anche su WhatsApp al 324 011 72 52) o la Onlus Samaritans allo 06 772 08 977.

C’è stata una nuova morte all’interno del Cpr di Gradisca d’Isonzo, in Friuli-Venezia Giulia. Si tratta di una persona proveniente dal Marocco, che si è tolta la vita mentre si trovava in isolamento per precauzione anti-Covid. “I Cpr restano luoghi oppressivi ed angoscianti, e lo sono da sempre: a prescindere dal colore politico che governa il fenomeno migratorio, in queste strutture è molto difficile vivere. Soprattutto per persone fragili o con un vissuto tortuoso alle spalle. Questo è il momento del lutto e del silenzio ma al tempo stesso della riflessione sulle criticità dei Cpr, strutture concentrazionarie che continuano a palesare gravi criticità,” ha commentato la sindaca di Gradisca, Linda Tomasinsig.

Intanto il consigliere regionale laziale di +Europa Alessandro Capriccioli ha dichiarato di aver parlato con i compagni di stanza di Wissem Ben Abdel Latif, il 26enne tunisino morto il 28 novembre dopo una permanenza al Cpr di Ponte Galeria, che gli hanno detto che Latif gli aveva raccontato di “aver subito delle percosse il giorno prima del suo ricovero. Circostanza che, se confermata, sarebbe gravissima.” Il consigliere però ha confermato che il ricovero al San Camillo avrebbe avuto a che fare solo con le condizioni psichiatriche di Latif e non con un eventuale pestaggio. Ci sono molte domande sulla sua morte che meritano una risposta. Perché Latif è sbarcato in buone condizioni psico-fisiche e dopo 2 mesi nelle mani dello stato è morto? La sofferenza mentale del detenuto era precedente alla sua detenzione o è maturata nel corso della stessa? Quale “terapia” gli è stata somministrata?

Show notes

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In copertina, il CPR di Gradisca d’Isonzo. Grab via Google Maps