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Stati Uniti, Iran, ma anche Francia guardano all’esito elettorale in Iraq. Ma il nodo centrale di queste elezioni — e il motivo per cui ha vinto l’astensionismo — è proprio la forte ingerenza estera nel paese, che alimenta un sistema corrotto

Nell’ottobre 2019, migliaia di iracheni hanno iniziato a partecipare a enormi manifestazioni per chiedere un cambiamento: chiedevano la fine della corruzione dilagante che stava dirottando la ricchezza petrolifera del loro paese, per ottenere servizi pubblici migliori — come un sistema idrico e un sistema elettrico affidabili — ma soprattutto chiedevano di avere più voce in capitolo in un governo.

Il movimento di protesta ha costretto Adel Abdul-Mahdi, allora Primo ministro, a dimettersi nel dicembre 2019, e a far insediare un governo che avrebbe dovuto traghettare il Paese verso nuove elezioni. Domenica 10 ottobre gli elettori si sono recati alle urne per le seste elezioni legislative dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003 — la prima volta che si vota a causa delle richieste di piazza. Le consultazioni si sono svolte con una nuova legge elettorale che divide l’Iraq in circoscrizioni più piccole — un’altra richiesta dei giovani attivisti — e permette un maggior numero di candidati indipendenti.

Molti iracheni, però, disillusi dalla politica nazionale, hanno dichiarato di non avere alcuna ragione per andare a votare e hanno sostenuto un boicottaggio diffuso. Gli attuali partiti al potere – molti sostenuti dalle milizie coinvolte negli attacchi che hanno ucciso circa 600 manifestanti – sono quelli che molto probabilmente usciranno vincitori dalle urne, deludendo ancora di più le aspettative di coloro che sono scesi in piazza nell’ottobre del 2019. A poche ore dalla chiusura dei seggi, possiamo dire che l’astensionismo è uscito vincitore: solo il 41% dei cittadini iracheni si è recato alle urne.

La rabbia crescente contro questo sistema, noto come muhasasa, è stata una delle cause delle proteste popolari iniziate nel 2019. È ampiamente considerato come una ragione chiave per i problemi di governo in Iraq oggi. Ha portato all’impasse in parlamento e si è prestato alla corruzione diffusa e al clientelismo, dato che i partiti politici travasano i fondi statali per pagare i loro sostenitori o riservare posti di lavoro ai fedelissimi. Così si è andato a creare uno scenario politico complesso e incapace di governare il Paese.

Nota: questa puntata è stata registrata prima che venissero annunciati i risultati delle elezioni.

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in copertina, Moqtada al-Sadr. Foto CC-BY 4.0 Ali Khamenei