Per capire l’Africa e il Sud Ovest Asiatico bisogna partire dal 7 ottobre: la regione esce dalla “guerra al terrorismo” completamente distrutta, e la retorica di Stati Uniti e paesi alleati in questi anni non ha fatto altro che alimentare i movimenti islamisti locali
Benvenut* a Matassa, il nuovo podcast di Leila Belhadj Mohamed e the Submarine che vuole raccontare quello che succede nei paesi e nei luoghi che la stampa mainstream italiana prende in considerazione soprattutto quando c’è da mettere in guardia sull’ennesima presunta invasione di migranti o profughi.
Per affrontare l’attualità dell’Africa e del Sud Ovest Asiatico non si può non partire dal 7 ottobre, o meglio, dall’ondata di instabilità che ha colpito la regione in seguito alla “guerra al terrorismo” che George W. Bush scatenò in risposta agli attacchi contro New York e Washington. È impossibile sminuirne l’importanza storica: hanno stravolto i rapporti internazionali, scosso le fondamenta delle Nazioni Unite e della NATO, diviso l’opinione pubblica americana ed europea, modificando la vita dei cittadini del mondo intero.
Proprio il fatto che gli Stati Uniti si sono sempre considerati inattaccabili sul proprio territorio continentale ha causato nelle coscienze degli americani un senso di alienazione e di annientamento morale di fronte ad un attacco inaspettato in casa propria. “Attacco all’America,” “trauma,” “lacerazione,” “vulnerabilità,” “l’Orrore”: sono solo alcune delle espressioni usate per evocare l’attentato alle Torri gemelle dai giornalisti occidentali e non solo.
Bush ha l’ambizione di combattere una guerra contro un soggetto non statuale e ben definito, contro un’organizzazione terroristica, Al Qaeda, con sedi in vari Paesi del Sud Ovest Asiatico e dell’Africa. Ciò comporta alla realizzazione di un conflitto caratterizzato non solo da tempi molto lunghi, ma anche dalla possibilità per l’esercito statunitense di intervenire in Stati differenti, i cosiddetti rogue states – gli Stati canaglia — con l’obiettivo di annientare i guerriglieri jihadisti. L’impossibilità di immaginare vittorie definitive in tempi rapidi spiega perché la guerra al terrorismo viene descritta dallo storico Vittorio Dan Segre come un “conflitto epocale.”
Il Sud Ovest Asiatico è completamente distrutto in seguito a questi conflitti e il tono apertamente messianico che ricorda le crociate non ha fatto altro che alimentare i movimenti islamisti locali, al punto di riuscire a fare proseliti in tutto il mondo e a costruire organizzazioni terroristiche parallele ad Al Qaeda operanti ovunque, persino in Europa. Gli attacchi alle Twin Towers e al Pentagono, a differenza di molti altri attacchi terroristici nella storia del mondo, non sono stati solo un casus belli, ma l’inizio di un nuovo sistema internazionale.
Show notes
- Il discorso di Bush agli Stati Uniti
- 11 settembre, lo storytelling sulla guerra al terrorismo resiste dal 2001: il Bene contro il Male. E Biden parla come Bush – Il Fatto Quotidiano
- Terrorism by the Numbers | World101
- Terrorism: Facts and statistics | Statista
- Islamist terrorist attacks in the world 1979-2019 – Fondapol
- The Drone Papers: Secret documents detail the U.S. assassination program.
- La dottrina Bush ed il concetto di Preemptive War
- “Rogue States” and the United States: A Historical Perspective | Wilson Center
- Afghan War Victims, Human Rights Groups Demand Cease-fire, Inclusive Peace
- Yemen, vicini alla catastrofe, dopo 5 anni di guerra, 250 mila morti e 20 milioni di persone ridotte alla fame – la Repubblica
- Siria, 10 anni di guerra: 384 mila morti e 11 milioni di profughi – la Repubblica
- Iraq conflict has killed a million Iraqis: survey | Reuters
- Torture at Abu Ghraib | The New Yorker
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in copertina, foto CC-BY-NC-SA Ian M. Terry / U.S. Army