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Domani i due producer porteranno il proprio progetto dal vivo all’Arena Milano Est, a due passi dallo studio dove hanno prodotto tre brani dall’ultimo album di Ghemon

La musica dal vivo sta gradualmente ripartendo, dopo oltre un anno caratterizzato da chiusure, dibattiti sul futuro dei concerti, live in streaming e riaperture a singhiozzo, in un clima tuttora di costante incertezza. Per ricordarci che cosa voglia dire uscire di casa per andare a un concerto abbiamo deciso di ripartire da Milano. Martedì 20 luglio all’Arena Milano Est prima di Godblesscomputers, si esibiranno gli RGB Prisma, il progetto nato dalla collaborazione tra Stefano De Vivo e Claudio La Rocca, uno dei nomi da segnarsi se si è sempre alla ricerca di qualcosa di fresco da ascoltare. Ci siamo fatti raccontare il loro primo disco, Lorem Ipsum e per la prima volta (forse) abbiamo capito che suono ha il sample di una registrazione di canti popolari lucani.

Per prima cosa partiamo dal concerto di martedì. Emozionati?

Siamo emozionatissimi perché è la prima volta che portiamo Lorem Ipsum live a Milano, su un palco come quello dell’Arena Milano Est. Siamo ancora più contenti di poter condividere questa serata con tre artiste che ci hanno onorato della loro presenza nel disco e con le quali stiamo preparando il concerto in questi giorni. Diciamo, un mix di felicità e adrenalina. 

Immagino sia la prima volta che portate il nuovo album dal vivo, è così?

In realtà abbiamo avuto la possibilità di fare una data al Bunker di Torino qualche giorno fa. Ci è servita per capire su cosa lavorare e riportarci in contatto con la realtà del live e la sua bellezza. Nonostante questo, siamo emozionatissimi per il concerto di martedì e non vediamo l’ora di salire sul palco.

Il quartiere di Lambrate, a Milano, è diventato la vostra nuova casa. C’è un angolo di questo pezzetto di città a cui siete particolarmente affezionati?

Lambrate è stato il quartiere che ci ha accolti. Quando siamo arrivati a luglio 2020 è stato il primo posto di Milano in cui siamo stati, poiché è dove la nostra etichetta, Totally Imported, aveva gli uffici. Qui abbiamo messo le fondamenta per poter rendere Lorem Ipsum ciò che è stato, arricchendolo di idee, spunti e conoscendo persone nuove. Inoltre a due passi dalla stazione c’è lo studio dove abbiamo prodotto tre brani dell’ultimo album di Ghemon, E Vissero Feriti E Contenti. Quindi per noi Lambrate è sinonimo di connessioni, emotività e stimoli. 

Parlando di Lorem Ipsum, come vi siete sentiti a pubblicare un disco senza sapere ancora esattamente che cosa sarebbe successo dopo? Ad aprile eravamo ancora sospesi tra un sentimento di fiducia e la consapevolezza che avremmo dovuto affrontare le conseguenze della pandemia ancora per molto tempo.

Eravamo consapevoli delle conseguenze che la pandemia avrebbe potuto avere sulla release, ma abbiamo preferito privilegiare l’esigenza di esprimerci attraverso la nostra musica. Nello specifico per noi due è il primo progetto che ci ha visto lavorare realmente fianco a fianco come duo, con una progettualità ben definita. Quindi è stata come un doppia sfida, affrontare la pandemia insieme e a distanza, uno a Bari e uno a Salerno, e pubblicare il disco durante un periodo di incertezze.

Prendiamo il primo pezzo dell’album che forse è anche il più enigmatico, Nova.  Potrebbe far pensare di trovarsi di fronte a un disco più elettronico e a senso unico — in realtà subito dopo ci sono canzoni, come OK, che dimostrano quanto l’album sia sfaccettato. Vi va di raccontarci qualche aneddoto legato alla canzone? Ad esempio, il primo pezzo di cantato è in sardo? Cosa vuol dire? E poi c’è una strofa in napoletano… Raccontateci tutto!

Il sample iniziale di voci è una registrazione ambientale di canti popolari lucani: la stesura del pezzo è iniziata da lì. Gli altri elementi sono stati aggiunti in seguito in maniera naturale. A pezzo concluso, abbiamo deciso di aggiungere una parte in napoletano sia per via delle origini di Claudio, sia perché… Perché no?

Come mai avete deciso di aprire il disco proprio con questa canzone?

L’apertura del disco per noi è stato l’aspetto principale. Volevamo subito mettere alla prova l’ascoltatore e farlo entrare nel nostro universo nel modo più destabilizzante possibile. Chitarre ariose e un beat grezzo è un ossimoro che sintetizza la nostra visione della musica. Questo tipo di shock è una costante all’interno dell’album ed è un elemento con il quale ci piace giocare. 

Le collaborazioni invece come sono nate?

Tutti i featuring del disco sono nati in maniera spontanea e con persone che stimiamo sia artisticamente che umanamente. Il processo è stato molto naturale: una volta finite le bozze strumentali, abbiamo inviato i progetti agli artisti, lasciando loro la libertà di scelta e di espressione sui pezzi che preferivano. Il caso ha voluto che ognuno scegliesse un pezzo differente. Siamo molto contenti del risultato, perché l’unione di tutti i lati musicali ha portato a un risultato finale eterogeneo, ma con un leitmotiv comune. 

Facciamo un gioco, mettetevi nei nostri panni, martedì sera veniamo al concerto dopo un sacco di tempo durante il quale siamo rimasti per lo più distanti da qualsiasi luogo di aggregazione e cultura. Cosa possiamo fare per prepararci al meglio alla serata?

Venire al concerto senza aspettative, con voglia di divertirsi e di buttarsi a pieno nella serata. Ci piace pensare di non fare concerti, ma esperienze a 360 gradi. Poi quando verrete, lo capirete. 


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