foto: Presidenza del Consiglio dei Ministri
Alla fine la cabina di regia ha previsto eccezioni solo per il settore del tessile e della moda: il blocco dei licenziamenti per tutte le altre filiere scade domani, gettando nell’incertezza il futuro di decine di migliaia di persone. Ma, come ha spiegato il ministro Brunetta, il governo vuole “tornare al mercato, alla fisiologia”
Alla fine il blocco dei licenziamenti scadrà il 30 giugno, come desiderato da Draghi: verranno fatte eccezioni solo per il settore del tessile e della moda. È tramontata dunque l’idea, circolata ieri, di prorogare il blocco a tutte le aziende che hanno usufruito della cassa integrazione Covid — secondo quanto riporta il manifesto, in realtà, non è nemmeno chiaro se questa ipotesi sia mai stata presa in considerazione dalla cabina di regia convocata ieri a Palazzo Chigi. Sembra che Pd, M5S e Forza Italia fossero possibilisti sulla proroga del blocco, ma alla fine ha vinto la linea dura e ideologica di Italia Viva, Lega e dello stesso Draghi, ansiosi di rimuovere il blocco — “vogliamo tornare al mercato, alla fisiologia,”come ha sintetizzato il ministro Brunetta dando l’annuncio in conferenza stampa.
Il ministro del Lavoro Orlando, a cui a quanto pare non passa nemmeno per la testa che un simile smacco sarebbe una buona ragione per dimettersi, ha dichiarato, forse provando a illudersi da solo, che “la discussione sui licenziamenti è andata nella direzione giusta.” Orlando spera ancora che all’ultimo minuto si riescano ad inserire ulteriori specifiche che renderebbero meno dura la bomba sociale in arrivo. Il Pd infatti, per provare a nascondere il fallimento della propria linea, ha indicato come risultati ottenuti tramite un fantomatico “compromesso” alcune lievi misure compensative: alle aziende ancora in crisi dei comparti non dell’abbigliamento, ad esempio, viene data la possibilità di tenere i lavoratori ancora in cassa integrazione straordinaria, fino alla fine di settembre, anziché licenziarli.
Quando #GovernoDraghi annunciò che non avrebbe prorogato il blocco dei licenziamenti abbiamo lavorato su quella che ci pareva l’unica opzione ragionevole; la #selettività dei sostegni ai lavoratori seguendo il livello di crisi dei settori. E quello di oggi sembra buon compromesso
— Enrico Letta (@EnricoLetta) June 28, 2021
Il governo si è dunque posto in rotta di collisione con i sindacati, che sarebbero forse stati pronti a recepire la proroga del blocco in base all’uso della cassa integrazione da parte delle aziende — mentre si sono sempre opposte a una soluzione dura come quella raggiunta ieri. Landini ieri aveva incontrato persino il presidente di Forza Italia Tajani. Oggi in un incontro ufficiale gli verrà data la comunicazione ufficiale di quanto deciso dal governo. Probabilmente i sindacati proveranno a spingere perché vengano almeno incluse delle nuove eccezioni. Ma in totale quanti lavoratori rischiano di essere licenziati dai propri padroni al sollevamento del blocco? Le stime variano: si va dai 150 mila della fondazione Adapt ai 5–600 mila in base a dati della Banca d’Italia e del ministero del Lavoro. Evidentemente, il possesso di questi dati non ha fermato il governo dal decidere di sollevare il blocco.
Ieri non è stata comunque una buona giornata per il ministro Orlando e, soprattutto, nemmeno per i lavoratori dell’ex Ilva, che a differenza sua sentono come molto precario il proprio posto di lavoro: arrivato a Genova, dove è scattata la cig per tutti i dipendenti dello stabilimento di Cornigliano, ha chiesto in prefettura all’azienda di “soprassedere” alla cassa integrazione, ma secondo lo stesso ministro “la richiesta non è stata accolta” e la discussione è rimandata all’8 luglio, quando si terrà un incontro al Mise per decidere il futuro dell’Ilva. Solo allora, sostiene Orlando, “vedremo se ci sono gli strumenti per contestare quella scelta.” Orlando è stato salutato dai lavoratori con fischi e grida di “vergogna.”