Il centro di Amazon a San Fernando de Henares (Madrid) Foto: Álvaro Ibáñez
Anche quest’anno milioni di persone stanno facendo acquisti durante il Prime Day, ma le pratiche di Amazon sono insostenibili a livello ambientale e di diritto del lavoro
Amazon, ogni anno, distrugge milioni di prodotti che sono rimasti invenduti. La britannica ITV News ha trasmesso video di intere pile di scatole con scritto “distruggere,” che contenevano beni di elettronica, gioielleria, libri e altri oggetti. Le riprese sono state state girate “in incognito” all’interno del centro Amazon di Dunfermline, in Scozia, e l’autore del servizio, Richard Pallot, racconta di aver tracciato gli stessi pacchi fino ai centri di riciclo, e spesso fino alle discariche. In totale, il canale britannico ha contato 124 mila oggetti etichettati come da distruggere in una sola settimana di aprile. Durante lo stesso periodo, l’azienda ha donato in beneficenza 28 mila oggetti. Secondo un ex dipendente di Amazon che ha parlato con ITV, circa metà degli oggetti che vengono distrutti sono resi, mentre l’altra metà sono nuovi, “ancora sigillati.” L’ex dipendente descrive quello che viene buttato — ci sono anche oggetti di valore, come qualche MacBook e iPad, occasionalmente. “L’altro giorno,” racconta, sono state distrutte “20 mila mascherine per il Covid–19 che erano ancora sigillate.” Gli oggetti distrutti sarebbero in larga parte di venditori di terze parti che vendono sul sito e che pagano per avere i propri prodotti già sugli scaffali dei centri di distribuzione Amazon — cosa che gli permette di garantire tempi di consegna competitivi. Quando gli oggetti restano invenduti, è più conveniente per tutti semplicemente distruggerli.
Che Amazon distrugga e butti tantissimi prodotti in condizioni ancora nuove o pari al nuovo non è una novità. Negli anni scorsi inchieste nel Regno Unito e in Francia avevano inquadrato l’enormità dello spreco: due anni fa, la francese M6 aveva già ripreso in video come Amazon si sbarazzasse di prodotti nuovi rimasti invenduti. Il mese scorso Greenpeace ha pubblicato i risultati della propria indagine sugli sprechi dell’azienda in Germania, dove la legge vieta alle imprese di smaltimento di rifiuti di processare prodotti che non sono rotti: di conseguenza, Amazon ha già condotto test per distruggere i prodotti funzionanti prima di smaltirli — ad esempio tagliando le magliette con delle forbici.
L’impatto ambientale di Amazon è colossale, come ammesso dalla stessa azienda nel proprio report annuale sulla sostenibilità: la scorsa estate ha annunciato un fondo di 2 miliardi di dollari per la lotta al cambiamento climatico, ma nel frattempo le emissioni di cui è responsabile sono in costante aumento. L’azienda è anche responsabile di una nuova ondata di consumo eccessivo, in particolare nell’ambito della moda. I critici sottolineano come finora Amazon abbia usato l’etichettatura di prodotti sostenibili solo come uno strumento di marketing per raggiungere consumatori più attenti all’ambiente. Al contrario, l’azienda continua a dare sempre più rilevanza al Prime Day, che quest’anno si è aperto ieri, per svendere prodotti che il resto dell’anno hanno prezzi troppo alti per il mercato, in modo da guadagnare ancora di più, e accelerare ulteriormente l’eccesso di consumo. Secondo un report di Finder di inizio mese, negli Stati Uniti 67,7 milioni di persone stavano aspettando le “svendite” del Prime Day per fare acquisti. Svendite tra virgolette, perché sia i rivenditori che Amazon stesso lasciano fluttuare i prezzi dei prodotti, alzandoli nei giorni precedenti alle offerte, in modo da creare l’illusione che ci sia un grosso sconto. In questo momento l’azienda mette in evidenza un’offerta per l’Echo Dot di terza generazione, a 20 euro, scontato rispetto al prezzo pieno, teoricamente di 50 euro. In realtà, grazie al sito che monitora i prezzi dei prodotti CamelCamelCamel, si può osservare come il prodotto non sia in vendita a prezzo pieno dallo scorso settembre — quando è uscito l’Echo Dot di quarta generazione — e sia spessissimo in vendita al prezzo presentato oggi come in offerta stracciata.
Amazon ha accentrato una larga parte del commercio online — negli Stati Uniti quest’anno da solo costituirà il 50% di tutto il mercato in e-commerce. L’azienda è ormai famigerata per le condizioni di lavoro insufficienti in cui costringe i propri dipendenti — dai camerini dove andare a piangere “meditare” al memorandum per avviare campagne diffamatorie contro un ex–dipendente che parlava delle condizioni di lavoro nei centri di distribuzione. Negli Stati Uniti sono migliaia le persone che hanno contratto il Covid lavorando per Amazon — ma si possono fare solo stime, perché l’azienda si rifiuta di collaborare con i media. Con la crisi scatenata dal Covid–19, per molte persone un posto di lavoro da Amazon costituisce una delle poche possibilità di lavoro, ma l’azienda approfitta dei vuoti legislativi e della debolezza organizzativa nel settore per proporre contratti molto svantaggiosi. In Italia, lo scorso marzo Dire ha pubblicato un’inchiesta in cui raccontava come l’azienda “illudesse” i propri lavoratori interinali a Colleferro, nella città metropolitana di Roma, dove sono state lasciate a casa circa 2.000 persone in un mese. A Origgio, in provincia di Varese, oggi e domani si terrà uno sciopero nel magazzino Amazon locale per protestare contro le politiche di Amazon e di Icts — che firma i contratti con i lavoratori — che non riconoscono la professionalità del lavoro, impedendo l’applicazione del contratto della logistica.
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