Gli assurdi candidati della destra a Roma e Torino
La destra non ha trovato di meglio che un patito della “romanità” che paragona i vaccini al doping e un imprenditore del “food&beverage” che vuole una pista da sci cittadina a Torino. Intanto, il candidato per Milano ancora non c’è
La destra non ha trovato di meglio che un patito della “romanità” che paragona i vaccini al doping e un imprenditore del “food&beverage” che vuole una pista da sci cittadina a Torino. Intanto, il candidato per Milano ancora non c’è
Dopo lunghi dibattiti, la coalizione formata da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia è riuscita a trovare un nome da candidare alle prossime elezioni comunali di Roma: è Enrico Michetti, professore di diritto all’Università di Cassino e speaker su Radio Radio. La sua candidatura sarà “in ticket” con Simonetta Matone — sostituta procuratrice presso la corte d’appello di Roma e nota per essere un’assidua frequentatrice del salotto televisivo di Bruno Vespa — in corsa come vicesindaca.
Michetti ha commentato la propria candidatura con una nota di grande spessore politico: “Roma è la mia città e il mio sogno. Ora iniziamo insieme questa grande avventura per restituire insieme alla Città Eterna il ruolo di Caput Mundi.” Intervistato dal Corriere, rincara la dose: “Basta pensare a come vedevano Roma i grandi Cesari e i papi: non avrebbero mai costruito le piramidi perché non erano di pubblica utilità, costruivano ponti, strade, acquedotti, anfiteatri per il benessere dei cittadini.”
Proprio come avrebbero fatto i cesari o i papi, Michetti avrebbe intenzione di nominare assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi: secondo Michetti, “ha un profilo altissimo” — Sgarbi si era presentato come candidato a sindaco di Roma lo scorso febbraio con la sua lista “Rinascimento,” ma ha dichiarato che sarebbe ben contento di fare l’assessore alla Cultura, “dove non temo rivali.”
Il professor Michetti invece, meno interessato alla speculazione artistica, sembra avere una vera e propria ossessione per una “romanità” astratta che deriva più dal Ventennio che dalla Roma antica: a fine maggio il suo nome era già spuntato sulle pagine dei giornali per un infelice intervento radiofonico, in cui sosteneva che il saluto romano “è più igienico” e per questo ora lo si sta “rispolverando”: “I romani quando inventavano le cose rasentavano la perfezione, qui qualcuno se lo dimentica.” Altre dichiarazioni celebri? A ottobre ha detto che il governo stava facendo “una politica del terrore” e che “è ridicolo parlare solo del Covid”; a maggio, invece, ha paragonato la campagna vaccinale al doping di massa sugli atleti “dei paesi dell’Est.” Ma per essere un perfetto candidato della destra serve anche qualche scandalo finanziario: Michetti ha una fondazione che è sotto indagine da parte della Corte dei Conti per alcuni appalti milionari affidati da enti pubblici senza gara.
I leader dei tre partiti hanno commentato l’accordo sulle due candidature ostendando compattezza e comunione di intenti — o addirittura “passione, competenza e spirito di squadra” secondo Salvini — ma dietro la decisione si nascondono ancora profonde divergenze, soprattutto tra i due partiti che si contendono la leadership della coalizione, Lega e FdI. Michetti è infatti un candidato voluto fortemente soprattutto da Giorgia Meloni, che Salvini ha dovuto farsi andare bene in cambio di un diritto di “prelazione” sul nome da candidare a Milano.
Questo candidato, però, ancora non c’è: doveva arrivare questa settimana, ma c’è stato un nuovo rinvio, mentre nel “toto nomi” continuano a spuntare nuove ipotesi — come quella di Gian Vincenzo Zuccotti, preside della facoltà di Medicina alla Statale, oppure quella di Oscar di Montigny, top manager di Mediolanum. Dopo la vicenda Albertini il centrodestra sembra ancora incapace di trovare un candidato che vada bene a tutti e che abbia caratteristiche in grado di tenere in piedi la destra più estremista con quella più pulita e strettamente imprenditoriale della città.
Anche per Torino la coalizione ha optato per un candidato “civico”: si tratta di Paolo Damilano, imprenditore nel settore alimentare ed ex presidente del Museo del Cinema della città su nomina di Chiamparino. Il nome della sua lista civica è “Torino bellissima.” Damilano spera di riuscire a strappare la città sia al centrosinistra che al Movimento 5 Stelle — Torino per il centrodestra è stata praticamente inespugnabile per decenni. Ha avanzato già diverse proposte di evidente urgenza per il benessere della città, come la creazione di una pista da sci cittadina o la volontà di aprire un hotel 5 stelle lusso.
Le situazioni, comunque, sono diverse in ognuno dei capoluoghi: se a Roma la destra ha ottime possibilità di vittoria contro le candidature di Raggi e di Gualtieri — in particolare quest’ultima è stata azzoppata da mesi di divisioni e vendette interne al Pd — a Torino la corsa è più incerta: l’unica certezza è la non candidatura di Chiara Appendino. A Milano la corsa del centrodestra sembra più difficile, contro un Beppe Sala che dopo qualche mese di spaesamento a causa della pandemia, che ha colpito l’immagine di Milano coltivata negli ultimi anni dalla giunta, sembra essere riuscito a riprendere l’iniziativa amministrativa e della campagna elettorale. Le elezioni amministrative si terranno probabilmente all’inizio di ottobre, dopo aver subito un rinvio dalla primavera a causa della pandemia.