Secondo Mario Draghi “nessuno sarà lasciato solo in acque territoriali italiane.” Per il resto, il governo conferma che l’unica visione che ha delle persone migranti è utilitarista
Nel corso del question time alla Camera, Draghi ha parlato anche della questione migranti, dicendo le solite cose: da un lato, la politica del governo vuole essere “equilibrata, efficace ed umana,” e quindi “nessuno sarà lasciato solo in acque territoriali italiane” — al di fuori di queste, evidentemente, non interessa a nessuno — e dall’altro bisogna insistere ancora di più sul rimpatrio delle persone che “non hanno titolo a rimanere sul nostro territorio, in mancanza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale.” Tutto questo nonostante, secondo l’ultimo rapporto Ismu, gli stranieri irregolari in Italia siano in forte calo, così come le richieste d’asilo.
Ricordiamo che le acque nazionali finiscono a 12 miglia dalla terraferma. Cosa dovremmo fare per chi rischia di annegare più in là?
Proviamo a riformulare il pensiero del Presidente: "Nessuno deve essere lasciato solo in mare." Il punto lo mettiamo noi.— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) May 12, 2021
Dire che “nessuno sarà lasciato solo in acque territoriali italiane” è particolarmente ipocrita in questi giorni in cui l’azione giudiziaria dei paesi europei contro chi arriva, entro le acque territoriali, si è solo intensificata. Oggi a Lesbo inizia il processo di un giovane uomo di 27 anni, con quattro figli, accusato di aver “condotto l’imbarcazione” su cui era a bordo, ma che stava affondando, per trarre in salvo 33 persone, tra cui i suoi figli, e se stesso. Il processo inizia meno di tre settimane dopo un’altra sentenza farsa, con cui un rifugiato siriano è stato condannato a 52 anni per aver “facilitato l’ingresso illegale” della propria famiglia, che è arrivata a Chio insieme a lui. Questa mattina MSF ha annunciato che riprenderà le proprie attività nel Mediterraneo, come “diretto risultato delle politiche irresponsabili dell’Unione europea.”
#MSF is urgently relaunching its #SAR activities in the central #Mediterranean to save lives. Our return to sea is the direct result of #Europe’s reckless policies of non-assistance at sea, condemning people to die. We won't stay silent in the face of this manmade disaster! pic.twitter.com/GhWQ5sQtkk
— MSF Sea (@MSF_Sea) May 13, 2021
A breve termine, ha specificato Draghi, l’obiettivo è attivare un meccanismo temporaneo di emergenza per il ricollocamento dei migranti soccorsi nel Mediterraneo “basato sugli stessi principi di condivisione e solidarietà dell’accordo di Malta.” Su questo fronte, però, finora in Europa non si sta muovendo molto: soltanto il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, al termine dell’incontro con Luigi Di Maio, ha detto la solita frase di circostanza sull’Italia che “non può e non deve essere lasciata da sola” nella gestione dei flussi migratori. Secondo i dati del Viminale citati dal premier alla Camera, nell’ultimo anno sono stati “ricollocati” solo mille richiedenti asilo, mentre nei primi mesi del 2021 gli arrivi sono stati già 12 mila, a fronte dei 5 mila dei primi cinque mesi del 2020. Numeri che — è bene ricordarlo — sono comunque lontanissimi da quelli degli anni 2014-2017, precedenti all’entrata in vigore degli accordi con la Libia, quando gli arrivi nel primo semestre erano stati tra i 60 e gli 80 mila. Per questo bisognerebbe mettere in prospettiva il modo in cui ciclicamente si parla di “emergenza immigrazione.”
Finora l’accoglienza è stata tiepida: secondo la ministra dell’Interno austriaca Edstadler “una redistribuzione dei migranti arrivati a Lampedusa non è la soluzione” e “occorre che la Ue aiuti direttamente i paesi africani.” Per ammissione della stessa commissaria Johansson, i progressi del nuovo “Patto sull’immigrazione,” che dovrebbe aggiornare il trattato di Dublino, sono “lenti.” Secondo un retroscena di Claudio Tito su Repubblica, Draghi porterà la questione al consiglio europeo straordinario di fine maggio, con un “dossier” che dovrebbe convincere le controparti europee.
A pungolare il governo sono le insistenze, dentro e fuori dalla maggioranza, di Lega e Fratelli d’Italia, che stanno giocando a chi soffia più forte sul fuoco della situazione di Lampedusa, con le priorità al posto giusto — Musumeci a Tagadà ieri si diceva “preoccupato” per il turismo a Lampedusa, specificando che “non ci sono contatti a Lampedusa tra il percorso dei migranti e la realtà dei turisti;” Salvini come sempre collega l’emergenza di poche migliaia di persone ai “milioni di italiani in difficoltà;” Meloni parla di “invasione di massa.” In mattinata, con il miglioramento delle condizioni del mare, è riuscita ad attraccare sull’isola la nave quarantena Azzurra, dove devono essere imbarcati 600 migranti. In mattinata saranno imbarcati anche altri 200 minori su un traghetto che li porterà a Porto Empedocle in serata.
Intervistata da Avvenire, la ministra Lamorgese ribadisce che il governo intende muoversi su due binari: da un lato la richiesta di un maggiore impegno da parte degli altri stati europei, dall’altro la “stabilizzazione del quadro politico in Libia,” in modo che le autorità di Tripoli riescano a impedire le partenze in modo più efficiente. La ministra parla anche della volontà di proseguire “con convinzione” sulla linea delle evacuazioni umanitarie, e apre uno spiraglio sulla possibilità di riaprire canali legali di migrazione — anche se limitati a poche migliaia di persone e sempre subordinati a un’ottica utilitarista: “Così facendo sottraiamo i migranti allo sfruttamento della criminalità e rispondiamo alle esigenze di chi, nelle imprese e nelle famiglie, richiede manodopera specializzata.”
L’Europa, nel frattempo, sta intensificando i lavori per rendere il meccanismo dei rimpatri “volontari” e meno, sempre piú efficiente, ed economico. A fine aprile il vicepresidente della Commissione europea per la promozione dello “stile di vita europeo” Margaritis Schinas e la Commissaria agli Affari interni Ylva Johansson hanno presentato quello che hanno descritto come un nuovo piano per intensificare i rimpatri “volontari” a discapito di quelli “forzati.” Il problema principale di questi ultimi, secondo l’Unione europea, non sono perplessità sui diritti umani, ma il loro costo superiore: rispettivamente 560 euro contro 3.414.
Il piano, che prevede l’istituzione di un nuovo responsabile europeo a quelle che sono effettivamente deportazioni, amplierà i poteri di Frontex e codificherà i rimpatri nel sistema dei visti europei, in modo da incardinarli saldamente nella burocrazia della gestione dei flussi migratori. Ieri l’agenzia ha annunciato la formazione di 164 nuovi agenti formati dalla guardia di finanza italiana.
Another 164 Frontex officers who trained at @gdf academy in Italy graduated to become fully-fledged members of the European Border and Coast Guard standing corps – ready to take up their posts with their colleagues from national border and coast guard services at EU’s borders pic.twitter.com/RJnsrkDv4G
— Frontex (@Frontex) May 12, 2021
A proposito di rimpatri: il tribunale di Roma ha accolto il ricorso del ministero dell’Interno contro l’ordinanza, emessa dallo stesso tribunale, che aveva riconosciuto il diritto a stare in Italia di un richiedente asilo respinto illegalmente in Slovenia. Secondo i giudici, non ci sono prove che l’uomo sia effettivamente entrato in Italia. La prassi dei respingimenti alla frontiera tra Italia e Slovenia resta però illegittima — come stabilito dalla sentenza di primo grado. “Il collegio giudicante ha scelto di non esaminare tutta questa parte, ma si è limitato alla questione procedurale per verificare se il richiedente asilo aveva effettivamente fatto ingresso in Italia,” spiega Gianfranco Schiavone di Asgi. “È come se le persone che vengono respinte, di fatto, non esistessero: vengono trasformate in fantasmi, non ci sono procedimenti che certifichino la prassi di riammissione. Eppure a questi fantasmi si chiede di provare la propria esistenza.”