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Così ha detto durante gli interrogatori Giuseppe Montella, uno dei carabinieri indagati con l’accusa di spaccio, estorsione e torture

Giuseppe Montella, il carabiniere 37enne ritenuto capo della banda di carabinieri che ha trasformato la caserma Levante di Piacenza nella sede di una vera e propria associazione a delinquere, dedita al traffico di droga e alle torture di persone arrestate arbitrariamente, ha confessato gran parte delle accuse a proprio carico, dicendo però che all’interno della caserma “tutti sapevano.”

È quanto emerge dai verbali degli interrogatori di Montella, effettuati tra agosto e ottobre 2020 ma rimasti riservati, finché ieri la Repubblica non ne ha pubblicato alcuni estratti.

“Ne ho fatte di cavolate, però se mi devo prendere le colpe degli altri no! Dentro la caserma tutti sapevano, fino al comandante, non potevi non sapere perché ci si stava dalla mattina alla sera insieme,” spiega Montella ai pm. “Si finiva gli arresti e si andava a mangiare insieme, quindi tutti dovevano sapere … fino al comandante.”

L’inchiesta risale alla scorsa estate e ha fatto molto rumore, portando al sequestro dell’intera caserma e all’arresto di sei carabinieri (altri 3 ufficiali e un finanziere sono indagati). La “banda” si appoggiava a una rete di informatori pagati con parte dei soldi e della droga sequestrata agli altri spacciatori, in cambio delle soffiate, e tra il 2017 e il 2020 avrebbe messo in atto arresti, sequestri e perquisizioni arbitrarie, falsi amministrativi, estorsioni e festini all’interno della caserma.

Montella respinge l’accusa che nella caserma avvenissero pestaggi sistematici, ma racconta di “schiaffi e botte” abituali. Secondo l’accusa, in un’occasione due pusher arrestati sono stati spogliati, lasciati nudi nel cortile della caserma e picchiati, ma Montella dice che “erano stati spogliati per la pequisizione,” ma solo in caserma.

E il comandante? Stando a quanto emerge dagli interrogatori, il maresciallo Marco Orlando “non partecipava mai alle perquisizioni e firmava gli atti come se fosse stato presente.” L’impressione, come concludono Giuseppe Baldassarro e Alberto Custodero su Repubblica, è che tutti fossero consapevoli che “le cose non fossero esattamente regolari, ma nessuno faceva niente per controllare, anzi una parte dei vertici dei carabinieri di Piacenza preferiva girarsi dall’altra parte e incassare i risultati.”

Dopo il sequestro e le indagini, la caserma piacentina è tornata operativa — con un nuovo comandante e nuovo personale — lo scorso novembre. Montella e altri 4 dei carabinieri imputati hanno chiesto il rito abbreviato: oggi è attesa una nuova udienza del processo, e quindi nuove possibili dichiarazioni.


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