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foto Giorgio Salimeni
testo Marta Clinco

Atlas è il nostro nuovo spazio dedicato all’immagine e alla fotografia contemporanee. Ogni settimana vi racconteremo un nuovo progetto – in corso, in via di pubblicazione o appena uscito – attraverso una selezione di immagini e contributi degli autori, con un occhio di riguardo a editoria indipendente e autoproduzioni.

Redeo è il nome di una comunità terapeutica sperimentale per soggetti con disturbi psichiatrici di bassa e media intensità, nata nel 2017 all’interno di una casa di riposo sull’Appennino toscano. Gli ospiti della comunità hanno subìto fortemente le restrizioni legate alle varie fasi della pandemia, “così è stato naturale riempire alcune delle giornate trascorse insieme e condividere attimi di apparente normalità.”

Le immagini sono state scattate nei mesi compresi fra luglio e ottobre 2020. Oggi la struttura è nuovamente chiusa all’esterno.

Il passo dalla fisioterapia alla fotografia non è breve – come e perché?

La fisioterapia è stata una di quelle scelte prive di reale consapevolezza, dettata da un momento nella vita in cui ti sembra di essere costretto a scegliere quale sarà il tuo futuro, quale lavoro compiere per “portare a casa la pagnotta” sostanzialmente. Ma in realtà credo oggi che delineare il filo di una vita attraverso una scelta senza possibilità di mettersi in gioco e rischiare sia limitata. Durante gli studi di fisioterapia coltivavo già l’interesse della fotografia, mi affascinava la possibilità di accedere ad altri mondi lontani da quello in cui stavo crescendo e attraverso questo mezzo mi sembrava di poterci riuscire. Ho deciso di correre dei rischi, mi sono messo in gioco e ho scelto di seguire ciò che mi appassionava. Scelta irrazionale e difficile ma che mi ha aperto tantissime strade inaspettate, una fra tutte la possibilità di assistere e conoscere da vicino il lavoro di Alex Majoli e di conseguenza far parte oggi di Cesura.

Come sei entrato in contatto con la comunità che racconti in Redeo?

Tutto è nato durante il primo lockdown. Nel mese di aprile c’è stato un momento in cui mi sono fermato e ho capito che era giunto il momento di tornare nei luoghi in cui ero cresciuto come fisioterapista e come essere umano. Ho provato a contattare diverse case di cura per cercare di avere accesso a strutture che stavano impedendo i contatto con l’esterno e fra tanti rifiuti una ha accettato di farmi entrare. Da lì si è aperto questo nuovo mondo. La struttura è tuttora chiusa, e continuano a cambiare le regole in base al colore della regione, ovviamente cercando di dare possibilità di accesso limitato o in determinate condizioni per parenti e familiari. Io fortunatamente sono riuscito da gennaio a rientrare solo dopo esito negativo di tampone.

Negli ultimi tre anni Giorgio Salimeni ha lavorato e continua a lavorare a un altro progetto legato alla sua terra natia, la Sicilia: “Sto esplorando attraverso diversi viaggi un territorio che non conoscevo bene prima che andassi via dalla Sicilia, Gela, uno dei territori più controversi e contraddittori del Sud: si tratta un progetto che porto avanti per decifrare e comprendere la terra da cui sono andato via. Mi piace sempre citare Bufalino quando penso alla Sicilia e a questo progetto: Capire la Sicilia significa dunque per un siciliano capire se stesso, assolversi o condannarsi.”

Redeo è un progetto ancora in corso di sviluppo.

BIO

foto di Alex Zoboli / Cesura

Giorgio Salimeni nasce a Catania nel 1990. Cresce in Sicilia e dopo la laurea nel 2012 inizia a lavorare come fisioterapista entrando in stretto contatto con la condizione umana di fragilità fisica e mentale. In questo contesto sviluppa l’interesse per la fotografia come mezzo di ricerca e comprensione, fotografando i confini del suo lavoro all’interno di case di cura per anziani.

Nel 2014 si trasferisce dalla Sicilia e inizia la sua formazione fotografica come assistente nello studio del fotografo Magnum Photos Alex Majoli e collaborando con Cesura, di cui diventa membro ufficiale nel 2020.

Continua ad approfondire e sviluppare il linguaggio fotografico attraverso progetti a lungo termine incentrati sulla condizione umana lavorando principalmente in territori che presentano criticità e problemi di sviluppo economico e sociale.