Il caso AstraZeneca è innanzitutto un fallimento comunicativo
Non è ancora chiaro quanto ci sia di scientifico nella sospensione della somministrazione del vaccino di AstraZeneca. Di certo però la decisione avrà gravi ripercussioni sulla fiducia dell’opinione pubblica, dove lo scetticismo vaccinale è già molto diffuso
in copertina, foto Presidenza del Consiglio dei Ministri
Non è ancora chiaro quanto ci sia di scientifico nella sospensione della somministrazione del vaccino di AstraZeneca. Di certo però la decisione avrà gravi ripercussioni sulla fiducia dell’opinione pubblica, dove lo scetticismo vaccinale è già molto diffuso
Quella di ieri sarà una giornata difficile da dimenticare: a catena, tutti i più grandi stati europei hanno deciso di sospendere in via precauzionale l’utilizzo del vaccino di AstraZeneca. Ha iniziato la Germania, seguendo la decisione già presa nei giorni precedenti da altri paesi come Danimarca, Norvegia, Islanda, Paesi Bassi e Irlanda; in seguito, quasi contemporaneamente sono arrivati gli annunci analoghi da parte di Francia, Italia e Spagna.
In Italia la giornata era cominciata con la notizia del sequestro di un lotto del vaccino — quello già sospeso dalla regione Piemonte — su tutto il territorio nazionale, per ordine della procura di Biella. Ma non si immaginava che nel giro di poche ore l’Aifa avrebbe annunciato lo stop totale all’utilizzo del prodotto: fino a due giorni fa, l’Agenzia definiva “ingiustificato” l’allarme sulla sua sicurezza. Ancora ieri sera, il direttore generale Magrini ha rassicurato i cittadini, dicendo che il vaccino “è sicuro.” Ma allora perché sospenderlo?
Il comunicato dell’Aifa, pubblicato con due leggere variazioni mentre il sito dell’Agenzia andava offline per qualche minuto, dice soltanto che la decisione è stata assunta “in linea con analoghi provvedimenti adottati da altri paesi europei,” in attesa di “ulteriori approfondimenti.” Secondo indiscrezioni, la decisione sarebbe arrivata dopo un colloquio tra Draghi e Speranza, che a propria volta ha parlato con i ministri della Salute di Germania, Francia e Spagna. Il comunicato stampa del tedesco Paul-Ehrlich-Institut dà qualche informazione di merito in più, parlando di un “impressionante” (striking nella versione inglese) aumento di una forma rara di trombosi in connessione con piastrinopenia, in “prossimità temporale” con la somministrazione del vaccino AstraZeneca. I dati finora noti non permettono però di individuare una percentuale di eventi avversi superiore alla media della popolazione non vaccinata (o vaccinata con Pfizer/BioNTech), in particolare quelli che arrivano dal Regno Unito, dove l’ente regolatore MHRA ha ribadito che il vaccino è sicuro.
I dati britannici, dove sono state somministrate 11 milioni di dosi di AstraZeneca, riportano risultati rassicuranti — tre decessi in totale, e 45 episodi di trombosi. Un numero che secondo l’autorità di controllo ai medicinali britannica non indica un nesso di causalità — ma semplicemente un allineamento temporale: la mortalità e la morbilità sono statisticamente destinati a crescere mentre si vaccinano sempre piú persone. Contando tutti i casi di sospette reazioni avverse, nei dati del Regno Unito, se ne vedono molte anche tra chi ha ricevuto il vaccino di Pfizer–BioNTech. Quello che potrebbe aver fatto allarmare le autorità europee potrebbe essere però la ristretta finestra di tempo tra le inoculazioni e i casi di trombosi venosa intracranica: i dati sulla popolazione generale con cui viene paragonata l’incidenza tra i vaccinati sono su base annuale, e non in un intervallo temporale di dieci giorni.
Le alternative quindi sono due: o sono emersi nuovi dati che contraddicono quelli attualmente pubblicati, oppure siamo di fronte a una decisione “politica,” presa per arginare il crescente scetticismo nei confronti del vaccino di AstraZeneca dopo le notizie incontrollate su morti e altri effetti collaterali. La palla passa all’EMA, che si riunirà giovedì per prendere una decisione definitiva sui nuovi dati raccolti. Già ieri l’Agenzia ha ripetuto che, mentre le indagini vanno avanti, “i benefici del vaccino di AstraZeneca nel prevenire il Covid-19, con i suoi rischi di ospedalizzazione e decesso, superano i rischi di effetti collaterali.”
È importante sottolineare infatti che anche se si dimostrasse che si tratta di eventi correlati, il tasso di incidenza resterebbe bassissimo, e per questo è probabile che, anche considerata la situazione emergenziale, le autorità confermeranno l’uso del vaccino. È impossibile, infatti, escludere in ogni modo la presenza di rarissimi effetti collaterali in sede di testing, e anche nelle prime distribuzioni di un vaccino: il precedente piú noto è forse quello del vaccino Pandemrix di GlaxoSmithKline, sviluppato per contrastare l’influenza suina da H1N1 del 2009. All’epoca, le autorità svedesi e finlandesi riuscirono poi a dimostrare che con la somministrazione del vaccino fosse coinciso un aumento del rischio di narcolessia: in quel caso l’incidenza era molto maggiore, 1 caso ogni 18.400 dosi, che si traduceva in un aumento di rischio comunque trascurabile. All’epoca per arrivare a una conclusione definitiva sulla correlazione ci vollero quasi due anni, ed è rimasto comunque un argomento di studio intenso anche anni dopo. Insomma, sicuramente la decisione dell’EMA di giovedì sbloccherà l’attuale impasse, ma la vicenda dei possibili effetti collaterali del vaccino di AstraZeneca sicuramente continuerà ancora a lungo.
Il risultato di questo pasticcio comunicativo rischia di essere disastroso in ogni caso: anche se l’EMA — com’è probabile — dovesse ridare una piena approvazione al vaccino, la sospensione, decisa contemporaneamente in quasi tutta Europa dai singoli stati, anche contro il parere della stessa EMA, minerà gravemente la fiducia dell’opinione pubblica, riducendo le adesioni alla campagna vaccinale. C’è poi un effetto più immediato: il rallentamento della campagna in corso, con decine di migliaia di somministrazioni sospese all’ultimo minuto. Ieri di fronte ai centri vaccinali si sono viste code di persone, anche anziane, rimandate a casa subito dopo la decisione dell’Aifa. Da AstraZeneca l’Italia aspetta 40 milioni di dosi entro settembre, di cui 2,9 milioni entro fine marzo. In teoria, se le altre case farmaceutiche non ritarderanno ulteriormente le consegne, l’obiettivo dell’immunità di gregge a settembre sarebbe raggiungibile anche senza il vaccino di Oxford. In base alla durata della sospensione, però, il piano presentato pochi giorni fa dal generale Figliuolo subirà certamente qualche ritardo, soprattutto in queste settimane.
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