Matteo Renzi non ha nulla da dire sul report che collega bin Salman all’omicidio Khashoggi?
Ora che anche la Casa bianca ha preso una posizione così aspra contro il principe saudita, non può continuare a tacere sull’assassinio di Jamal Khashoggi
Da anni Matteo Renzi si vanta della propria collocazione internazionale tra i politici della Terza Via, ma ora che anche la Casa bianca ha preso una posizione così aspra contro il principe saudita, non può continuare a tacere sull’assassinio di Jamal Khashoggi
Dopo lunga attesa, gli Stati Uniti hanno pubblicato ieri il report della direttrice dell’Intelligence nazionale Avril Haines, in cui si collega direttamente Mohammed bin Salman all’assassinio di Jamal Khashoggi. Il report, che alla fine è composto da meno di tre pagine, si apre con una dichiarazione netta: “Crediamo che il principe della corona saudita Mohammed bin Salman abbia approvato un’operazione a Istanbul, in Turchia, per catturare o uccidere il giornalista Jamal Khashoggi.”
Nel report non ci sono rivelazioni degne di nota, che non fossero già emerse dalle ricostruzioni dell’omicidio già pubblicate negli ultimi due anni. Ci si limita a riportare uno schema di quattro punti che, secondo l’intelligence statunitense, rende innegabile il coinvolgimento di bin Salman:
- L’“ambiente di lavoro” attorno al principe, tra arresti e licenziamenti, difficilmente rende credibile che una missione del genere sia partita senza il suo ordine;
- Tra i 15 membri della squadra che è arrivata a Istanbul il 2 ottobre 2018 erano presenti anche funzionari legati al Centro saudita per gli Studi e gli Affari sui Media, allora guidato da Saud al-Qahtani, noto per aver dichiarato che non prendeva nessuna decisione senza consultarsi con Mohammed bin Salman;
- Tra i membri della squadra erano presenti anche 7 agenti d’elite della scorta personale di Mohammed bin Salman, nota come la Forza di intervento rapido. Parte della Guardia reale saudita, la Forza di intervento rapido esiste solo per proteggere il principe, risponde solo a lui, e in passato era già stata mobilitata in operazioni di soppressione di dissidenti. Certamente 7 membri non si sarebbero recati in Turchia senza il consenso di bin Salman;
- Il principe riteneva personalmente che Khashoggi fosse una minaccia per il regno saudita, ed era d’accordo nell’usare la forza per farlo tacere.
Il dato di fatto è un altro: la presa di posizione dell’amministrazione Biden è uno sforzo di politica estera tanto quanto di politica interna — serve a dimostrare una netta discontinuità con l’amministrazione Trump, che di fatto si era resa complice del principe della corona saudita.
In Italia, invece, la pubblicazione del report rimette naturalmente in discussione la posizione di Matteo Renzi, che nelle scorse settimane, dopo la propria partecipazione a una convention saudita, con tanto di video promozionale in compagnia dello stesso bin Salman, ha speso parole molto elogiative nei confronti della monarchia saudita, definendola, in un’intervista per il Corriere della Sera, un “baluardo contro l’estremismo islamico” e “la forza politica ed economica più importante dell’area.”
In seguito alla pioggia di critiche, Renzi aveva detto che avrebbe risposto volentieri a tutte le domande sui propri rapporti con il regime saudita, ma soltanto dopo la conclusione della crisi di governo da lui stesso aperta. Ora la crisi di governo è conclusa, ma neanche dopo la pubblicazione del report dell’intelligence il senatore di Italia Viva sembra avere intenzione di pronunciarsi in merito: in queste ore su Facebook preferisce parlare di quanto è stato bello il Jobs Act.
Parlando su Twitter con l’ex europarlamentare Daniele Viotti, ieri sera Ivan Scalfarotto ha spiegato che tirare in ballo Matteo Renzi per i propri rapporti con l’Arabia Saudita è “una fissazione” — come sempre i fedelissimi del leader di Italia Viva disegnano un nemico invisibile la cui intera “iniziativa si esaurisce nella critica a Renzi.”
Certo, Scalfarotto ha ragione: le critiche a Renzi, un ex presidente del Consiglio, attuale senatore in commissione Difesa, che partecipa agli eventi di maquillage di un principe accusato di essere il mandante dell’omicidio di un giornalista, non sono nuove, e la pubblicazione del report della direttrice dell’Intelligence nazionale Avril Haines non cambia molto la realtà dei fatti.
Il documento però non si limita a collegare il principe all’omicidio del giornalista: è stato accompagnato anche dalla pubblicazione di una nuova “Khashoggi policy,” che prevede sanzioni sui visti di persone che, su ordini di governi esteri, dovessero partecipare ad operazioni per silenziare il dissenso — si citano non solo minacce e molestie, ma anche azioni di spionaggio. La misura è già scattata contro 76 cittadini sauditi — oltre a una serie di sanzioni scattate attraverso il Tesoro statunitense contro Ahmad Hassan Mohammed al Asiri, l’ex vicecapo dell’intelligence saudita, che sarebbe stato “assegnato” all’omicidio.
Parlando con NPR, Avril Haines ha commentato la pubblicazione dicendo che “certamente non renderà le cose più facili” nei rapporti tra Stati Uniti e Arabia Saudita. In un comunicato stampa, il segretario di Stato Blinken ha spiegato che la pubblicazione non vuole chiudere i rapporti con l’Arabia Saudita, ma che segnala un profondo cambio di orientamento: “Gli Stati Uniti rimangono coinvolti in una relazione con l’Arabia Saudita, ma il presidente Biden ha reso chiaro che questo rapporto deve riflettere i valori statunitensi. A questo scopo, abbiamo reso completamente chiaro che le minacce e le aggressioni extraterritoriali da parte dell’Arabia Saudita contro attivisti, dissidenti e giornalisti devono finire. Non saranno tollerate dagli Stati Uniti.”
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Insomma: Matteo Renzi non deve rispondere di cosa pensa delle accuse a Bin Salman — che evidentemente non reputa importanti quanto la sua paga — ma deve dare una risposta molto più complessa e da cui non può salvarsi borbottando falsità sul “baluardo contro l’estremismo.” Sempre durante la crisi che ha portato alla formazione del governo Draghi, il senatore di Firenze ha fatto un intervento a mani giunte, chiedendo al governo di “evitare di dirci” che “l’agenda di Biden è la vostra agenda dopo aver detto che lo era anche quella di Trump.” Eppure, su questo fronte, è Matteo Renzi ad essere perfettamente allineato con l’amministrazione del bancarottiere di New York, che ancora lo scorso settembre si era vantato, parlando con Bob Woodward, di aver “salvato il culo” a bin Salman. La conferenza a cui Renzi ha preso parte fa parte della stessa agenda internazionale, che tra render futuribili e ville di lusso e stipendi mensili regalati ai figli di Khashoggi mira a controllare completamente la narrazione su un paese che non solo assassina giornalisti, ma, tra le altre cose, condanna per terrorismo le attiviste femministe, ed è direttamente responsabile della più grave crisi umanitaria del mondo.
Tutte queste colpe non sono rilevanti per Renzi — ma la sua collocazione tra i “grandi nomi” della Terza via, invece, sì. Lo scorso novembre il senatore aveva scritto un temino per Repubblica, in cui esultava non solo per la vittoria di Biden, perché “si vince dal centro” — “con AOC si vince il collegio di New York, con Biden si vince la Casa Bianca” — ma anche per la performance di Starmer alla guida dei Laburisti britannici, che per coincidenza dal giorno successivo alla pubblicazione del pezzo di Renzi ha iniziato a sprofondare nei sondaggi.
Renzi tiene molto a questa collocazione — ed è probabilmente il vero motivo per cui ha deciso di aggredire la leadership di Conte, che rischiava di imporsi come unico vero nome attorno a cui potevano confluire le forze non–sovraniste del paese. Ora, con Conte sospeso nel vuoto politico, Renzi può tornare a fantasticare di creare un “grande centro” — di cui presumibilmente ambisce ad essere il leader. Ma se Renzi è così affezionato alla Terza via e all’amicizia con Biden, dovrà presto decidere cosa fare dei propri rapporti con bin Salman.
EDIT 27/02/2021 22:00 — Matteo Renzi ha pubblicato sul proprio sito una sorta di autointervista per rispondere a chi l’ha accusato di essere rimasto in silenzio riguardo al caso Khashoggi. Nel testo ribadisce i propri elogi nei confronti dell’Arabia Saudita, ammettendo che sui diritti umani c’è la necessità di “fare di più,” nonostante i passi avanti che Renzi attribuisce al regime di bin Salman. Sull’omicidio di Jamal Khashoggi, nello specifico, dice: “Ho condannato già tre anni fa quel tragico evento e l’ho fatto anche nelle interviste sopra riportate, su tutti i giornali del mondo. Difendere i giornalisti in pericolo di vita è un dovere per tutti.”
In copertina: Renzi se la ride con Biden, via Facebook.