foto: Marta Clinco / the Submarine, Alex Zoboli / Cesura
testi: Marta Clinco, Alex Zoboli, Stefano Colombo, Sebastian Bendinelli
cover: Intervento notturno di assistenza ai senzatetto della Croce Rossa Italiana in zona San Pietro. Roma, aprile 2020. Marta Clinco / The Submarine
Un anno dopo, torniamo sul “ground zero” della pandemia in Italia, mentre la crisi di governo e la nuova coalizione lasciano grandi interrogativi sulla futura gestione delle misure anticontagio
A fine febbraio 2020, esattamente un anno fa, è stata dichiarata la prima zona rossa in Italia. Codogno, piccolo comune che conta poche migliaia di abitanti, era isolato dal resto del Paese, una situazione surreale che si sarebbe poi ripetuta a catena in tutte le regioni settentrionali fino a coinvolgere l’intera penisola.
Fino a marzo dello scorso anno, la città di Bergamo in Nord Italia era stata nota ai turisti per la sua bellezza e il suo patrimonio architettonico; nell’universo imprenditoriale, come luogo in cui le attività produttive e il lavoro non si fermavano mai; agli appassionati di calcio per il sorprendente posizionamento della sua Atalanta BC nella Champions League della scorsa stagione.
Ora il mondo ha dovuto conoscere Bergamo per quello che potremmo definire il Coronavirus Ground Zero: la città dove a un certo punto, tra marzo e aprile 2020, il Covid–19 avrebbe causato più morti in percentuale alla popolazione che in qualsiasi altra parte del mondo, e dove – in immagini destinate a diventare drammaticamente note – le bare venivano trasportate in convogli di camion militari dell’Esercito Italiano dai cimiteri della Val Seriana ai forni crematori di tutto il nord e il centro Italia. Bergamo è stata la prima città e quella più duramente colpita in breve tempo dal Coronavirus nel mondo occidentale.
Marta Clinco (the Submarine) e Alex Zoboli (Cesura) hanno documentato ciò che accadeva a Bergamo e dintorni durante la prima fase della pandemia, affrontando la difficoltà di raccontare la guerra a un nemico sconosciuto e invisibile e letale, cercando poi di analizzare, descrivere e infine restituire l’incontro di un’intera comunità con la morte – il suo dolore, i suoi lutti, la resilienza, la resistenza: i rituali di lutto, distorti e del tutto banditi durante il periodo della pandemia, hanno lasciato molte famiglie abbandonate e incapaci di trovare conclusione a un capitolo estremamente traumatico della loro vita.
Da lì, a inizio aprile, sono partiti per un viaggio lungo tutta la penisola, per documentare l’Italia in lockdown e il tentativo di elaborazione di un lutto collettivo.
FOREVER UNPREPARED*
COVID GROUND ZERO
Il 23 febbraio viene scoperto il primo caso in provincia di Bergamo. Quel giorno accade anche uno dei fatti più rilevanti e controversi dell’intera gestione della pandemia: la chiusura e poi la successiva riapertura del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo. Un episodio che probabilmente ha contribuito alla diffusione del virus nella struttura sanitaria e poi in tutta la provincia, trasformando la val Seriana in uno dei territori più colpiti al mondo. Il caso, tra i tanti, è al centro delle indagini della procura di Bergamo: già lo scorso ottobre gli inquirenti hanno iscritto sul registro degli indagati Luigi Cajazzo, ex direttore generale della sanità lombarda, allora guidata dall’ex assessore al Welfare Giulio Gallera. Il sospetto che la mancata imposizione di una zona rossa sull’area, come era stato fatto per limitare i danni nel lodigiano, fosse dovuta alle pressioni delle imprese localie all’avallo dell’amministrazione regionale pesa ancora sulla ricostruzione di quei primi giorni. È stato forse il primo caso del conflitto implicito tra salute e guadagno che ha attraversato tutta la gestione della pandemia — fino ad oggi, tra polemiche sulla riapertura delle piste da sci e richieste di “danni” da parte di regioni come la Lombardia per le troppe chiusure.
Anche oggi, infatti, i provvedimenti per contrastare il contagio vengono presi dopo discussioni e compromessi tra le ragioni economiche e quelle sanitarie. Ieri sera si è svolto il primo vertice tra il nuovo governo e le regioni, che si sono accordati per prorogare di 30 giorni — quindi fino al 27 marzo — il divieto di spostamento interregionale, in scadenza il 25 febbraio. I governatori regionali hanno presentato però anche la bozza di un documento per chiedere una revisione dei parametri che regolano il sistema “a zone” e un “cambio di passo” sui vaccini. A proposito di vaccini, è stata raggiunta un’intesa anche sul protocollo che coinvolge i medici di medicina generale nella campagna di vaccinazione.
A Codogno ieri è stato inaugurato un memoriale per ricordare le vittime del Covid-19, a un anno esatto dalla scoperta del primo caso nel piccolo comune della bassa lodigiana. Il memoriale consiste in un semplice monumento posto davanti alla sede locale della Croce Rossa. All’inaugurazione erano presenti molti sindaci della zona compreso, ovviamente, quello di Codogno, che ha invitato i propri concittadini a “stringere i denti” per l’ultimo sforzo, in attesa del vaccino per tutti. In una delle rotatorie di accesso a Vo’ Euganeo, l’altro piccolo comune in provincia di Padova diventato celebre per i primi casi di Covid scoperti dopo quelli di Codogno, è stato piantato invece un ulivo commemorativo. “Sgomenti ci siamo ritrovati a essere la prima zona rossa d’Italia, chiusa da un cordone sanitario che ci ha certamente permesso di contenere il contagio, ma sicuramente senza il nostro forte senso di responsabilità a nulla sarebbe valso quel periodo di chiusura totale. È stato un anno veramente difficile sia dal punto di vista sociale che economico,” ha commentato il sindaco Giuliano Martini.
A Codogno non era presente invece Mattia Maestri, il cosiddetto paziente 1, che nelle poche dichiarazioni pubbliche rilasciate in occasione della ricorrenza ha sostenuto di voler “solo dimenticare” — ma ricordando anche al Corriere di essere “la prima persona in Italia a cui il Covid è stato diagnosticato. Non il primo infetto.” La data di ieri infatti è stata scelta in occasione del riscontro positivo del suo tampone all’ospedale di Codogno, il primo in Italia, ma è ancora aperto il dibattito su quando sia davvero arrivato il virus in Italia. Tra il 20 e il 24 febbraio, nel territorio della bassa lodigiana, si è passati velocemente da 0 a 200 casi positivi accertati: a distanza di un anno ci si può chiedere se la diffusione del Covid in quei giorni non sia stata facilitata dalla mancanza di strumenti forniti dalle autorità sanitarie, dalle regole non adatte nell’affrontare una pandemia e dall’impreparazione generale.
Oggi
Rispetto a un anno fa sono cambiate però molte cose, a cominciare dal governo: la gestione della pandemia, per quanto discutibile in molti aspetti, ha portato Conte ad essere il politico più popolare del paese — e questa è una delle ragioni che hanno portato al suo assassinio politico da parte di Renzi. La fine del primo anno di pandemia ha visto l’arrivo sulla scena di un politico additato come salvatore della patria dalla maggior parte dei media e soprattutto del ritorno al governo di Matteo Salvini: un ritorno che nelle ultime ore ha acquisito ancora maggior peso, dato che le spaccature e le espulsioni del Movimento 5 Stelle rendono sempre più decisivo il ruolo della Lega nella maggioranza. Ieri Salvini ha chiesto a Draghi di licenziare Domenico Arcuri, un altro tra i protagonisti di quest’anno, sostenendo che “ha fallito” e chiedendo anche uno stop “agli annunci che seminano paura.”
Il governo deve oggi fare i conti con una situazione pandemica ancora grave: il sistema sanitario è più preparato a gestire il Covid di un anno fa, ma è tenuto sotto costante pressione da un numero di casi che non è mai sceso sotto la soglia di guardia dopo l’estate e soprattutto dal diffondersi delle varianti, che potrebbero nelle prossime settimane rendere la situazione del paese sempre più precaria. Ieri si sono registrati 13.452 nuovi casi, a fronte di circa 250 mila tamponi, con 31 letti occupati in più e 132 ingressi in terapia intensiva. E, ancora, 232 decessi.
Perché Forever Unprepared
L’editoriale di The Lancet del dicembre 2003 “Aftermath of an outbreak”, “Conseguenze di un focolaio”, dopo l’emergenza SARS affermava che in fondo, di fronte a un’epidemia, saremo probabilmente sempre “forever unprepared”: “Until now, plagues were something from our past, from a time before antibiotics and vaccines. SARS quickly whipped our normal routines and patterns of health-care delivery into a frenzy. It caught us off guard, unsuspecting, unprepared. We scrambled desperately to contain its spread, to match it move for move. In the beginning we were overwhelmed by the numbers falling ill, by the severity of their clinical presentation, and we were disadvantaged by our lack of firm information about the virus. Workers who staffed our emergency rooms and intensive-care units fell suddenly ill, they needed care, and were no longer able to give it. If SARS returns—and I believe it will—we must become accustomed to seeing our colleagues in hospital, on respirators, alongside their patients.”
FOTO
Marta Clinco (Milano, 1992), uno dei fondatori di The Submarine, è una fotogiornalista freelance. Collabora con quotidiani e magazine nazionali e internazionali. Si occupa di tematiche sociali ed economiche, concentrandosi su crisi migratoria, politica britannica e conflitto nordirlandese. Nel corso dell’ultimo anno ha documentato l’emergenza Covid-19 in Italia, attraversandola da Nord a Sud.
Alessandro Zoboli (Guastalla, 1990) si è diplomato presso l’Istituto Italiano di Fotografia nel 2014. Tra il 2015 e il 2019 ha lavorato nello studio del fotografo Alex Majoli (Magnum Photos) come assistente, perfezionando le sue capacità di fotografo, stampatore e post-producer. Nel 2020 è entrato a far parte del collettivo indipendente Cesura come fotografo. Negli ultimi anni ha lavorato a differenti progetti a lungo termine, principalmente in Algeria e Regno Unito, concentrandosi sulle dinamiche di convivenza interne alle comunità, sulle relazioni tra i membri e con il territorio stesso. Nel corso dell’ultimo anno ha documentato l’emergenza Covid-19 in Italia, attraversandola da Nord a Sud.