in copertina, foto via Twitter
La vittoria di Joe Biden è stata certificata dal Congresso, ma gli Stati Uniti non possono tornare alla normalità dopo gli eventi di ieri. Cosa è successo tra i ranghi della polizia di Washington?
Dopo una notte di lavoro febbrile — mentre pubblichiamo sono le quattro di notte — il Congresso ha certificato la vittoria di Joe Biden, che sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti, e Trump ha dichiarato che ci sarà una transizione tranquilla verso la nuova presidenza — anche se continua a sostenere che ci siano stati brogli, di cui finora non è stato in grado di produrre alcuna prova.
La tentazione di molti commentatori e politici, nelle prossime ore, sarà di minimizzare gli eventi senza precedenti della scorsa giornata, perché, a conti fatti, non avranno prodotto conseguenze. Al contrario: gli Stati Uniti hanno appena attraversato un evento spartiacque, dopo il quale non sarà più possibile tornare alla normalità precedente. Se non ci saranno conseguenze politiche e giuridiche sugli eventi di ieri, inevitabilmente, assisteremo a eventi ancora più estremi, perché la strategia della tensione, accelerazionista o no, porta per forza a queste conclusioni. Per questo è fondamentale individuare non solo le responsabilità individuali di chi era al Campidoglio a rompere le finestre, ma anche chi ha reso possibile che un evento del genere avesse luogo. Nello specifico, Donald Trump, e la polizia di Washington.
Cosa diavolo è successo ieri
In tarda mattinata alcune migliaia di sostenitori di Trump sono riusciti a superare le quattro barriere che avrebbero dovuto proteggere il Campidoglio, e anche grazie alla collaborazione della polizia hanno raggiunto l’edificio. Nelle ore successive si sono susseguite immagini assurde e gravissime — come la bandiera confederata agitata per la prima volta nella Storia nel Campidoglio — anche grazie a molti sostenitori di Trump e neo–nazisti che hanno fatto livestreaming dell’assalto. Alla fine della giornata, hanno perso la vita quattro persone — una donna, raggiunta da un colpo di arma da fuoco sparato da un agente di polizia, e che ora i sostenitori di Trump stanno inquadrando come una martire della causa, e altre tre persone, in seguito ad emergenze mediche emerse durante l’assedio — al termine del quale la stragrande maggioranza dei partecipanti ha potuto andarsene liberamente. Alla fine di una giornata violentissima, la polizia ha arrestato infatti solo 52 persone. Non intendiamo dire che la polizia dovrebbe reprimere o arrestare di più, ma il confronto con, ad esempio, le proteste per la nomina alla Corte suprema di Brett Kavanaugh — durante le quali furono arrestate più 300 persone che avevano manifestato pacificamente — dipinge una situazione in cui bisogna constatare quasi l’adesione delle forze di sicurezza all’assalto alle istituzioni democratiche del paese.
Il ruolo della polizia
Quasi quanto le scene alla scuola Diaz di Genova al G8 del 2001 per lo stato italiano, i fatti e le testimonianze di ieri hanno evidenziato come mai prima d’ora che una parte delle forze dell’ordine, che dovrebbero in ultima analisi preservare la democrazia liberale, sono invece più vicine a posizioni esplicitamente legate all’eversione di destra e al disprezzo della democrazia stessa — e hanno mostrato a tutto il mondo che queste forze sono ben radicate nel corpo dell’amministrazione del paese. L’immagine forse più emblematica di quanto successo è il momento esatto in cui, per motivi tuttora da chiarire, alcuni agenti che avrebbero dovuto impedire l’ingresso dei manifestanti nel Campidoglio non solo non hanno svolto il loro dovere, ma hanno addirittura fisicamente aperto le barriere che separavano gli estremisti dall’edificio.
Una mossa che, oltre a essere eversiva, ha anche dei risvolti intimidatori: con che animo i parlamentari progressisti o membri di minoranze etniche entreranno in Campidoglio sapendo che chi li avrebbe dovuti proteggere era disposto a scatenargli contro la folla? Sono circolate anche immagini che sembrano indicare che alcuni squadristi sarebbero entrati nell’edificio con delle fascette per legare le mani ad alcune persone, lasciando pensare che una parte di loro sarebbe stata intenzionata a prendere degli ostaggi.
https://twitter.com/cevansavenger/status/1346920924310867968
In seguito al tragico omicidio di George Floyd e alla sollevazione di massa per i diritti civili che ha attraversato gli Stati Uniti la scorsa estate, il problema delle infiltrazioni di estrema destra nelle forze dell’ordine statunitensi è oggi noto e ben analizzato. In particolare, un report del Brennan Center for Justice ha documentato una diffusione allarmante di collegamenti tra la polizia e le milizie suprematiste bianche, in Alabama, California, Connecticut, Florida, Illinois, Louisiana, Michigan, Nebraska, Oklahoma, Oregon, Texas, Virginia e West Virginia. E a Washington. Due anni fa il Guardian aveva ospitato un editoriale raggelante dell’ex agente speciale dell’FBI Michael German, che aveva spiegato accuratamente come l’agenzia potrebbe vigilare sul terrorismo di estrema destra nel paese — ci sono 52 leggi federali sul terrorismo negli Stati Uniti — ma semplicemente non si perseguono le piste sul suprematismo bianco per scelta.
Cops are taking selfies with the terrorists. pic.twitter.com/EjkQ83h1p2
— Timothy Burke (@bubbaprog) January 6, 2021
Come hanno commentato in molti, anche nell’NBA, gli eventi a cui abbiamo assistito ieri sono il simbolo perfetto del privilegio degli uomini bianchi — a cui è concesso mettere a ferro e fuoco la capitale, quando le proteste di afrodiscendenti, donne e minoranze sono trattate in modo drasticamente diverso. Facendo un passo successivo al discorso sull’infiltrazione dell’estrema destra nella polizia, si tratta di una crisi istituzionale profonda: il suprematismo bianco non è perseguito perché non costituisce una minaccia al regime vigente negli Stati Uniti, e quindi ne risulta legittimato.
I’ve covered a lot of weird stuff in DC but never seen this much law enforcement presence and so little law enforcement control of a situation pic.twitter.com/yhxIdQsHz6
— Garrett Haake (@GarrettHaake) January 6, 2021
Donald Trump, il capo dei terroristi
Mentre il Campidoglio era sotto scacco, la Casa bianca era nel caos: Trump si è inizialmente rifiutato di chiedere l’attivazione della Guardia nazionale contro le proprie squadracce, ed è dovuto intervenire Pence, che però non ha il potere di farlo. Al momento, non è chiaro cosa sia successo per rompere in modo così drastico la catena del comando, ma da quello che Trump twittava in quei momenti è evidente che il presidente provasse forte simpatia per l’insurrezione. Poco dopo il discorso di Biden — in cui il presidente eletto aveva chiesto al proprio predecessore di parlare alla nazione e chiedere ai suoi sostenitori di ritirarsi dal Campidoglio — Trump ha pubblicato un breve video sui social network, che è stato poi cancellato perché incitava alla violenza, in cui chiedeva sì di rimanere pacifici e “tornare a casa,” ma simpatizzava apertamente con i violenti, dicendo che “capiva il loro dolore,” e che “gli voleva bene.” Dopo ore di tensioni interne, alla fine Facebook e Twitter hanno messo la museruola al presidente: su Facebook la pagina di Trump non potrà postare per 24 ore, mentre su Twitter l’account ha ricevuto un blocco di 12 ore, con la possibilità di essere esteso. Su the Verge, Casey Newton ha pubblicato un editoriale spiegando come il dibattito si sia esaurito da solo, e adesso le aziende debbano semplicemente togliere a Trump le proprie piattaforme.
Alla fine i miliziani hanno lasciato il Campidoglio, ed è potuto ricominciare il lavoro di certificazione delle elezioni. Nonostante le scene scandalose delle ore precedenti, molti repubblicani stanno procedendo con i propri piani di opporsi alla ratificazione del risultato elettorale. Mentre scriviamo, ormai in piena notte a Washington, i lavori continuano. I repubblicani al Senato, forse anche in seguito al duro discorso di McConnell di inizio giornata, non stanno dando molta corda alle azioni più apertamente golpiste dei propri colleghi alla Camera. Tra gli altri, si è distinta la senatrice Loeffler, che è appena uscita sconfitta dal ballottaggio in Georgia, e che in un breve intervento ha detto chiaramente che gli eventi della giornata l’hanno portata a decidere di non contestare il risultato elettorale. Potete seguire gli sviluppi del voto notturno nel liveblog del Guardian. La seduta è turbolenta. Intorno alle 8 ore italiane si sarebbe arrivati vicino alla rissa in aula, dopo che i repubblicani avrebbero provato a zittire la senatrice democratica della Pennsylvania Conor Lamb — secondo cui “queste obiezioni non meritano un briciolo di rispetto. Una donna è morta stasera” — e i democratici sarebbero accorsi in sua difesa. Intanto, il partito repubblicano sta già cercando di trovare “spiegazioni alternative” ai fatti: il deputato Matt Gaetz ha già messo le mani avanti sostenendo che gli squadristi entrati nel palazzo non sarebbero stati trumpiani, ma “membri del violento gruppo terroristico Antifa mascherati da sostenitori di Trump.”
Ma come si torna alla normalità dopo quello che è successo? Che cosa ci si può aspettare nei prossimi quindici giorni da Trump e dal resto del suo partito? I democratici della Camera stanno chiedendo a Pence di invocare il 25esimo emendamento, dichiarando che Trump sia “inabile” a governare, per aver incitato le violenze che hanno consumato la capitale, e Ilhan Omar ha annunciato che sta stilando nuovi articoli di impeachment per il presidente, che deve essere rimosso dal proprio posto per “preservare la Repubblica.” Nelle scorse ore si sono rincorsi retroscena che parlavano di dimissioni di massa nello staff della Casa bianca, con grosse pressioni per aspettare almeno qualche giorno prima di lasciare. Alla fine tre membri dello staff hanno effettivamente presentato le proprie dimissioni, tra cui la capa dello staff della First Lady Stephanie Grisham.
Gli amici dei golpisti in Italia
Dall’Italia, come al solito, i fatti di ieri sono stati coperti e commentati in modo spesso superficiale, quando non addirittura stupefacente. Bisogna segnalare purtroppo che sul sito di Repubblica fino a tarda notte, quando era già chiara l’entità di quanto successo e si era già registrata la prima vittima, definiva ancora le squadre golpiste “fan” di Trump, come se fosse una folla accorsa per un concerto o una firma di autografi. In modo ancora più inquietante, per la copertura dei fatti la testata ha utilizzato come fonte anche “Radio Savana,” un account twitter italiano xenofobo e di aperta disinformazione trumpiana. Tra la politica invece, oltre alle dichiarazioni di sdegno arrivate dai partiti di governo e da politici di opposizione — come Giovanni Toti, che ha dichiarato che avrebbe votato Trump ma avrebbe commesso un errore — vanno segnalate le dichiarazioni di Giorgia Meloni, che ha per l’ennesima volta confermato la sua fedeltà al Presidente Trump anche quando questo stava dicendo ai golpisti che gli voleva bene — d’altronde tra estremisti di destra ci si può capire:
Seguo con grande attenzione e apprensione quanto sta accadendo negli Stati Uniti, mi auguro che le violenze cessino subito come chiesto dal Presidente Trump. In questi momenti serve grande prudenza e serietà. Mi auguro che la situazione possa tornare al più presto alla normalità.
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) January 6, 2021
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