Un nuovo governo Conte, il ministero della Difesa, o addirittura il posto da segretario generale della NATO: tra CIAO e GOAL, le confuse ambizioni personali del leader di Italia Viva tengono il governo sull’orlo della crisi
Nell’ultimo mese, il segretario di Italia Viva Matteo Renzi è stato protagonista di una campagna mediatica senza quartiere contro il governo di cui fa parte il suo stesso partito, tanto da far temere per una rottura della maggioranza che appoggia l’esecutivo di Giuseppe Conte. Ma quali sono realmente le sue intenzioni? Farà davvero cadere il governo? È difficile rispondere con certezza a queste domande, ma si può provare a ricostruire da dove parte la sua azione e quali sono i suoi possibili sbocchi.
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Al centro dei dissapori tra Italia Viva e il resto della maggioranza c’è il cosiddetto Recovery Fund, o Next Generation EU, lo strumento varato dalla Commissione europea per sostenere gli stati membri di fronte alla crisi economica causata dalla pandemia. Per l’Italia si traduce in circa 209 miliardi di euro di aiuti, che il governo intende spendere seguendo le direttrici di un piano nazionale di investimenti che non è stato ancora del tutto definito, ma di cui circolano da settimane diverse bozze. Proprio su questo piano si sono concentrati gli ultimi attacchi di Renzi: ieri durante una conferenza stampa al Senato il segretario di Italia viva ha detto che il piano “manca di ambizione” ed è “senz’anima.” Oltre alla destinazione dei fondi europei, Renzi contesta a Conte anche l’approccio alla loro gestione. Anzi, inizialmente i suoi attacchi si sono concentrati soprattutto su questo aspetto.
Tutto è cominciato con un’intervista rilasciata dal capo del governo a Repubblica lo scorso 4 dicembre. In quei giorni il principale argomento di discussione all’interno dell’esecutivo era l’approvazione della riforma del Mes, tra i dubbi del Movimento 5 Stelle, e l’intervista trattava principalmente di questo. Contemporaneamente, però, Conte aveva dato al direttore Matteo Molinari anche alcune indicazioni su quali fossero le sue idee per creare la “cabina di regia” che avrebbe dovuto gestire le risorse del Recovery Fund, di cui avrebbero dovuto far parte, oltre allo stesso Conte, i ministri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, mentre la “supervisione tecnica” sarebbe stata affidata a “sei manager, assistiti da uno staff dotato delle necessarie competenze professionali.”
Italia Viva aveva digerito malissimo questa intervista, sostenendo di aver appreso dei progetti di Conte sul Recovery Fund dalle pagine del quotidiano della famiglia Agnelli. Nei giorni successivi erano cominciate le critiche da Renzi a Conte: il partito si era sentito escluso dal processo decisionale su uno dei passaggi cruciali della risposta alla pandemia. Conte è infatti accusato — non solo da Iv, ma anche dal Pd e dal suo stesso partito— di prendere troppe decisioni consultando solo tecnici e membri del governo, senza confrontarsi con le forze dei partiti in Parlamento.
Durante la discussione parlamentare sull’approvazione della riforma del Mes il 9 dicembre, Renzi aveva attaccatocon forza Conte sull’argomento, riuscendo a far passare in secondo piano anche il delicato ordine del giorno. Durante il suo intervento, Renzi aveva minacciato di votare contro la legge di bilancio se fosse stato inserito dal governoun emendamento sulla governance del Recovery Fund.
Nonostante l’atteggiamento di Renzi possa apparire sconcertante, sul merito della questione “cabina di regia” la sua posizione era piuttosto solida. Il piano originale di Conte di affidare la materia solo a una “task force” di esperti, in linea con la gestione della pandemia fino ad ora, scavalcando così di fatto il Parlamento e le forze di maggioranza, aveva sollevato anche dubbi di costituzionalità: non è ad esempio ben chiaro a chi avrebbe dovuto rispondere una struttura simile, e quale responsabilità politica avrebbero questi tecnici.
Alla fine lo stesso Conte ha lasciato cadere l’idea dei sei “supermanager” e una settimana fa ha incontrato la delegazione di Italia Viva (senza Renzi), appianando almeno ufficialmente la crisi — e infatti il partito di Renzi non ha posto ostacoli, in questi giorni, all’approvazione della legge di bilancio, che dovrebbe avere il via libera definitivo tra oggi e domani. Ma gli attacchi di Renzi non si sono fermati: è difficile credere infatti che l’ex sindaco di Firenze abbia deciso di battere sulla questione del Recovery Fund unicamente per ragioni idealistiche o di spirito democratico. Tant’è vero che l’obiettivo dei suoi attacchi, nell’ultimo mese, è scivolato dalla cabina di regia al piano stesso presentato da Conte per investire i soldi in arrivo dall’Europa.
Si arriva così alla giornata di ieri. Durante la conferenza al Senato Renzi ha minacciato che se il governo non ascolterà le sue proposte le ministre di Italia Viva Bonetti e Bellanova sono pronte a dimettersi. Le proposte sono 61, e sono riassumibili nell’acronimo CIAO: “Cultura, infrastrutture, ambiente e opportunità.” Alla domanda di un giornalista che chiedeva se questo è un CIAO a Conte, Renzi ha prontamente risposto “Avevamo pensato anche a un altro acronimo, GOAL, per indicare giovani, opportunità, ambiente e lavoro.” Le discutibili scelte lessicali del segretario di Iv hanno dato origine a un largo coro di meme e commenti su internet — dato che ricorda il celebre “ciaone” lanciato dal renziano Ernesto Carbone nel 2016 per deridere i cittadini che avevano scelto di votare al referendum contro le nuove trivellazioni (che non raggiunse il quorum).
Sigle buffe a parte, quali sono a questo punto gli obiettivi di Renzi? Secondo alcuni osservatori, Renzi potrebbe mirare non più a eliminare del tutto Conte dalla scena politica — un progetto che sembra quasi impossibile al momento — ma almeno ad ottenere un nuovo governo Conte in cui il potere del Primo ministro sia ridimensionato, in una sorta di “rimpasto forzato”: un piano che potrebbe piacere anche al Partito democratico, stufo del decisionismo e della grande esposizione mediatica del premier.
Questo piano potrebbe essere rischioso ma realisticamente attuabile nella cornice della democrazia parlamentare italiana — e forse si tratta dell’obiettivo più logico che l’ex premier potrebbe proporsi di raggiungere. Ma non è l’unica ipotesi sul tavolo: secondo diverse fonti, il mese scorso, Renzi avrebbe avuto in mente di far cadere il governo Conte per crearne un altro con la stessa maggioranza, o con una poco diversa, da affidare a Luigi Di Maio; un governo in cui a lui spetterebbe la posizione di ministro della Difesa, da utilizzare come “trampolino di lancio” nientemeno per diventare segretario generale della Nato, in virtù di una mezza promessa che gli avrebbe fatto Barack Obama.
Se l’idea di rimuovere del tutto Conte sembra essere stata scartata, l’obiettivo di pretendere per sé il ministero della Difesa potrebbe essere ancora in campo. I prossimi giorni saranno fondamentali per vedere come si evolverà la situazione: gli scenari possibili vanno dalla risoluzione del tutto nello scoppio di una bolla di sapone a una vera e propria crisi di governo. La minaccia di ritirare le proprie ministre dal governo non può durare a lungo, e entro la fine delle feste dovrà essere o fatta cadere nel dimenticatoio o messa in atto. La scommessa di Renzi, in sostanza, è riuscire a interrompere questo governo per poi essere uno dei principali patroni di quello nuovo, sempre a guida Conte, riuscendo a non far precipitare la situazione così tanto da causare elezioni anticipate.
Per i suoi progetti di conquista di potere, però, Renzi non deve fare i conti solo con Conte, ma anche con la realtà: e la realtà è una situazione parlamentare delicata. La maggioranza del governo, infatti, è piuttosto risicata: soprattutto al Senato, come si è visto durante il voto sul Mes — quando ci si chiedeva quale singolo parlamentare grillino avrebbe votato a favore della riforma e quale no. I giochi di palazzo di Renzi sarebbero stati placati già una volta, nei giorni scorsi, da indicazioni di Mattarella, che secondo Affari Italiani vorrebbe che il governo arrivasse almeno alla prossima estate, in modo da scollinare il grosso della campagna vaccinale e l’avvio delle campagne di investimenti.
Se Renzi riuscirà nel suo intento, potremmo trovarci con un governo tutto sommato simile a questo, con un ruolo di maggiore rilevanza per Italia Viva. Nel peggiore degli scenari possibili, invece, si tornerà alle urne, dove il risultato sembra già scontato: una vittoria del centrodestra a guida Meloni-Salvini. E per quanto riguarda Renzi, la sparizione di fatto del suo partito e del suo progetto politico, che nei sondaggi oggi viaggia ormai al di sotto del 3%, rendendo ipotizzabile il suo non raggiungimento della soglia di sbarramento — oggi prevista proprio al 3%. In questo scenario, il polverone sollevato da Renzi sembra soprattutto un suo ultimo, arrembante tentativo di sembrare rilevante.
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