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in copertina, foto ministero della Salute

Come ci si è trovati in una situazione così assurda? Conte si è assunto “tutta la responsabilità delle nomine,” ma ha detto anche che gli altri ministri erano stati informati

Alla fine, dopo una settimana di voci, pettegolezzi e siparietti imbarazzanti, il governo è riuscito a raggiungere un accordo concreto con Emergency per la sanità calabrese. L’Ong di Gino Strada fornirà aiuto alla Protezione civile per la gestione degli ospedali da campo in Calabria, il supporto all’interno dei Covid Hotel e nel triage negli ospedali. Strada quindi non sarà nominato commissario, ma si limiterà a fornire un “supporto esterno.”

L’annuncio è arrivato al termine di una giornata surreale, che ha visto le dimissioni del terzo segretario nel giro di dieci giorni, Eugenio Gaudio, rimasto in carica di fatto meno di ventiquattr’ore. Motivo ufficiale: “Mia moglie non ha intenzione di trasferirsi a Catanzaro.” C’è da chiedersi se a Gaudio fosse effettivamente stata comunicata la sua nomina prima della diffusione della notizia sulla stampa, soprattutto dopo la vicenda di Strada — caratterizzata da costanti fughe in avanti di notizie su una fantomatica collaborazione data per certa dal governo, poi smentite sistematicamente dal fondatore di Emergency, fino al raggiungimento di un accordo ieri sera. Questa mattina Guadio è stato intervistato da Gianna Fregonara sul Corriere, e ha detto di aver spiegato a Conte che le ragioni delle sue dimissioni “riguardano l’intimità di una famiglia.”

Il commissario alla sanità calabrese viene nominato direttamente dal Consiglio dei ministri. L’assurda vicenda di Gaudio, che seguiva l’altrettanto assurda vicenda dei commissari Cotticelli e Zuccatelli, è stata percepita giustamente in Cdm come una figuraccia — e sta partendo una caccia al colpevole. La maggior parte dei ministri sembrano concordare sul fatto che le cose abbiano preso una piega così assurda per colpa di Conte, accusato di aver deciso la nomina di Gaudio senza consultare adeguatamente gli altri ministri. Conte ha reagito difendendo le scelte fatte finora, e sostenendo che la nomina sia comunque stata “pienamente condivisa” dai membri dell’esecutivo, ma ha detto che si assume “tutta la responsabilità delle nomine.”

E adesso cosa succede? Strada, come detto, fornirà supporto esterno ma non sarà commissario: bisognerà quindi trovare qualcuno disposto ad affrontare il compito, possibilmente che sappia quello che deve fare, non sia un no-mask e abbia voglia di trasferirsi a Catanzaro. Speranza sostiene di essere al lavoro per “trovare una figura autorevole in tempi brevi.” Ieri sera, il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri ha fatto notare giustamente come la decisione di intraprendere una trattativa con un personaggio di valore universalmente riconosciuto come Strada sia stata sostanzialmente una trovata mediatica: “Il problema in Calabria non sono gli ospedali da campo, ma le ruberie e l’acquisto dei materiali medici. C’è bisogno di un manager, non di un medico. E non c’è bisogno nemmeno di ospedali da campo come se fossimo in Afghanistan: in Calabria ci sono 18 ospedali chiusi, meglio riaprire quelli.” In queste ore, inevitabilmente, si rincorrono le voci sul quarto candidato commissario. Mentre scriviamo sembra che sia papabile il nome di Federico D’Andrea, che fu finanziere del pool Mani pulite.

Tra i molti problemi istituzionali evidenti fin dall’inizio della pandemia, il rapporto tra stato centrale e regioni sembra essere quello più difficile da risolvere, e ciclicamente torna a esplodere. Ora la materia di contesa sono soprattutto i 21 criteri utilizzati dal ministero della Salute per decidere il “colore” delle regioni. I governatori, forti delle dichiarazioni del presidente dell’accademia dei Lincei Giorgio Parisi sul fatto che l’indice Rt utilizzato per prendere queste decisioni sia “inaffidabile,” hanno chiesto che da 21 si passi a 5. Il ministro Speranza ha tenuto duro, e per ora nel processo decisionale non cambierà nulla. Molte regioni sembrano interessate soprattutto a trovare un cavillo qualsiasi per allentare il prima possibile le misure di lockdown, ma le critiche sull’affidabilità dei criteri del governo sembrano avere comunque qualche fondamento — ad esempio, per il fatto che i dati analizzati risalgano a diversi giorni prima.

Nonostante la voglia dei governatori di riaprire in vista del Natale, la situazione del contagio resta grave. Ieri il numero di casi (32.191 a fronte di circa 208 mila tamponi) è tornato a salire, così come il numero dei ricoverati in terapia intensiva (+120),ma quello che fa particolarmente impressione è il numero dei morti: 731 in una sola giornata. L’Italia è il terzo paese al mondo per letalità, dopo Messico e Iran — sì, peggio degli Stati Uniti — ma la colpa non è del “virus più cattivo,” come titola stamattina l’edizione online del Corriere della Sera. I segni di rallentamento della curva ci sono — ieri è tornato a scendere anche l’indice di positività, attorno al 15,4% — ma l’andamento dei decessi è naturalmente “più lento” e riflette i contagi avvenuti nelle scorse settimane.

Da tutto il paese continuano a susseguirsi le testimonianze sul sovraccarico delle strutture ospedaliere. A Napoli i medici dell’ospedale del Mare hanno scritto una lettera ai vertici della Asl Napoli 1 e ai dirigenti sanitari locali per denunciare la mancanza di attrezzature, il sovraffollamento e la “totale promiscuità” tra pazienti positivi e pazienti in attesa di tampone, mentre i sindacati del 118 hanno presentato esposti a tre procure per denunciare i mezzi di protezione insufficienti per il personale del soccorso. La situazione in Campania è talmente critica che da ieri gira in televisione una pubblicità della Protezione civile per il reclutamento di specializzandi o medici in pensione. Ma la situazione è critica anche al nord: a Como, che si trova al centro di quella che oggi è l’area più colpita del paese, è in sovraccarico persino il centralino del 118. Per la quantità di lavoro insostenibile, diverse organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale hanno proclamato lo stato di agitazione: “In questa seconda fase della pandemia stiamo assistendo non solo al collasso degli ospedali e dei pronto soccorso, ma anche al collasso del territorio.”

La provincia autonoma di Bolzano nel frattempo ha deciso di intraprendere quella che forse è la più grande operazione di screening di massa effettuata sul territorio italiano dall’inizio della pandemia. Tra venerdì, sabato e domenica l’amministrazione intende testare il maggior numero di cittadini possibile in punti appositamente organizzati presso le scuole cittadine. Lo scopo è fermare in modo attivo la diffusione del virus, rintracciando sia i positivi che gli asintomatici.

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