Cosa vuol dire brand naming e perché è utile per il business (1)

Sapersi distinguere sul mercato nel mondo moderno rappresenta un valore assoluto per un’azienda, specie nel momento in cui viene avviata l’attività o si lanciano nuovi prodotti e servizi. La concorrenza infatti è ormai divenuta sempre più spietata, soprattutto nel contesto del web dove le strategie per guadagnare pubblico e autorevolezza sono in costante aumento. Quando arriva il momento di lanciare un brand il modo migliore per fare breccia nell’attenzione dell’utente della Rete è senza dubbio procedere alla scelta di un nome accattivante e facile da ricordare. Dovrà inoltre essere ben strutturato da un punto di vista della grafica e in grado di rendere unico oltre che irripetibile il prodotto o il servizio al quale fa riferimento. Perché, infatti, è soltanto nel momento in cui se ne mette a fuoco il nome che il brand è in grado di prendere vita. Prima che questo passaggio cruciale si compia non c’è alcun business: il brand semplicemente non è riconoscibile. 

Originalità, figure retoriche e aspetto grafico

Il nome rappresenta dunque l’inizio della storia e viene definito prima ancora di pensare sia al logo che al payoff (ovvero una frase a effetto, sempre associata al marchio, come la famosa ‘Just do it’). Oltre a essere originali in fase di scelta del nome sarà anche necessario imparare a giocare con le figure retoriche, in modo da realizzare sinergie chiaramente identificabili. Tra quelle utilizzate con maggior ricorrenza e apprezzate possiamo indicare:

  • l’onomatopea (quando cioè viene dato al brand un nome che riproduce un particolare suono, per esempio ‘Ciak’),
  • l’acronimo (è l’abbreviazione di più parole tramite le loro iniziali, per esempio ‘Rai’),
  • la metonimia (ovvero l’utilizzo del nome di una località geografica che di per sé rimanda a un tipo di prodotto, per esempio ‘Chianti’). 

Quella di brand naming è un’operazione chiave che avviene un’unica volta. E’ senza dubbio decisiva dal momento che, dopo averlo individuato, il nome si lega per sempre al brand e con esso si trasforma nel corso degli anni, adeguandosi anche in fatto di aspetto e stile, senza snaturarsi mai. Anche la scelta del logo sarà importante, poiché rappresenterà l’immagine visiva dell’azienda. Potrà includere simboli di tipo grafico oppure essere costituito da solo testo, con un occhio di riguardo alla scelta del font. La creatività si intreccia, naturalmente, con il tipo di mercato e di prodotto o servizio cui si fa riferimento. 

L’importanza della fonetica e della sonorità delle parole

Trovare il nome perfetto è l’obiettivo finale dell’attività di brand naming: servirà a dare una precisa identità al marchio, suscitare emozioni e trasmettere i valori dell’azienda. Tutte operazioni che devono tener conto di altri due aspetti, ovvero la fonetica e la sonorità delle parole. Ciascuna parola è un mix più o meno lungo e articolato di lettere: ogni lettera quando pronunciata si trasforma in un suono. In genere la lettera M è sempre pronta a trasmettere amore, la A vuol dire apertura e la U invece indica un senso di chiusura. Ecco che diventa evidente come attraverso la fonetica delle parole e le loro sonorità si possono costruire vere e proprie esperienze pronte a suscitare engagement (ovvero il coinvolgimento dell’utente in Rete). Affinché un brand name si affermi sul mercato e identifichi a fondo, in maniera immediata, un’azienda o i suoi prodotti occorre il supporto di una web agency, che predisporrà una strategia di comunicazione ad hoc. Quest’ultima potrà comprendere la diffusione di info e contenuti utili sia attraverso strumenti di facile consultazione come il sito o il blog aziendale che tramite le popolari piattaforme di social network (Facebook, Twitter, Instagram e non solo). 

I tipi di brand name sono sostanzialmente due: descrittivi e distintivi. Nel primo caso stiamo parlando di nomi generici, che identificano o descrivono il prodotto cui sono riferiti lasciando trasparire una scarsa personalità (tra l’altro, sono anche più difficili da tutelare da un mero punto di vista legale). Nel secondo caso invece si tratta di termini che non esistono sul dizionario (per esempio Bmw) e che per questo motivo possono essere supportati ancor meglio dalla strategia di comunicazione oltre che suscitare un grande impatto emotivo ed essere facilmente ricordati (sono anche più tutelabili in sede legale). La cosa importante, ad ogni modo, sarà sempre riuscire a trasmettere tramite il brand name i valori fondanti dell’azienda, nel nome di un perfetto storybranding.