Ci sono alternative a un secondo lockdown?
La politica nazionale e locale sta facendo di tutto per evitare di ammettere che potrebbe essere necessario un secondo lockdown — mentre la risposta sanitaria e sociale del paese è sempre più precaria
La politica nazionale e locale sta facendo di tutto per evitare di ammettere che potrebbe essere necessario un secondo lockdown — mentre la risposta sanitaria e sociale del paese è sempre più precaria
TRAPPIST torna per una novantesima puntata, registrata — in remoto, e live su Instagram — proprio nelle ore in cui in Lombardia scattava il coprifuoco. La giunta regionale lombarda, infatti, non sembra aver fatto tesoro dell’esperienza di marzo e aprile e per combattere la diffusione del contagio si sta limitando a trovate “simboliche” — per stessa ammissione di Fontana — come la limitazione degli spostamenti notturni.
La situazione amministrativa lombarda è oltre il surreale: ancora pochi giorni fa l’assessore mai dimesso alla Sanità Gallera sosteneva che nella sua regione “non ci fossero problemi” — tuttavia, in un’intervista a Repubblica ammetteva che il tracciamento del capoluogo fosse sostanzialmente insostenibile: “La situazione di Milano è difficile, ma ci sono più di mille contagi al giorno nell’area metropolitana. Se consideriamo che ognuno ha almeno una decina di contatti stretti, l’Ats ogni giorno dovrebbe fare dalle 7 alle 10 mila chiamate di tracciamento. Il personale è stato potenziato, si è passati da 40 a quasi 200 operatori, ma i numeri sono enormi.” Insomma, se in Lombardia ci sono problemi o meno dipende dai vostri standard. Gallera si accontenta.
Parlando di numeri, ce ne sono alcuni un po’ strani: come quelli della Lombardia, dove i nuovi casi registrati sono stati 4.125 — esattamente gli stessi di mercoledì. Come nella prima ondata, i primi ad essere colpiti sono stati i medici di base — e non per loro colpa, ma per malfunzionamenti nel sistema di tracciamento: secondo diverse fonti, i medici di base lombardi non hanno nemmeno accesso ai dati più basilari, come quali dei loro pazienti sono risultati positivi al tampone — una mancanza gravissima, che lascia “un enorme senso di impotenza.”
Non va meglio nemmeno per quanto riguarda i vaccini antinfluenzali, su cui le autorità regionali sembrano fare un vero e proprio gaslighting: il direttore sanitario Trivelli ha detto che “in questo momento abbiamo distribuito in farmacia per i medici di base attorno alle 160 mila dosi: con gli over 65 si partirà la settimana prossima” — ma sembra che la maggioranza dei medici non abbia in realtà nemmeno idea di quando le riceverà.
Palazzo Lombardia sembra comunque essere in piena sintonia con il governo: evitare un nuovo lockdown “a tutti i costi” per non compromettere la fragile ripresa economica, e nel frattempo approvare blande restrizioni per dare almeno l’impressione di fare qualcosa. Così si ripete il copione di marzo: la volontà di non scontentare questo o quel settore produttivo spinge a cercare capri espiatori nelle occasioni sociali e ricreative — la terribile movida — di cui si è parlato tantissimo anche lo scorso maggio. Da una settimana a questa parte sembra quindi che la riduzione dei contagi dipenda unicamente dall’orario di chiusura dei ristoranti, dal numero esatto di persone che possono sedersi allo stesso tavolo o dalla possibilità di comprare alcolici al supermercato dopo le 18.
Un argomento che è invece completamente uscito dal dibattito pubblico e dall’azione politica è la sicurezza dei lavoratori. Gli ultimi dati pubblicati dall’Inail testimoniano che i casi tra operatori sanitari stiano tornando ad essere in numeri rilevanti, e si evidenziano problematicità anche nel settore dei servizi delle aziende, del manifatturiero, e dell’alberghiero. Su questo, governo, regioni, ed autorità locali sono ugualmente mute, nel disperato tentativo di trovare una soluzione alternativa al lockdown, ma ignorando che un contagio fuori controllo sarebbe una minaccia alla pandemia molto più snervante di tutte le altre alternative.
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Show Notes
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