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Con il numero di casi in aumento grave giorno dopo giorno, il governo sembra aver scelto comunque la via dell’inazione. Ma se si tratta di una strategia — sul modello svedese — il paese deve saperlo

Ieri sera alle 21:30 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è tornato a rivolgersi al paese con una conferenza stampa — che potete rivedere qui — in cui ha illustrato le misure contenute nel nuovo Dpcm, che dovrebbero limitare l’aumento vertiginoso dei contagi registrato negli scorsi giorni. Il testo del decreto, però, contiene poche novità concrete, e restrizioni decisamente più blande anche rispetto alle anticipazioni pubblicate dai giornali: non si parla, ad esempio, di nuovi limiti alla capienza dei mezzi di trasporto (ieri la ministra De Micheli è tornata a ripetere che il rischio di contagio sui mezzi è “bassissimo”), né di una quota obbligatoria di lavoro a distanza (le anticipazioni suggerivano un 75% obbligatorio per la pubblica amministrazione).

Scartata l’ipotesi di un coprifuoco notturno sul modello francese, il Dpcm affida però ai sindaci la possibilità di chiudere al pubblico “strade o piazze nei centri urbani dove si possono creare situazioni di assembramento” — una misura duramente criticata dal sindaco di Bari e presidente dell’Anci Decaro, secondo cui si tratta di uno “scaricabarile” sui sindaci. Sulla stessa linea anche il sindaco di Firenze Nardella. Per il resto, il decreto — valido da oggi fino al 13 novembre — prevede che:

  • Le attività di ristorazione sono consentite dalle 5 alle 24 con consumo al tavolo, con un massimo di sei persone per tavolo, e solo fino alle ore 18 in assenza di consumo al tavolo;
  • Le scuole superiori possono incrementare l’uso della didattica a distanza, posticipando l’ingresso almeno alle 9 del mattino e prevedendo anche l’eventuale utilizzo di “turni pomeridiani” (ma la ministra Azzolina ha specificato che queste misure entreranno in vigore “fra qualche giorno”;
  • Sono sospese tutte le attività convegnistiche o congressuali, ad eccezione di quelle che si svolgono con modalità a distanza, così come lo svolgimento di sport dilettantistici di contatto, le sagre e le fiere locali, mentre le fiere di “carattere nazionale e internazionale” potranno continuare a svolgersi.”

C’è poi l’enigma delle palestre e delle piscine: nel Dpcm non ce n’è traccia, ma durante la conferenza stampa Conte ha lanciato una sorta di ultimatum, dicendo che i gestori hanno una settimana di tempo per adeguarsi ai protocolli di sicurezza, per poter tenere aperte le proprie attività. Non è chiaro, tra una settimana, in che modo si verificherà se le palestre si sono adeguate o no.

Il testo, arrivato al termine di una lunga trattativa con le regioni, è insomma un evidente compromesso tra le esigenze di appiattire la curva dei contagi e tutelare la timida ripresa economica, evitando a tutti i costi un nuovo lockdown. Conte stesso ha detto che la risposta data a questa seconda ondata “non è e non può essere la stessa della primavera.” È difficile però pensare che restrizioni così modeste possano avere qualche effetto sulla circolazione del virus. Le poche domande che i giornalisti presenti hanno rivolto a Conte si sono soffermate soprattutto sulle ferie natalizie sui risvolti politici ed economici della crisi, dal Mes al coinvolgimento delle opposizioni. Quando si è provato a parlare di cose più concrete come la situazione degli investimenti per le terapie intensive, il premier è parso in difficoltà, dando numeri falsi riguardo all’effettiva disponibilità di posti in terapia intensiva e subintensiva al momento disponibili — dicendo di averli “più che raddoppiati.” Nessuno gli ha fatto notare che questo raddoppio è ancora solo sulla carta.

L’ostinazione a non porre nessun limite alla circolazione delle persone per tutelare le attività economiche, in assenza di un sistema di test e tracciamento in grado di tenere dietro all’aumento dei contagi, sembra un tentativo di applicare il “modello svedese” senza avere il coraggio di dirlo apertamente. Un modello che, durante la prima ondata, ha portato la Svezia ad avere la percentuale di decessi più alta d’Europa

Nel mondo reale, i casi continuano ad aumentare: con gli 11.705 nuovi contagi accertati ieri, a fronte di circa 146 mila tamponi, abbiamo raddoppiato i numeri della settimana precedente. I decessi sono stati 69, +45 i ricoveri in terapia intensiva, mentre continua a crescere anche il tasso di positività (cioè il rapporto tra nuovi casi e casi testati), che ieri si è attestato al 12,25%, il dato più alto da giugno. La situazione è preoccupante in tutto il paese, ma soprattutto in alcune aree come la città di Milano, dove ieri si sono contati 727 nuovi casi. Per il direttore dell’Ats locale, Walter Bergamaschi, la situazione in città è “critica.”

Anche il coordinatore del Cts Agostino Miozzo, intervistato dal Corriere della Sera, parla di “sovraccarico dei servizi sanitari” e del rischio che si giunga rapidamente a una saturazione dei ricoveri in terapia intensiva. Riguardo ai mezzi di trasporto, Miozzo dice che “si sarebbe dovuto intervenire a livello locale ben prima di arrivare all’apertura delle scuole con 10 milioni di persone in movimento” — segno che, su questo punto, il Comitato tecnico-scientifico non è stato ascoltato dal governo e dalle regioni.

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