L’Europa ricomincia a chiudere

In Belgio e in Irlanda del Nord scatta un lockdown “parziale,” in Spagna continua la lotta istituzionale sullo stato d’allarme a Madrid, questa sera Macron dovrebbe annunciare nuove misure per la Francia

L’Europa ricomincia a chiudere

In Belgio e in Irlanda del Nord scatta un lockdown “parziale,” in Spagna continua la lotta istituzionale sullo stato d’allarme a Madrid, questa sera Macron dovrebbe annunciare nuove misure per la Francia

La lotta al contagio si inasprisce in tutta Europa. Dopo l’esplosione di casi dei giorni scorsi, i Paesi bassi torneranno da oggi in un lockdown “parziale,” almeno per le prossime due settimane. Le norme prevedono la chiusura dei bar e dei ristoranti, e l’obbligo di indossare le mascherine negli spazi chiusi. Il governo Rutte finora era rimasto fermamente opposto a nuove misure anti–contagio, per evitare di compromettere la fragile ripresa economica del paese, ma con l’esplosione dei casi — ieri erano 7.378, una cifra da capogiro in uno stato da 17 milioni di persone — ha costretto l’amministrazione a cedere alle pressioni degli esperti sanitari.

la mappa della situazione europea, via ECDC

Un altro caso di un piccolo paese con un numero di contagiati assurdamente alto rispetto ai propri abitanti è quello della Repubblica Ceca: ieri si sono contati 8325 casi — la Repubblica Ceca ha sei volte meno abitanti rispetto all’Italia. Il governo di Praga ha optato per un lockdown quasi totale: le scuole e i locali rimarranno chiusi fino al 3 novembre, mentre i ristoranti potranno operare solo per consegne a domicilio. Le lezioni proseguiranno da casa, con la didattica online.

Anche l’Irlanda del Nord torna a chiudere. La nazione attiverà le restrizioni tra venerdì 16 e lunedì 19, tutti i bar e i ristoranti resteranno chiusi per quattro settimane, mentre le scuole resteranno chiuse per due. La Prima ministra Foster porterà le norme di fronte all’Assemblea in giornata, dopo un meeting dell’esecutivo del palazzo di Stormont che è durato tutta la notte fino alla prima mattinata. La chiusura delle scuole per due settimane sembra essere frutto di un compromesso tra il DUP e Sinn Féin, spiega Jayne McCormack, in un dietro le quinte in cui elenca anche tutte le norme attivate nella nazione britannica. Ieri in Irlanda del Nord sono stati conteggiati 863 nuovi casi.

Anche il governo centrale britannico ieri ha presentato il proprio piano di restrizioni anti–contagio, “a semaforo,” con tre livelli diversi d’allarme — tutta l’Inghilterra è già almeno al primo livello di pericolo, quello “medio.” Anche qui l’obiettivo è evitare a tutti i costi un nuovo lockdown nazionale, ma la politica non ha digerito bene le proposte di Johnson, con voci critiche anche tra i Tories. Johnson ha rifiutato una proposta di lockdown “breve,” limitato a due settimane, avanzata dal comitato di esperti britannico circa tre settimane fa — ora potrebbe esserne necessario uno molto più lungo. Nel Regno Unito ormai si registrano circa 15 mila nuovi casi al giorno.

Sulle restrizioni nella Comunità di Madrid continua l’intenso scontro istituzionale in Spagna: lunedì la media su quattordici giorni di casi di coronavirus nella capitale spagnola è scesa a 502 casi su 100mila abitanti per cui immediatamente le autorità locali hanno chiesto di sollevare lo stato d’allerta — il giorno prima il responsabile alla Salute locale Escudero aveva detto che i madrileni erano tenuti “in ostaggio” dal governo centrale. Richiesta che è stata immediatamente respinta dal ministro della Salute Illa, che ha detto che il tasso di casi deve scendere “almeno sotto i 200, ma idealmente sotto i 100.” Ricordiamo che secondo l’ECDC perché una zona non sia a rischio il numero di casi deve essere inferiore ai 20 ogni 100 mila abitanti.

In Francia la situazione resta allarmante, con 12.993 infezioni conteggiate durante la giornata di ieri e altre 87 persone che hanno perso la vita a causa del virus. Oggi il paese supererà la soglia dei 33mila morti. La situazione è abbastanza grave da far muovere anche Emmanuel Macron, che non interveniva personalmente in materia dallo scorso 14 luglio. Il presidente francese parlerà alla nazione questa sera alle 20, presumibilmente per annunciare nuove misure più restrittive. In queste ore ovviamente si stanno inseguendo le ipotesi sulle misure che Macron annuncerà durante l’intervento, ma per ora si sa poco — ci sono anticipazioni filtrate sulla stampa, attraverso Agence France-Presse, che però indicano che Macron non apprezzerebbe strategie come quelle di Paesi Bassi e Irlanda del Nord, con misure di breve durata e in costante cambiamento. Il presidente preferirebbe un approccio “di lungo termine.”

La Germania ha deciso di attuare finora una politica di delega ai governi locali su come affrontare l’emergenza — del resto, la Germania è un paese federale, e i vari länder hanno più potere rispetto alle regioni italiane. Come nel nostro paese, però, la frammentazione della risposta sta producendo soprattutto confusione. Oggi i governatori dovrebbero incontrare Angela Merkel per stabilire come mettere in piedi un’azione più coordinata. L’andamento della pandemia nelle ultime settimane è stato simile a quello italiano, con un aumento di casi improvviso negli scorsi giorni. A Berlino i locali devono chiudere alle 11, e la Baviera ha imposto una multa da 250€ per chi non indossa una mascherina nei luoghi indicati.

Più chiusure non significa migliore gestione della pandemia: ma è evidente che dopo settimane di inazione l’Europa sta reagendo in blocco all’aumento spaventoso di casi di questi giorni — la scorsa settimana solo nel continente sono stati conteggiati 700 mila casi. È in questo contesto, soprattutto, che andrà analizzata non solo la risposta sanitaria italiana, ma anche le misure economiche che il nostro paese, e l’intero blocco, andranno ad implementare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Per ora, c’è un dato di fatto: l’Europa ha reagito meglio rispetto al Nord e al Sud America, dove la pandemia è di fatto incontrollata, ma molto peggio rispetto all’estremo oriente di Cina, Corea e Giappone.

Sul continente pesano timori di tipo sanitario, ma anche economico. Il nervosismo con cui molti stati, tra cui il nostro, vogliono evitare un nuovo lockdown nazionale — e lo stop delle filiere produttive — tradisce il timore per un’ulteriore crisi che renderebbe gli strumenti economici su cui si è trovato un difficile accordo a Bruxelles ancora meno utili. Purtroppo, l’andamento del contagio — e quindi la situazione futura del continente — sarà evidente solo nelle prossime settimane.