Negli ultimi giorni i casi di coronavirus sono aumentati notevolmente, costringendo la politica e gli esperti ad affrontare domande difficilissime: è stato fatto abbastanza per arrivare preparati a questo momento? Era possibile evitare un’altra esplosione del contagio?
I nuovi casi in Italia continuano ad aumentare a un ritmo più rapido e preoccupante rispetto a quello delle scorse settimane. Ieri sono stati 4458, quasi 800 in più rispetto alla giornata precedente. Nel corso della giornata si sono inseguite molte dichiarazioni, contributi e interviste, tutte nella stessa falsariga: i numeri europei – di Spagna, Regno Unito e Francia, che finora ci sembravano incoraggianti per la situazione italiana, ora sembrano al contrario — un monito di quello che rischia di succedere anche qui.
I tamponi, ad esempio, non sembrano tenere il passo con l’aumento del contagio, e rimangono ancora lontani dagli obiettivi dichiarati dal governo a inizio settembre. Il giudizio del virologo Andrea Crisanti, che aveva sottoposto al governo un piano per arrivare a 3-400 mila tamponi al giorno, è molto duro al riguardo: “Abbiamo perso 4 mesi preziosi.” Sono allo studio possibile misure di estensione dei cosiddetti “test rapidi,” la cui efficacia però non è ancora del tutto provata.
La situazione sembra particolarmente degna di osservazione in Campania. Nella regione si sono contati 757 nuovi casi: in serata, De Luca è andato a Roma, dove ha parlato con Speranza e il commissario Arcuri. A quest’ultimo, il governatore ha chiesto di reclutare operatori sanitari volontari tramite la Protezione civile, visto che uno dei problemi più pressanti nella sanità campana oggi — oltre ai pochi tamponi e ai pochi posti letto — è la mancanza di personale.
Visto che un ulteriore aumento dei contagi sembra quasi inevitabile, è ora di domandarsi se le strutture ospedaliere siano preparate, non solo in Campania. La risposta è: solo in parte. Soprattutto gli ospedali del Nord hanno ormai una buona esperienza nel trattare la malattia, ma in tutta la penisola permangono problemi logistici drammatici: ad esempio sull’aumento del numero di posti letto in terapia intensiva disponibili, per cui proprio in questi giorni si sta concludendo la gara — ciò vuol dire che non sono ancora pronti, e non lo saranno se non nelle prossime settimane. Un altro problema, risolvibile forse più in fretta, è quello della mancanza di personale, su cui però non ci sono ancora linee d’azione precise.
Proprio come nella fase 1, il governo sembra insomma deciso a gestire la crisi scaricando buona parte della responsabilità sui comportamenti dei cittadini. In Italia, fortunatamente, non sembrano esserci grossi problemi nel convincere la maggior parte della popolazione a indossare la mascherina — e dato che il governo non sembra molto più pronto ad affrontare un eventuale nuovo radicale aumento dei contagi, o a prevenirlo, le misure di igiene individuale potrebbero davvero essere fondamentali nello scongiurare un nuovo lockdown. Intanto sempre più persone si stanno decidendo a scaricare l’app Immuni, su cui il governo ha scommesso molto, ma che si è finora rivelata un clamoroso flop.
Show notes
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In questa puntata sono con voi: Stefano Colombo @stefthesub e Alessandro Massone @amassone. Per non perderti nemmeno un episodio di TRAPPIST, abbonati su Spotify e Apple Podcasts.