in copertina, Nicola Zingaretti, in una foto dello scorso gennaio, via Facebook
Le modifiche approvate dal Consiglio dei ministri non fanno un passo indietro sull’ideologia che criminalizza le migrazioni e il soccorso umanitario, ma il Partito democratico le sta sventolando come un trionfo
Con soli 13 mesi di ritardo, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera alle nuove “misure per la sicurezza delle città, l’immigrazione, e la protezione internazionale,” con cui che vuole “superare” i decreti sicurezza simbolo del primo governo Conte. Le novità in materia sono molte, con il ritorno del meccanismo della protezione umanitaria — che ora si chiama “speciale” — per chi è esposto a rischi di “trattamenti inumani o degradanti” in caso di rimpatrio, e la promessa di tempi più brevi per ottenere la cittadinanza italiana.
Il provvedimento è arrivato alla chiusura delle urne degli ultimi ballottaggi amministrativi — quando ormai non c’erano più scuse per rinviare la misura e concedere presunti “assist a Salvini.” Come era stato più volte fatto trapelare alla stampa nel corso dei mesi passati, non ci sono più le multe “milionarie” per le Ong e spariscono anche le confische delle navi — ma la legge continua ad inquadrare l’azione umanitaria come in qualche modo antagonista a quella dello stato: ci sono comunque multe tra i 10 e i 50 mila euro — tanto si sa, paga Soros — e soprattutto ci sono pene fino ai 2 anni di carcere in caso di mancata “cooperazione” con le autorità marittime.
Chi si occupa di migrazioni e diritti umani in queste ore sta giustamente criticando la bozza del provvedimento, sottolineando — accanto ai timidi passi avanti — i numerosi nodi irrisolti: il nuovo decreto si inserisce sullo stesso impianto normativo dei decreti salviniani, che non vengono quindi né cancellati né “smontati,” e in molti casi si limita a una sorta di maquillage. Per esempio, i tempi massimi di permanenza all’interno dei Cpr saranno riportati da 180 a 90 giorni — che significa comunque tre mesi di detenzione — ma saranno prorogabili di altri 30 giorni se il prigioniero è cittadino di un paese con cui esiste un accordo di rimpatrio. Oppure i tempi massimi di attesa per la valutazione delle richieste di cittadinanza, ridotti da quattro a tre anni, a fronte dei due anni previsti prima dei decreti di Salvini.
Si conferma ad esempio il passaggio nell’ambito del penale per l’ingresso forzoso nelle acque territoriali: una misura in apparenza estrema da parte delle imbarcazioni a cui però, come sappiamo, le ONG sono già state costrette in passato. Il passaggio al penale garantisce alle organizzazioni che un giudice verificherà i termini del presunto illecito — ma resta, a tutti gli effetti, una criminalizzazione del soccorso. Già quattro giorni fa Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, aveva dichiarato che “Se la magistratura avrà un approccio garantista non dovremmo temere nulla.” Linardi aveva puntualizzato però che, “per noi non ha alcun senso puntare alla magistratura per una legge che non dovrebbe esistere. Il decreto sicurezza bis dovrebbe essere abrogato, perché è stato utilizzato per introdurre modifiche pericolose al codice di procedura penale volte solo a giustificare la possibilità di criminalizzare le ong e ledere i diritti delle persone.”
Approvato ora in Consiglio dei Ministri il decreto immigrazione. I decreti propaganda/Salvini non ci sono più. Vogliamo un’Italia più umana e sicura. Un’Europa più protagonista
— Nicola Zingaretti (@nzingaretti) October 5, 2020
La maggioranza di governo — e in particolare il Pd, che sulla promessa continuamente rimandata di queste modifiche ai decreti sicurezza si è giocato gran parte della propria credibilità — sta presentando le novità come una specie di trionfo: Zingaretti, senza rinunciare all’odioso binomio tra “immigrazione” e “sicurezza,” ha scritto che “vogliamo un’Italia più umana e più sicura.” Secondo il ministro Provenzano addirittura “in Italia cade un muro.”
Stasera in Italia cade un muro. Ci abbiamo messo un po', un po’ troppo, ma ora i cd. #decretisicurezza di Salvini non esistono più. Anche le parole tornano al loro posto: migrazioni, protezione, accoglienza, legalità. Avanti ancora, verso un Paese con più diritti e più umanità.
— Peppe Provenzano (@peppeprovenzano) October 5, 2020
La realtà, purtroppo, è molto diversa: le navi delle Ong continuano ad essere sottoposte a fermo amministrativo per irregolarità tecniche e procedurali, senza neanche bisogno di ricorrere alle multe previste dai decreti. Insomma, il Partito rivendica come grande vittoria un via libera arrivato solo ieri sera grazie al fatto che sono finite le elezioni a breve termine, un testo che resta comunque di matrice largamente oppressiva.
Una natura che si rivela nei punti del decreto anche fuori dall’ambito delle migrazioni: l’esecutivo ad esempio ha allegramente ereditato e confermato il reato di blocco stradale, depenalizzato nel 1999 e reintrodotto da Salvini in funzione antipicchietti e anticontestazioni — una misura che sembra uscita dai sogni di un governo conservatore dei decenni scorsi, in un periodo di contestazioni di lavoratori e operai. Evidentemente anche le proteste per migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, per il governo e per il Pd, sono una minaccia alla tanto sospirata sicurezza.
L’accordo in Consiglio dei ministri è arrivato al termine di una giornata tragica per la gestione dell’accoglienza nel nostro paese: dopo che ieri mattina tre migranti si sono gettati in mare dalla nave-quarantena GNV Azzurra — uno di loro risulta ancora disperso — è arrivata la notizia della morte di un ragazzino tunisino di appena 15 anni, entrato in coma sabato scorso all’ospedale Ingrassia di Palermo. Secondo la sua tutrice, il ragazzo aveva segni di torture sul corpo e versava in condizioni di salute molto gravi, ma nonostante ciò — e nonostante due tamponi negativi — è stato segregato per quindici giorni sulla nave quarantena Allegra. Perché non è stato fatto sbarcare prima per essere curato? Dev’essere questa l’Italia “più umana e più sicura.”
E gli accordi con la Libia restano in piedi, nonostante la promessa di accogliere chi è a rischio di “trattamenti inumani o degradanti.”La revisione dei decreti sicurezza non va ad intaccare di una virgola gli accordi ciò che costituisce forse il più grosso scandalo in materia di immigrazione e in generale di politica estera italiana degli ultimi anni: lo stato italiano continuerà a versare milioni nelle tasche di un governo poco più che fantoccio, ampiamente colluso con miliziani e criminali di diverso tipo, per detenere in campi di concentramento e torturare i migranti come meglio credono — purché ne facciano arrivare il meno possibile sulle coste europee. Un partito e un governo davvero di discontinuità dovrebbero agire anche su questo.
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