Dopo anni di sospetti e voci, è successo: in un’indagine esplosiva, il New York Times ha messo le mani sulle dichiarazioni dei redditi di Donald Trump, rivelando che negli ultimi anni Trump non ha pagato quasi niente di tasse, e che le sue attività imprenditoriali sono cronicamente in perdita e indebitate. I documenti, che da anni il presidente degli Stati Uniti fa di tutto per impedire che diventino pubblici, hanno un enorme potenziale politico — ma con la polarizzazione violentissima del pubblico statunitense, è difficile prevederne l’impatto.
Oltre all’inchiesta principale, il quotidiano newyorkese ha pubblicato anche una timeline interattiva che presenta un’accusa specifica: il presidente degli Stati Uniti è stato molto più bravo a recitare la parte dell’imprenditore miliardario nel reality the Apprentice che nel mondo reale. Ma evidenzia anche altre cinque accuse pesantissime:
- Trump praticamente non paga le tasse. Per 11 dei 18 anni esaminati dal New York Times, il bancarottiere non ha pagato un dollaro di tasse. Nel 2017, l’anno in cui è diventato presidente, Trump ha pagato… 750 dollari. Per dare un’idea delle proporzioni: Obama e George W. Bush pagarono in tasse circa più di 100 mila dollari.
- Trump è al centro di una lunga indagine per un rimborso fiscale da 72 milioni di dollari. Dal 2011 è in corso un’indagine dell’IRS, l’agenzia statunitense alla riscossione dei tributi, riguardo a un rimborso fiscale che Trump ha ricevuto dichiarando perdite multimilionarie. Un eventuale rimborso gli costerebbe più di 100 milioni di dollari — ma l’indagine interna è sostanzialmente ferma da anni.
- Trump nei prossimi anni dovrà ripagare 421 milioni di dollari in prestiti. Questo spiega parzialmente la sua campagna elettorale furibonda: se dovesse vincere, i suoi creditori si troverebbero nella situazione probabilmente senza precedenti storici di dover decidere se pignorare i beni del presidente degli Stati Uniti.
- Le aziende di Trump guadagnano tantissimo dalla sua presidenza. Questa è la più ovvia delle rivelazioni: la rete di hotel, resort e club del presidente sta guadagnando molto bene offrendo i propri servizi a lobbisti, aziende, e altri stati che vogliono entrare nelle grazie della Casa bianca.
- È coinvolta anche Ivanka Trump. La figlia del presidente, e consigliera della Casa bianca, è stata più volte pagata come “consulente esterna” per aiutare a ridurre i guadagni delle aziende di Trump. In un caso specifico sottolineato dal Times, un’azienda di Trump ha dichiarato di aver pagato 747.622 dollari in consulenze per la costruzione di alcuni hotel alle Hawaii a un’azienda di cui non viene specificato il nome — lo stesso anno, la figlia ha ricevuto esattamente la stessa somma da un’azienda di consulenze di cui è co–proprietaria.
Trump è sempre indebitato non solo perché è un pessimo uomo d’affari, ma anche — apposta — per pagare meno al fisco: tra le spese assurde dell’allora showman, ci sono ad esempio i 70 mila dollari dichiarati in favore del proprio parrucchiere proprio durante la produzione di the Apprentice. Una detrazione, per altro, che molti dubitano sia legale: non si possono considerare spese di lavoro “prepararsi” per andare a lavorare — anzi, non è legale nemmeno detrarre uniformi e costumi, se potrebbero essere usati anche fuori dal posto di lavoro. (<- fidatevi, è un link che volete cliccare.)
Essere indebitati, per una persona così ricca e influente, ha poco a che fare con una situazione analoga per una persona comune: in totale negli ultimi dieci anni Trump ha ottenuto la cancellazione di 287 milioni di debiti (!) ed è riuscito anche a non doverci pagare sopra tasse — normalmente, ovviamente, la cancellazione di debiti è considerata fonte di reddito. Ammassare debiti, anzi, ha permesso a Trump di richiedere indietro allo stato soldi che aveva, teoricamente, ingiustamente versato. L’inchiesta del Times, però, sembra indicare che Trump abbia ammassato perdite in modo illecito in modo da poter giustificare rimborsi sulle tasse che aveva pagato in precedenza — più gli interessi.
Si tratta di rivelazioni senza precedenti storici — un po’ come l’intera presidenza Trump — ma il panorama politico statunitense è oggi così lunare, che è difficile prevedere il loro effetto sul pubblico. David Smith sul Guardian elenca i casi più plateali di scandali che avrebbero dovuto affondare Trump — dalla registrazione in cui Trump si vanta di una violenza sessuale, pubblicata dal Washington Post nel 2016, a quando, lo stesso anno, durante un dibattito con Clinton, si è vantato di pagare poche tasse — una cosa che apparentemente dimostra la sua intelligenza.
La lista di questi scandali è praticamente infinita, sottolinea David Remnick sul New Yorker. Ma questa volta si tratta di una questione che tocca tutti più da vicino. In un video della campagna elettorale di Biden si elenca quanto hanno pagato in media di tasse diverse categorie professionali lo scorso anno — gli insegnanti di scuola 7.232 dollari, i vigili del fuoco 5.283 dollari, gli infermieri 10.216 dollari. È un’ingiustizia intuitiva, riassunta in modo efficace da Elizabeth Warren: Trump “sa meglio di chiunque altro che ci sono regole per i ricchi e le grandi aziende, e regole per i lavoratori — e invece di usare il proprio potere per risolvere [queste diseguaglianze], se ne è approfittato ad ogni occasione.” Sanders alza ulteriormente il tono, parlando del rimborso da 72 milioni: “Trump a-d-o-r-a il socialismo per le grandi aziende, e il più duro capitalismo per tutti gli altri.” Ma se sarà davvero questo lo scandalo che abbatterà la popolarità di Trump, cosa dice dell’elettorato statunitense il fatto che non siano stati, a danneggiarla, gli scandali sul razzismo, sul sessismo, la violenza di stato e le politiche di razzismo istituzionale sotto la sua presidenza?