Come spera di vincere Salvini? Ovviamente facendo post razzisti su Facebook

Il 31 agosto Salvini ha sponsorizzato un video delle proteste a Lampedusa: pagato tra i 9000 e i 10000 euro, è stato visto da più di un milione di persone, ma solo nelle regioni in cui si voterà — quindi non in Sicilia

Come spera di vincere Salvini? Ovviamente facendo post razzisti su Facebook

Il 31 agosto Salvini ha sponsorizzato un video delle proteste a Lampedusa: pagato tra i 9000 e i 10000 euro, è stato visto da più di un milione di persone, ma solo nelle regioni in cui si voterà — quindi non in Sicilia

“Governo complice, ci avete venduti all’Europa!”. La campagna elettorale di Matteo Salvini per le elezioni regionali e amministrative di domenica e lunedì è partita ufficialmente poco più di due settimane fa, con questo post sponsorizzato. Se tra metà luglio e la fine di agosto i post per i quali Salvini ha pagato sono stati pochissimi, con l’arrivo delle settimane pre-voto la strategia comunicativa del leader della Lega ha fatto ampio uso di contenuti sponsorizzati. Il post del 31 agosto contiene un video delle proteste del giorno precedente, da parte di alcuni cittadini di Lampedusa, contro il governo e il ministro dell’Interno Lamorgese, colpevoli di permettere gli sbarchi di migranti sull’isola.

Dopo la caption, citata sopra, nel suo rant Salvini esprime solidarietà ai cittadini di Lampedusa, ai siciliani e al presidente della regione Nello Musumeci, “lasciati soli”, dal governo mentre continuano gli sbarchi. Stupirà allora scoprire che questo post, pagato tra i 9000 e i 10000 euro e visto da più di un milione di persone, è stato mostrato prevalentemente a persone che vivono nelle regioni in cui si voterà, ma non in Sicilia. Il 37% di chi l’ha visto, infatti, è campano.

Il caso di Lampedusa è piuttosto significativo. L’isola è stata sotto i riflettori dei media per gran parte di agosto. La scelta di non mostrare l’inserzione di questo video in Sicilia potrebbe essere un caso, ma analizzando le inserzioni questi giorni si scopre facilmente che così non è. Il giorno dopo, il primo settembre, Salvini torna su Lampedusa, mostrando un altro estratto video della manifestazione di alcuni isolani. Anche questo post, che ha ricevuto più di un milione di impression, è stato mostrato in Campania, Puglia, Toscana, Liguria, Marche e Valle d’Aosta. Ma non in Sicilia.

Appare chiaro quindi che l’unico obiettivo di questi post – per quanto si faccia menzione al sostegno ai siciliani e a Musumeci – sia raccogliere la rabbia anti-migranti nelle regioni d’Italia in cui si voterà nel fine settimana, e non inserirsi in un vero e proprio dibattito pubblico o far sentire la propria voce ai “cittadini stanchi” di Lampedusa.

Tra il 28 marzo 2019 e il 14 settembre 2020 la pagina di Matteo Salvini ha speso 306.501 euro, ma solo quasi 25.000 negli ultimi sette giorni. Sebbene la macchina comunicativa di Salvini investa più di molti altri nelle inserzioni su Facebook e Instagram, va detto che i post sponsorizzati non sono tutti quelli che compaiono sulla sua pagina: ne esistono anche molti che circolano senza essere stati pagati. Ma allargando lo sguardo anche a questi, durante le ultime due settimane e mezzo, gli argomenti cambiano poco.

Si nota facilmente un’importante selezione di crimini o presunti tali compiuti da immigrati. Anche il caso del prete che aiutava i senzatetto a Como e ucciso da uno di loro dà il facile appiglio a Salvini per scagliarsi contro l’aggressore, definito “immigrato clandestino”. Non molto tempo fa, proprio a Como, un assessore leghista mostrava quanto al suo partito importasse dei senzatetto, strappando a uno di loro la coperta dalle mani. E quando non sono bestie o criminali, i migranti che arrivano in Italia sono “clandestini-turisti.”

Salvini sponsorizza anche più volte gli stessi post, soprattutto quelli che contengono riferimenti a migranti o a persone nere. Per esempio il video dell’“aggressione” subita da una donna nigeriana, alimentando il proprio vittimismo, mentre scrive di averla già perdonata per avergli strappato rosari e camicia. Il vittimismo, per Salvini, è diventato strategia, una scusa per parlare d’altro, e addirittura un hashtag: #processateancheme. Compare in molti post e nei cartelloni che tengono in mano i suoi sostenitori in diverse piazze.

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Gli altri temi della campagna elettorale

Oltre all’immigrazione, uno dei pochi temi veri riconoscibili è quello della scuola, coronato però da un’aura diffusamente sessista. La ministra Azzolina, infatti, è uno dei bersagli quotidiani colpiti più virulentemente dai post del politico leghista. “La Azzolina è una rovina per la scuola italiana,” ripete spesso Salvini nei comizi in giro per la penisola. In più di un post si scaglia contro i banchi con le rotelle – inutili o dannosi, e forse pure una truffa – e la sua pagina ha raccolto segnalazioni di inefficienze a scuola. Non mancano neanche le réclame a “mangiare italiano e bere italiano”, con Salvini, qui in Liguria, sommerso di ortaggi, mentre indossa una mascherina dell’esercito italiano.

Grande spazio è dato invece alle immagini delle piazze e a spezzoni di comizi nelle città e nelle regioni in cui si vota, tutte riprese che ovviamente “nessun Tg vi farà vedere”. Nelle dirette si nota facilmente che Salvini, oltre ai complimenti di rito a luoghi e persone, dice le stesse cose, che sia a Cupra Marittima, a Pisa o a Dolo. Immancabile è il numero di varietà con cui apostrofa i contestatori — uno o mille non importa — con sberleffi al limite dell’insulto e con il classico: “Se volete un po’ di immigrati portateveli a casa vostra”. Tra i pezzi più gustosi da segnalare anche i momenti in cui Salvini filma col cellulare la gente che filma lui. Un video del genere, girato ad Andria, in Puglia, è contornato dallo slogan populista “Alla fine vince sempre il popolo”.

Per finire, ci sono una serie di post più singolari. Tra i più estemporanei c’è senza dubbio quello del 13 settembre che lo ritrae in visita ai luoghi di Padre Pio, in Puglia. O le foto, caricate il 15 settembre, che vedono Salvini sulla tomba Oriana Fallaci, una delle intellettuali più citate sia dal leghista che dai suoi fan nei commenti alle sue pubblicazioni. Nella descrizione si sottolinea il suo “monito alla difesa delle radici della nostra civiltà”. Così come in campagna elettorale c’è posto anche per le foto della comparsata del leader leghista con la fidanzata al festival di Venezia. Ma forse il post più cringe è una card con cui si chiama al voto di domenica e lunedì, con un testo che si troverebbe a fatica anche nei gruppi Facebook di over 60: “Ho chiesto io a Salvini di bloccare lo sbarco dei clandestini…L’ho fatto il 4 marzo con una matita. Si chiama VOTO!”.

Per criticare il governo Conte, Salvini talvolta utilizza parole di opinionisti del calibro di Daniele Capezzone o Maurizio Belpietro, che “asfaltano” sempre qualche esponente di sinistra. Molti gli spezzoni che provengono da programmi tv compiacenti. In una clip surreale estrapolata da quello di Mario Giordano, Fuori dal coro, e pubblicata giovedì 18, Salvini in poco più di un minuto, si dice “stanco di vedere questi clandestini, a volte anche infetti, ospitati in quattro navi da crociera”, per cui avrebbero “vinto un biglietto”, per poi immancabilmente ricordare che il 3 ottobre andrà a processo “per aver bloccato gli sbarchi e difeso i confini italiani”.

Quello che emerge e su cui vale la pena soffermarci non è tanto il fatto, risaputo, che Salvini parli di immigrazione con toni estremisti, o che usi bugie, falsificazioni e vittimismo come armi retoriche. Quello che finisce per stupire è che l’ex ministro dell’interno parli quasi solo di migranti, a un livello quasi parossistico.

Nel mondo della pagina di Salvini sembra non ci sia una pandemia ancora in atto che in Italia ha fatto 30.000 morti e messo in crisi l’economia: dopo aver tentato di dare la sponda ai negazionisti del virus, ora Salvini sceglie di non parlarne proprio. La scuola, come detto, è un tema solo per criticare le misure previste per i ragazzi a scuola. L’Europa è menzionata invece perché complice del governo sull’immigrazione. Il lavoro soltanto per scagliarsi per la millesima volta contro la Fornero. Il repertorio è collaudato, ma meno vario e attuale che mai: “porti chiusi” come se fosse il 2018.

Essendo l’argomento alla fine uno e uno solo e il modo di parlarne condito sempre di esagerazioni e generalizzazioni, è normale che quello stesso tema, con le stesse storie e gli stessi toni sia la stessa cosa proporlo in valle d’Aosta come in Toscana, in Liguria come in Puglia. Con gli unici scopi di spaventare e far arrabbiare i cittadini, l’importante è che siano quelli che votano.

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