in copertina, migranti ancora costretti a vivere in strada, piú di una settimana dopo l’incendio di Moria.
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Mentre migliaia di persone continuano a essere costrette a vivere per strada, il governo greco si vanta che finalmente accoglierà i rifugiati intrappolati finora a Lesbo — tra il prossimo Natale e la Pasqua
Parlando con il Guardian, il ministro per la Protezione civile greco Michalis Chrisochoidis ha annunciato che il governo conta di portare sulla terraferma le persone intrappolate sull’isola di Lesbo dopo l’incendio che ha distrutto il campo profughi di Moria. L’impegno di Chrisochoidis è di portare i primi 6000 rifugiati in Grecia entro Natale, e procedere con gli altri entro la Pasqua successiva.
Oltre alla singolare concezione dello scorrere del tempo del ministro, scandito da festività comandate religiose, è importante sottolineare che non sarebbe una concessione umanitaria. Se l’impegno verrà rispettato, si tratterebbe semplicemente di un adeguamento di Grecia e Unione europea ai propri doveri internazionali: circa il 70% delle persone che erano intrappolate a Moria proviene dall’Afghanistan, e quindi ha diritto allo stato di rifugiato. Il ministro ha anche lodato l’assistenza tedesca — la Germania si è impegnata ad accogliere 1500 persone dall’isola.
La notizia che la Germania avrebbe accolto 1500 persone dall’isola di Lesbo è arrivata durante la giornata di ieri con un retroscena dell’agenzia stampa tedesca dpa. Il ministro dell’Interno Seehofer avrebbe avanzato la proposta alla cancelliera Merkel in seguito alle molte critiche ricevute dal governo dopo aver annunciato — con grande generosità — che il paese avrebbe accolto tra i 100 e i 150 migranti non accompagnati, secondo un report separato di Reuters. Poco dopo, è arrivata una conferma attraverso il portavoce del governo Steffen Seibert: la Germania accoglierà 1553 rifugiati, divisi in 408 famiglie.
I migranti sull’isola si sono in più occasioni rivolti direttamente a Merkel. Anche durante le proteste di questi giorni, infatti, si sono visti molti cartelli e striscioni inneggianti alla Cancelliera tedesca e all’Ue, la maggior parte con richieste di aiuto. Questo tradisce ciò che tutti sul continente sanno — il fatto che la Cancelliera sia la persona più potente dell’Ue — e mette nelle sue mani una responsabilità che si è già presa una volta, in passato. All’epoca della grande crisi migratoria siriana, quando tra il 2015 e il 2016 la Germania accolse 1,2 milioni di profughi dal paese mediorientale, tormentato dalla guerra civile.
A distanza di cinque anni, il progetto di accoglienza e inclusione del governo tedesco si è rivelato un successo secondo la maggior parte degli indicatori e delle opinioni raccolte tra tedeschi e migranti stessi, rappresentando — pur con alcuni punti deboli il più vasto progetto di assistenza a profughi e rifugiati dell’Europa del dopoguerra. Nonostante questo, è mal visto dall’estrema destra del paese, che l’attuale governo Merkel fa di tutto per non irritare. Andando, dunque, molto cauta nel mostrarsi “troppo buona” — una sindrome diffusa tra tutti i governi che sostengono di avere tra i loro primi obiettivi quello di contrastare l’avanzata dell’estrema destra, come anche quello italiano.
Sempre ammesso che gli impegni presi da Grecia e Germania vengano rispettati — un asterisco non da poco — la decisione si tratta di un sollievo per le persone per troppo tempo rimaste intrappolate a Moria, ma non una risoluzione ai malfunzionamenti sistemici del sistema di “accoglienza” europeo. È facile notare che la percentuale di persone che la Germania si è detta disposta ad accogliere è piccola rispetto alle circa 13 mila persone costrette a vivere nel lembo di terra intorno al vecchio campo di Moria — e come accoglierne qualche migliaio in più sarebbe un piccolo sforzo per qualsiasi paese dell’Ue, e a maggior ragione per la Germania.
Mentre i ministri greci e tedeschi si beano della propria bontà, migliaia di persone a Lesbo sono costrette a vivere e dormire per strada, senza acqua corrente con cui lavarsi e con pochissima acqua potabile a disposizione — anche per dissetare i bambini: in condizioni squallide, come le descrive Mehdi Chebil. Per Al Jazeera, Moira Lavelle ha parlato con Homeira Sakha, una giovane donna proveniente dall’Afghanistan, incinta di otto mesi, che dopo tredici mesi a Moria ha perso “qualsiasi speranza” per se stessa e per il proprio figlio.
Ieri è divampato un altro incendio, questa volta vicino al campo profughi sull’isola di Samos. Secondo le autorità il campo non è stato messo in pericolo — il fuoco si è limitato a colpire una vicina foresta — ma l’evento sottolinea la fragilità delle condizioni in cui i migranti sono costretti una volta arrivati in Europa. Garantire strutture più dignitose e accelerare i meccanismi di accoglienza però è solo una parte del problema: ancora troppe persone perdono la vita cercando di raggiungere il continente.