in copertina, uno screenshot da un video in cui le donne carcerate nel centro di detenzione di Irwin denunciavano la mancanza di misure di sicurezza per il Covid–19. Via YouTube
Isterectomie forzate ai danni di numerose donne incarcerate e condizioni igieniche disumane: un’ex infermiera ha sollevato uno scandalo sul centro di detenzione della contea di Irwin, in Georgia, gestito da un’azienda privata
Content warning: Questo articolo contiene descrizioni di grave negligenza medica misogina e razzista, e una serie di comportamenti oppressivi e violenti da parte degli operatori impiegati da LaSalle Corrections, un’azienda dell’industria carceraria statunitense. Potrebbero urtare la vostra sensibilità.
Nel centro di detenzione per migranti della Contea di Irwin, in Georgia, hanno avuto luogo un “numero esorbitante” di isterectomie — nome tecnico dell’asportazione di tutte le parti dell’utero — sulle donne migranti incarcerate. Diversi gruppi di sostegno hanno depositato un esposto accompagnato dalla testimonianza di una whistleblower — un’infermiera, Dawn Wooten — e corroborati da numerose testimonianze. Molte delle donne che sono state costrette a subire l’operazione sono apparse, secondo le testimonianze, “confuse” sulle ragioni per cui dovevano essere operate, e molte — probabilmente anche per barriere linguistiche — non pienamente coscienti di cosa sia stato fatto loro.
Wooten avanza un’accusa specifica: il centro di detenzione impiega uno specifico ginecologo che prescrive isterectomie praticamente a tutte le proprie pazienti. Nelle parole di Wooten, il ginecologo sarebbe un “collezionista di uteri.” La negligenza medica si estende ovviamente anche al coronavirus — nel centro di detenzione sono stati individuati 41 positivi, ma il numero reale potrebbe essere drasticamente più alto, perché tantissime donne hanno dimostrato sintomi compatibili con il Covid–19 e non sono state testate.
Di fatto, si tratta di un meccanismo di sterilizzazione forzata verso minoranze etniche. L’ossessione per la presunta o effettiva superiore natalità delle minoranze etniche rispetto alla classe dominante europea e nordamericana fa parte della vasta galassia di teorie del complotto che comprendono la sostituzione etnica o il piano Kalergi — ma anche teorie più o meno strampalate e molto più antiche, come la paura e il controllo della popolazione meno abbiente di origini malthusiane. Sebbene paralleli nazisti siano facili da fare, negli Stati Uniti l’eugenetica ha una lunga storia, ed è stata, per decenni, una vera e propria industria — che non solo precede il nazismo, ma che ha effettivamente ispirato l’azione genocida tedesca.
José Olivares e John Washington hanno intervistato l’infermiera whistleblower per the Intercept. Wooten fa l’infermiera da dieci anni, e ha lavorato per tre anni nel centro di detenzione della conte di Irwin. Quando Irwin ha denunciato ai propri superiori le condizioni che aveva osservato, è stata retrocessa e redarguita. Anche the Intercept ha verificato la sua storia, raccogliendo le testimonianze di un altro operatore sanitario presente nella struttura, e di quattro migranti che sono state incarcerate lì. Il giornale inquadra gli orrori del centro di detenzione in Georgia in un più ampio schema di violenza e abusi nelle strutture gestite da LaSalle Corrections, un’azienda dell’industria carceraria statunitense, che gestisce 18 centri di detenzione in tutto il Sud degli Stati Uniti, con una capienza totale di 13 mila persone. Lo scorso luglio, lo staff sanitario di un altro istituto LaSalle, il carcere minorile di Richwood, in Louisiana, ha scritto una lettera al Congresso, denunciando come il management delle carceri attivamente negasse i dispositivi di protezione individuale sia allo staff sanitario che ai carcerati e si rifiutasse di far somministrare i test alle persone che dimostravano sintomi da Covid–19. Il mese scorso un gruppo di richiedenti asilo aveva descritto ripetute violenze — compreso l’uso di gas lacrimogeni — all’interno di un altro centro di detenzione per migranti gestito dall’azienda, a Winnfield, in Louisiana.
Un video di denuncia delle condizioni sanitarie al centro di Irwin dello scorso aprile.
Project South, uno dei quattro gruppi che hanno firmato l’esposto, ne ha pubblicato una copia su internet. Il testo completo raccoglie episodi raccapriccianti e scandalosi: una donna incarcerata, per esempio, è stata costretta ad aspettare due settimane, chiamando assistenza dodici volte, per un’infezione sviluppata in seguito a una laparoscopia. Quando Wooten ha finalmente potuto raggiungere la donna l’infezione aveva provocato uno sfogo liquido dal suo ombelico. Le condizioni sanitarie del centro sono descritte come gravemente insufficienti, con disinfettanti annacquati e carcerati costretti a pulire i propri spazi usando shampoo, perché privi di qualsiasi altro sapone.
La pressione sul sistema di detenzione dove i migranti sono intrappolati negli Stati Uniti è aumentata ulteriormente durante la pandemia: gli schemi di deportazione attivati dall’amministrazione Trump si sono effettivamente bloccati con il diffondersi del virus — qui Monique Madan parla della situazione con il Guatemala — e, allo stesso tempo, le autorità statunitensi si stanno rifiutando di rilasciare persone che effettivamente sono incarcerate senza nessun motivo che non il razzismo.
Lo scorso luglio, l’ad di LaSalle Rodney Cooper aveva scritto una lettera al Congresso vantando la risposta “diligente” della propria azienda all’emergenza sanitaria. Negli scorsi mesi i carcerati del centro di Irwin hanno cercato di sollevare l’attenzione sulle proprie condizioni organizzando proteste e scioperi della fame, che sono stati accolti con una violenta repressione da parte dello staff. Secondo Wooden le proteste e lo scrutinio politico sono serviti a poco: nel centro non è cambiato niente, e questi comportamenti — veri e propri crimini contro l’umanità — sono continuati imperterriti.
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