L’assurda guerra della destra contro le piste ciclabili a Milano
Nonostante le polemiche e le “manifestazioni” della Lega, l’aumento della ciclabilità è fondamentale per combattere le malattie legate all’inquinamento e rendere la città più sostenibile. Ne abbiamo parlato con il consigliere comunale Angelo Turco
Nonostante le polemiche e le “manifestazioni” della Lega, l’aumento della ciclabilità è fondamentale per combattere le malattie legate all’inquinamento e rendere la città più sostenibile. Ne abbiamo parlato con il consigliere comunale Angelo Turco
Milano è costruita in mezzo alla pianura, ed è una delle città italiane che hanno il maggior potenziale ciclabile del paese. La politica cittadina, negli ultimi anni, sta andando proprio in questa direzione: lo sviluppo della ciclabilità è un obiettivo messo nero su bianco dal PUMS, il Piano urbano per la mobilità sostenibile, votato in consiglio comunale. Ma le piste ciclabili non piacciono a tutti. La destra cittadina ha deciso di utilizzare il sentimento dell’automobilista innervosito come la sua principale arma di propaganda elettorale, in vista delle consultazioni che l’anno prossimo saranno chiamate ad eleggere il nuovo sindaco.
Oggi alle 9, la Lega ha indetto una manifestazione in viale Monza contro la pista ciclabile che sta venendo allestita in questi giorni sul lungo viale che collega Milano a Sesto San Giovanni. È una manifestazione che, se non è in grande stile, quantomeno vuole essere rumorosa: tra i partecipanti ci sono Samuele Piscina, del consiglio di Zona 2, Stefano Bolognini, consigliere regionale, e Silvia Sardone, consigliera comunale ed europarlamentare. Anche l’orario scelto per la manifestazione è indicativo, per i leghisti, e tradisce la loro visione di chi usa la bici — le piste ciclabili disturbano chi a quell’ora prende la macchina per andare a lavorare.
Tutto questo, almeno, nel mondo delle intenzioni: la manifestazione vera e propria è stata contrassegnata da un numero di partecipanti — diciamo così — piuttosto basso.
“La destra da un lato ha bisogno di intestarsi malumori e reazioni, dall’altro vuole proporsi come paladina degli automobilisti e dei parcheggi.” Abbiamo parlato con il consigliere comunale del Pd Angelo Turco — che tra l’altro è toccato da vicino dalla pista ciclabile in viale Monza, abitando proprio in quella zona. “Sono spesso in contraddizione, ad esempio la delibera sui tavolini liberi, legata all’emergenza Covid, ha fatto saltare molto più parcheggio di qualsiasi ciclabile, tuttavia l’hanno votata anche loro perché sosteneva un settore con cui anche la destra vuole tenere ottimi rapporti, quello del commercio. A seconda delle convenienze cambiano priorità.”
Non c’è solo la Lega. A Milano, l’Aci è presieduta da Geronimo La Russa, figlio del più noto Ignazio. La Russa non solo è nemico delle piste ciclabili, ma sostiene una politica attivamente regressiva, per riportare la città ad essere a misura d’auto e scagliandosi contro “troppa mobilità dolce.” Il presidente dell’Aci locale sostiene che creare piste ciclabili creerebbe nuovi ingorghi, ma si dichiara anche a favore di misure per incentivare i cittadini a prendere l’auto, come tariffe agevolate per i parcheggi. La Russa sembra sentirsi insomma portavoce del “partito degli automobilisti.”
Quelli che prima potevano essere relegati in semplici dibattiti sull’urbanistica sono stati attualizzati con lo scoppio della pandemia, che ha reso più pressante trovare un’alternativa ai mezzi pubblici oltre all’automobile privata. “In questa fase ha subito una forte accelerazione perché si vuole fornire una possibile alternativa sia all’uso dei mezzi pubblici sia delle auto durante l’emergenza Covid. Non lo so quando si potrà essere soddisfatti, ma si parte da una condizione di tale arretratezza che il tema non me lo pongo proprio. In ogni caso, il PUMS fissava gli obiettivi e ora si accelera,” sostiene Turco.
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L’impatto della ciclabilità sulla salute va oltre le considerazioni sui mezzi pubblici e lo stress da traffico dei cittadini milanesi, essendo una vera e propria questione di salute. La Pianura Padana è una delle aree più inquinate del mondo, con l’area a Nord di Milano tra le peggiori in assoluto. A Milano, ogni anno, muoiono 25 persone su 100mila per patologie collegate all’inquinamento atmosferico da trasporti. Non solo: diversi studi hanno dimostrato come la diffusione e la gravità del coronavirus siano favorite da alti livelli di smog nell’aria.
Visti questi dati, la domanda non è più se queste modifiche urbanistiche siano opportune, ma semplicemente come realizzarle al meglio. “Tutti i grandi cambiamenti suscitano una forte reazione iniziale e poi si sedimentano nella quotidianità. Anche per questo, credo, sarebbe stato meglio introdurre le modifiche più grandi come quelle su viale Monza e Corso Buenos Aires all’inizio del mandato e non alla fine. Credo comunque che le polemiche andranno diminuendo come per il primo tratto che, a sentire i detrattori, doveva essere un inferno e invece ora risulta molto apprezzato dai ciclisti.” Turco si riferisce al primo tratto realizzato dopo la pandemia, in zona Porta Venezia, che già era stato oggetto della linea anticiclistica della Lega.
“C’è poi una larga fascia intermedia di cittadini che non è né contraria alle ciclabili né a favore: a loro bisogna spiegare che questi interventi servono a creare sicurezza e, nei casi come viale Monza dove regna la doppia fila e la sosta irregolare a lisca possono anche limitare code e incidenti. Però, dopo le piste, il Comune deve mettere in campo i controlli e i vigili, altrimenti è tutto inutile.”
Viale Monza è un viale storico, tracciato precedentemente rispetto al Fulvio Testi — che nella città moderna è la principale arteria di collegamento tra Milano e il capoluogo brianzolo — ed è molto stretto per una circolazione su due corsie in doppio senso di marcia delle macchine moderne. Il restringimento della carreggiata aiuterà a non voler forzare a tutti i costi due auto nello spazio a disposizione per una.
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La zona iniziale di viale Monza, però, negli ultimi anni è stata anche oggetto di tentativi di gentrificazione simili a quelli che hanno interessato lo scorso decennio il quartiere di Isola, con i tentativi di lanciare addirittura un nome nuovo per il quartiere: NoLo, acronimo di North of Loreto, modellato sull’anglosassone SoHo. Abbiamo chiesto a Turco se questo rischio esiste e può essere facilitato da interventi come la creazione di piste ciclabili. “Non vedo alcun nesso tra lo sviluppo della ciclabilità e la gentrificazione, un fenomeno legato più al mercato immobiliare, al caro affitti e agli investimenti commerciali. La bicicletta non è un mezzo da ricchi, non è nemmeno un orpello per radical chic. È un mezzo economico e popolare, usato ogni giorno da migliaia di lavoratori che ci chiedono più sicurezza — abbiamo il dovere dopo decenni di ritardo di ascoltarli.”
“Ci sono anche migliaia di lavoratori che usano la macchina perché ne hanno una necessità obiettiva, le loro invettive non dovrebbero però essere rivolte al Comune: il traffico e l’assenza di parcheggi non nascono dalle piste ciclabili, che a Milano continuano ad essere poche, ma sono spesso fenomeni legati all’uso sbagliato dei veicoli da parte degli altri automobilisti, per esempio nei piccoli spostamenti che potrebbero facilmente essere sostituiti con il TPL o con mobilità dolce. In viale Monza non salta un solo parcheggio regolare, anzi con interventi sulle strade limitrofe aumenteranno nettamente: chi ci attacca difende la sosta abusiva e irregolare, ma se viale Monza è un gran caos è proprio a causa di quelle irregolarità,” conclude Turco.
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