La pandemia sta rallentando?
In Africa e nelle Americhe sì: il direttore regionale dell’OMS in Africa Matshidiso Moeti si è congratulato con i governi africani per aver evitato “una catastrofe che molti avevano previsto”
In Africa e nelle Americhe sì: il direttore regionale dell’OMS in Africa Matshidiso Moeti si è congratulato con i governi africani per aver evitato “una catastrofe che molti avevano previsto”
I dati dell’OMS indicano che la trasmissione di coronavirus sta iniziando a diminuire in diverse parti del mondo, in particolare nelle Americhe — un continente colpito in modo durissimo — e in Africa. Il direttore regionale dell’OMS in Africa Matshidiso Moeti si è espresso in una dichiarazione fiduciosa, dicendo che il continente dovrebbe aver passato “quello che sembra essere stato il picco dei contagi.” Moeti si è congratulato con i governi di molti stati africani, dicendo che hanno preso decisioni “molto difficili e molto coraggiose,” implementando lockdown e “evitando la catastrofe che molti avevano previsto per come il virus avrebbe colpito la regione africana.” Questo ovviamente non vuol dire che la lotta contro il coronavirus sia finita — il ministro della Salute sudafricano Zweli Mkhize, indicando gli sviluppi del contagio in Spagna, ha espresso preoccupazione per una possibile seconda ondata.
Negli Stati Uniti i numeri restano altissimi — tutti i giorni sopra i 40 mila — ma sono in flessione del 21%. Secondo gli esperti quello che ha fatto svoltare la situazione è stato il progressivo aumento di persone che indossano mascherine protettive: il paese resta, insieme a Brasile e India, uno dei tre più colpiti al mondo, ma la riduzione dei casi è incoraggiante. I numeri del contagio negli Stati Uniti restano comunque poco rappresentativi del reale, perché il numero di tamponi effettuati non è sufficiente per raggiungere tutte le persone che potrebbero essere infette. L’India costituisce un’eccezione allo scenario di tenue ottimismo: ieri nel paese sono stati confermati 60.975 nuovi positivi, e hanno perso la vita a causa del virus 848 persone.
La situazione in Italia
Anche in Italia i dati segnano un calo, anche se è troppo presto per parlare di un rallentamento. Contrariamente alle aspettative, infatti, i numeri di ieri sono stati più bassi rispetto a quelli di lunedì, nonostante il maggior numero di tamponi processati: 878 nuovi casi e 4 decessi. Tra i nuovi ricoverati c’è anche Flavio Briatore: dopo aver passato giorni a lamentarsi delle misure restrittive del governo contro le discoteche, negando la gravità dell’epidemia e riconducendo i propri sintomi a un semplice raffreddore, l’imprenditore è stato ricoverato al San Raffaele in condizioni inizialmente definite “serie,” anche se non si trova in terapia intensiva. Non si trova nemmeno nel reparto Covid, ma in quello “solventi,” fatto che ha scatenato — secondo fonti dell’Espresso — un certo malumore tra i dipendenti dell’ospedale, dato che il reparto solventi non è attrezzato per contenere un eventuale contagio. Sempre che, come ha detto in televisione Daniela Santanchè, non sia tutta una fake news e Briatore sia ricoverato in realtà per una prostatite. Circostanza confermata dallo stesso Briatore, che il Corriere è riuscito a intervistare dall’ospedale: l’imprenditore dice di essere andato in ospedale per la prostatite, e di non sapere ancora il risultato del tampone che gli è stato fatto. Purtroppo Briatore non è l’unico ad essersi ammalato: nello staff della sua discoteca risultano 63 positivi su un totale di 90 tamponi effettuati. Sono quelli che Costantino Cossu sul manifesto definisce “i sommersi della Costa Smeralda”: i dipendenti, in gran parte stagionali, “di quel grande parco dei divertimenti che ogni estate viene allestito nell’isola per i turisti.” È risultato negativo, invece, Silvio Berlusconi, che aveva incontrato Briatore lo scorso 12 agosto.
Dalle discoteche alle fabbriche, sono sempre i lavoratori ad essere più esposti al rischio di contagio: nello stabilimento Aia di Vazzola, nel trevigiano, ci sono 182 dipendenti positivi su 560 testati — una settimana fa erano 20 — ma l’azienda ha deciso comunque di non chiudere l’impianto, limitandosi — soltanto ora! — a ridurre la produzione del 50% “distanziando le postazioni operative e diminuendo il numero dei lavoratori per turno.” La chiusura dello stabilimento, secondo l’azienda, comporterebbe l’abbattimento di 1,5 milioni di capi di pollame.
La situazione in Europa resta allarmante
In Europa, molti guardano con preoccupazione a due nuovi casi di “seconde infezioni” di persone che avevano contratto il Covid–19 e si sono ammalate di nuovo — ieri sono stati confermati appunto un caso in Belgio e uno nei Paesi Bassi. Come scrivevamo nella newsletter di ieri, tuttavia, i singoli casi, per quanto allarmanti, non ci aiutano a capire quanto sia lunga la finestra di immunità garantita dall’aver contratto il virus. La situazione resta allarmante in diversi paesi europei. Ieri in Spagna sono stati individuati 2.415 nuovi casi, ma il totale è aumentato di 7.117, recuperando test dei giorni precedenti. Il Primo ministro Sanchez ha annunciato che le comunità autonome potranno utilizzare l’esercito nazionale per effettuare tracciamento dei contatti. Le regioni potranno inoltre chiedere direttamente al governo di annunciare lo stato d’allerta per i loro rispettivi territori. Si tratta di misure evidentemente emergenziali, prese per evitare che il contagio peggiori ancora. Sanchez le ha commentate dicendo che “non possiamo permettere alla pandemia di prendere di nuovo il controllo delle nostre vite.” In Francia il ministero della Salute ha annunciato altri 3.304 casi: nel corso della giornata sono stati individuati altri 35 nuovi cluster di contagio. In Europa in queste settimane si è parlato con insistenza della densità di casi tra pazienti più giovani, ma questo non vuol dire che non ci sia il rischio di “spillover” verso persone meno giovani, che, come abbiamo visto nei mesi scorsi, sono più vulnerabili.