Il governo italiano darà 11 milioni di euro alla Tunisia per fermare le partenze dei migranti

La notizia è emersa nel corso della visita di Di Maio e Lamorgese a Tunisi: i due ministri hanno ribadito che non ci saranno canali di regolarizzazione per chi proviene dalla Tunisia, ma solo il rimpatrio

Il governo italiano darà 11 milioni di euro alla Tunisia per fermare le partenze dei migranti

La notizia è emersa nel corso della visita di Di Maio e Lamorgese a Tunisi: i due ministri hanno ribadito che non ci saranno canali di regolarizzazione per chi proviene dalla Tunisia, ma solo il rimpatrio

L’Italia darà alla Tunisia 11 milioni di euro per “rafforzare il controllo delle sue frontiere marittime e fermare le partenze.” La notizia è emersa nel corso della visita di ieri a Tunisi dei ministri Lamorgese e Di Maio, insieme ai commissari europei Johansson e Varhelji. I soldi saranno messi a disposizione dal Viminale e, a quanto si legge sulla stampa, proverranno dai tagli dei fondi per l’accoglienza. Altri 10 milioni, invece, saranno messi a disposizione dall’Unione europea.

Nel corso degli ultimi due mesi gli arrivi dalla Tunisia sono aumentati a causa della pesante crisi economica che sta investendo il paese nordafricano e che spinge molti giovani a rischiare la vita attraversando il Mediterraneo. Secondo gli ultimi dati del Viminale, al 17 agosto risultano sbarcate sulle coste italiane 6.727 persone provenienti dalla Tunisia.

La difficile gestione dell’accoglienza, complicata ulteriormente dalla pandemia, ha spinto il governo a intensificare ultimamente le proprie esternazioni anti-migranti. A proposito della collaborazione con il governo di Tunisi, Di Maio ha detto che “chi arriva in Italia in maniera irregolare non potrà usufruire di alcuna opportunità di regolarizzazione. L’unico esito di un arrivo irregolare è un rimpatrio.” Conte, che da settimane ripete che non saranno tollerati gli ingressi “irregolari” e che bisogna “intensificare i rimpatri,” ha ribadito il concetto anche contro le leggi della grammatica.

Nonostante la pandemia, in effetti, i rimpatri verso la Tunisia sono ripartiti a pieno ritmo da inizio agosto, con due voli alla settimana. Se ottenere un permesso per rimanere in Italia è difficile anche proveniendo da altri paesi — a luglio il 73% delle domande d’asilo è stato respinto — dalla Tunisia è praticamente impossibile. Per dirla con le parole del ministro Di Maio, chi parte dalla Tunisia “non scappa da guerre o da persecuzioni,” e per questo, normalmente, dopo un periodo indefinito di detenzione all’interno di hotspot e altre strutture di “prima accoglienza,” viene recluso nei Cpr in attesa della deportazione verso la madrepatria. Alla base c’è la distinzione, a dire il vero spesso capziosa, tra “rifugiati” e “migranti economici,” dietro cui però si nasconde la vera radice del problema: la mancanza pressoché totale di canali legali di migrazione per chi vive in una certa parte del pianeta, a prescindere dalle ragioni che lo spingono a partire.

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Nei colloqui con il governo tunisino sono stati annunciati anche non meglio specificati “progetti europei, rivolti in particolare ai giovani” che, come si legge nella nota stampa del Viminale, “non devono vedere l’Italia come punto di approdo, ma assumere consapevolezza del loro futuro in Tunisia.” Nel frattempo, però, i soldi saranno impiegati per l’acquisto e la manutenzione di motovedette, l’addestramento delle forze di sicurezza e per un radar collegato a un sistema informativo “che allerterà tempestivamente la gendarmeria quando le imbarcazioni di migranti sono in mare in modo da bloccarle in acque tunisine.”

D’altra parte, il governo italiano non si fa troppi problemi a respingere anche chi da “guerre e persecuzioni” scappa eccome: l’annuncio degli stanziamenti alla Tunisia arriva a poche settimane dal rifinanziamento della guardia costiera libica, che per il 2020 ammonta a una cifra simile (10 milioni di euro).

Intanto, nel Mediterraneo, continua la stessa storia di sempre: diverse fonti di Alarm Phone hanno parlato ieri di un naufragio al largo della Libia che sarebbe costato la vita a circa 65 persone. Il primo SOS lanciato dall’imbarcazione risale al 15 agosto, ma dopo la serata di sabato — e diverse ore passate a contattare inutilmente le autorità libiche, italiane e maltesi — l’Ong ha perso i contatti con le persone a bordo. Nella notte, un’altra imbarcazione con circa 20 persone in pericolo ha lanciato un SOS dalla zona Sar maltese. Al momento, non risultano interventi di soccorso.


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In copertina, foto via Twitter