Trump non vuole davvero rinviare le elezioni
Ieri Trump ha avanzato l’idea di rimandare le elezioni di novembre — non ha il potere per farlo, e difficilmente glielo lasceranno fare. Ma si tratta di un passo importante per screditare il risultato elettorale
in copertina, foto via Flickr
Ieri Trump ha avanzato l’idea di rimandare le elezioni di novembre — non ha il potere per farlo, e difficilmente glielo lasceranno fare. Ma si tratta di un passo importante per screditare il risultato elettorale
Ieri Trump ha scritto un tweet, mettendoci in fondo un punto interrogativo per non esagerare, in cui avanza una proposta senza precedenti storici negli Stati Uniti: rimandiamo le elezioni?
Partiamo da un presupposto fondamentale: Trump non ha il potere di farlo — è una decisione che spetta al Congresso, che fortunatamente è spezzato tra democratici e repubblicani dopo le elezioni di metà mandato — i democratici controllano la Camera, i repubblicani il Senato. Ma lo scopo di Trump non è questo: dopo che il suo tweet ha infiammato il dibattito politico statunitense, Trump ha scoperto maggiormente le proprie carte, difendendo il proprio tweet e spiegandosi: “Io non voglio rimandare niente. Voglio farle queste elezioni. Ma non voglio dover aspettare tre mesi per poi scoprire che tutti i voti sono stati persi, e che l’elezione non ha nessun valore.” La possibilità di rimandare il voto — che comunque ad esempio Mike Pence non esclude si possa trovare un modo per attivare con strumenti presidenziali — serve a Trump come arma di ricatto per contrastare l’estensione del voto per posta, che Trump teme possa espandere l’elettorato verso bacini che voterebbero contro di lui.
Il tweet va inquadrato in un altro contesto: costituisce un ulteriore passo nella escalation in vista delle elezioni presidenziali. Solo 12 giorni fa, intervistato da Chris Wallace di Fox News Sunday, il presidente si era rifiutato di garantire che avrebbe riconosciuto come legittimo il risultato delle elezioni. È impossibile dire oggi cosa Trump abbia intenzione di fare se dovesse perdere le elezioni — è possibile che semplicemente sia uno sconfitto piagnucoloso, e si faccia da parte — ma la comunicazione del presidente negli ultimi mesi sembra incanalata in una sola direzione: sfruttare lo scetticismo verso il voto per posta per seminare il dubbio sui risultati elettorali, se non proprio diffonderne di paralleli, e provare a forzare la legge sulla linea di successione presidenziale, che, in caso di elezione contesa, darebbe il titolo, almeno temporaneamente, a Nancy Pelosi. La legge per la linea di successione, del 1947, è una bomba ad orologeria che aspetta di esplodere, e Trump potrebbe tentare la forzatura e farla dichiarare incostituzionale.
La pandemia ha distrutto gli Stati Uniti
L’economia statunitense ha subito un colpo durissimo a causa della pandemia: il PIL si è contratto del 32,9%. Sono i numeri peggiori che il paese abbia mai visto negli ultimi 73 anni, dalla fine della Seconda guerra mondiale — non perché le cose andassero peggio, ma perché è da quando il governo statunitense ha iniziato a misurare il PIL a livello federale. Prima del 2020, il crollo del PIL più grave registrato nella storia statunitense era del 10%, nel secondo quarto del 1958. La situazione del contagio, ancora fuori controllo in gran parte degli Stati Uniti, configura una situazione in cui è difficile immaginare una ripresa rapida.
Mercoledì gli Stati Uniti hanno superato i 150 mila morti per coronavirus. Si tratta di un numero oggettivamente altissimo, ma che è esattamente il doppiodi quanto Trump aveva previsto lo scorso maggio — e la crisi è lungi dall’essere superata. Di fronte a un paese devastato dalla pandemia, Trump è sotto nei sondaggi di tutti e sei gli stati chiave per la vittoria elettorale.
Le reazioni alla dichiarazione di Trump
La proposta di Trump ha scosso il dibattito: nella famigerata sezione Opinioni del New York Times è stato pubblicato un editoriale dell’iperconservatore Steven G. Calabresi, co–fondatore della Federalist Society, in cui l’autore spiega che ha sempre difeso il presidente, anche dall’inchiesta di Mueller, ma che riconosce che la proposta attuale sia fascistoide. Il Washington Post ha pubblicato un commento di Timothy Snyder, docente di Storia a Yale, che descrive il tweet dicendo che “rispetta tutte le regole della propaganda fascista.”
La presidente della Camera Pelosi ha risposto a Trump citando su Twitter il passo della Costituzione statunitense che conferisce al solo Congresso il potere di rimandare le elezioni, e anche molti repubblicani hanno rifiutato la proposta avanzata dal presidente: Lindsey Graham ha detto che “non gli sembra un’idea particolarmente buona,” e John Thune, della leadership repubblicana, ha commentato “abbiamo avuto elezioni tutti i novembre dal 1788, mi aspetto sarà così anche quest’anno.”
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