I negazionisti in Italia stanno alzando la testa e non vanno sottovalutati
Il convegno al Senato con Sgarbi, Salvini e Bocelli segna il definitivo cambio di passo: il fronte di estrema destra che si batte contro le restrizioni anti-contagio è sempre più agguerrito
Il convegno al Senato con Sgarbi, Salvini e Bocelli segna il definitivo cambio di passo: il fronte di estrema destra che si batte contro le restrizioni anti-contagio è sempre più agguerrito
Il rapporto dell’ex ministro Salvini con la pandemia, si sa, è complesso: lo scorso 12 marzo chiedeva disperato al governo di “Chiudere tutto, c’è emergenza sanitaria. C’è una pandemia, non un’infuenzina.” Una posizione condivisibile, ma arrivata dopo quasi un mese di strepiti sulla necessità di tenere tutto aperto, un errore politico così clamoroso che perfino Salvini stesso lo ha ammesso, lo scorso marzo. Dagli errori, però, non si impara: da allora la linea del leader leghista è rimasta incoerente e poco chiara — in parte perché la sua necessità di fare opposizione a tutti i costi doveva convivere con le esigenze dei territori leghisti lombardi e veneti, tra i più duramente colpiti dal virus.
Nelle scorse settimane però, qualcosa è cambiato: dal 2 giugno in poi — ricorderete la famigerata manifestazione del centrodestra che doveva essere in sicurezza e invece si trasformò in una ressa — Salvini ha sostanzialmente deciso di far finta che il virus non esista più. L’ex generale Pappalardo, d’altronde, ha dimostrato che una base di consenso fondata sul complottismo sul coronavirus c’è, ed è solida; intanto, i numeri della pandemia in Italia sono scesi a livelli che rendono molto più semplice far convivere posizioni più… creative, con le necessità strettamente amministrative di Fontana e Zaia — che in questo momento in realtà di distrazioni potrebbero anche essere grati.
Pochi giorni fa Salvini accusava il governo di “importare infetti,” suggerendo un legame tra l’aumento dei contagi e l’arrivo di migranti sulle coste siciliane, e insinuando che dietro ci fosse una “strategia” per prorogare lo stato di emergenza. La sintesi della posizione del leader leghista in questo momento è: il virus non esiste, ma se esiste lo portano i migranti. Ieri ha deciso di saltare definitivamente sul carrozzone del negazionismo all’italiana partecipando al convegno organizzato in Senato dal leghista Armando Siri e da Vittorio Sgarbi, intitolato “Covid-19 in Italia, tra informazione, scienza e diritti.”
L’evento voleva presentarsi come un’occasione per riflettere sul rapporto tra le restrizioni anti-contagio e il rispetto delle libertà costituzionali — hanno partecipato anche i due giuristi Sabino Cassese e Michele Ainis — ma si è trasformato ben presto in una conventicola di negazionisti, anche grazie agli interventi dello stesso Salvini, che si è rifiutato di indossare la mascherina e ha detto che “il saluto con il gomito è la fine della specie umana.” Tra gli ospiti c’era anche Andrea Bocelli, che ha ammesso di aver violato le norme sul lockdown — “mi sono sentito umiliato e offeso dalla privazione della libertà,” “non mi sembrava giusto e nemmeno salutare rimanere in casa” — ha parlato di “cosiddetta” pandemia e ha messo in dubbio la gravità della situazione sanitaria con un argomento solidissimo: “Conosco un sacco di gente e non conoscevo nessuno che fosse finito neanche in terapia intensiva. E allora tutta questa gravità…”
Negazionisti all’italiana
La galassia negazionista o cripto-negazionista in Italia è sempre più vasta e sta chiaramente alzando la testa: Vittorio Sgarbi è da settimane che sfrutta la propria visibilità di personaggio trash per diffondere opinioni pericolose — per esempio, alcuni giorni fa, attaccando con violenza il virologo Guido Silvestri, reo di essersi rifiutato di partecipare al convegno in Senato per non mischiarsi a “soggetti che hanno propagandato nozioni pseudo-scientifiche.” Anche i negazionisti, d’altronde, hanno i propri referenti scientifici: in prima linea il medico del San Raffaele Alberto Zangrillo, possibile candidato del centrodestra alle prossime elezioni comunali di Milano, che da tempo continua a dire che il virus “è clinicamente inesistente”. Ieri Zangrillo ha ammesso almeno di aver “sbagliato nei toni,” forse riferendosi a quella volta in cui ha detto di avere “le palle piene” e che “se oggi in Lombardia abbiamo un solo morto dichiarato per Covid, vuol dire che non sta succedendo nulla.” Ma c’è anche il famigerato Giulio Tarro, che durante il convegno ha insinuato che i vaccini possano aggravare l’epidemia. Non poteva mancare anche Paolo Becchi: il professore universitario, ex ideologo del Movimento 5 Stelle, che di recente ha scritto che “la mascherina è diventata il segno esteriore della sottomissione, il velo islamico delle nostre presunte democrazie liberali,” è intervenuto per dire che “abbiamo fatto come in Cina,” paragonando il lockdown a “scelte fasciste” e dicendo che la scienza “non sa che cos’è il virus,” e quindi “non possiamo accettare che sia la scienza ad avere l’ultima parola sulla nostra vita.”
L’evento è stato giustamente e duramente criticato da Luca Fusco, presidente del Comitato “Noi denunceremo,” che raccoglie oltre 6700 parenti delle vittime in provincia di Bergamo. Fusco ha parlato di uno “sfregio a tutti i morti che ci sono stati” e di un “ulteriore schiaffo a tutti i parenti delle vittime che stanno chiedendo verità.” Sul fronte scientifico, a lanciare l’allarme sul “messaggio pericoloso” avallato dalla Lega sono i virologi Massimo Galli e Fabrizio Pregliasco. “Penso che tutto quello che è stato detto non abbia alcuna base dal punto di vista scientifico: è un messaggio inadeguato, quello che viene lanciato, con elementi di evidente pericolosità,” ha detto Galli. “Nessuno di coloro che si sono espressi ha titolo per dare una opinione di tipo scientifico.”
Internazionale cospirazionista
Il collegamento tra Salvini e gli altri leader politici mondiali apertamente negazionisti è evidente: l’estrema destra occidentale ha reagito al virus all’unisono — Trump negli Stati Uniti, Bolsonaro in Brasile, Johnson nel Regno Unito. Soltanto quindici giorni fa per la prima volta Trump si è fatto vedere in pubblico con una mascherina protettiva sul viso — ma è la stessa persona che lo scorso marzo si rifiutava di accogliere le persone infette sulla crociera Grand Princess, perché gli piacevano “i numeri che abbiamo ora” — e a bordo della nave c’erano altri 35 malati. Trump avrebbe passato settimane a dire che il virus sarebbe “passato da solo” — secondo il Washington Post l’ha detto 22 volte.
Esattamente come per Matteo Salvini, nei discorsi di Trump il virus è una minaccia soltanto quando è funzionale come strumento contro la Cina, contro cui sono state scagliate una serie di accuse, soffiando il fischietto ai complottisti, e dicendo ripetutamente che il virus veniva da “un laboratorio.” Ancora ieri, nonostante le proporzioni del contagio negli Stati Uniti non abbiano paragoni nel resto del mondo, il presidente ha passato una buona parte della propria giornata a retwittare materiali in supporto all’uso dell’idrossiclorochina — un farmaco antimalarico di cui però non ci sono prove sia efficace contro il coronavirus.
Uno dei fronti su cui si combatte questa battaglia è quello delle mascherine. Negli Stati Uniti, in Brasile, e forse presto anche in Italia, è l’argomento su cui è più facile fare leva, anche perché da parte dell’OMS e degli specialisti la comunicazione in merito nei mesi scorsi non è stata sufficientemente chiara, ma soprattutto perché si tratta, per la prima volta, di una settarizzazione visibile nel mondo a noi circostante. In altre parole: normalmente non è immediato intuire l’orientamento politico di una persona che ci passa a fianco — a meno di sgradevoli eccezioni. Attraverso la politicizzazione delle mascherine, invece, si dà modo ai propri seguaci di identificare intuitivamente chi la pensa come loro. Il linguaggio usato per dissuadere le persone è quello tipico della retorica più gretta dell’estrema destra: secondo Bolsonaro sono “per omosessuali,” Becchi appunto le ha definite “segno della sottomissione,” paragonandole a niqab e hijab.
A differenza di Trump — e di Bolsonaro, che ha gestito la crisi operando in contrapposizione alle autorità locali — Salvini ha un lusso: è all’opposizione e, in questo momento, non ha praticamente niente da perdere. Per questo, il leader della Lega, nelle prossime settimane, potrà lanciarsi a dare il peggio del repertorio dell’estrema destra contro il virus — e nelle ultime ore, ha già iniziato: dicendo che gli “Italiani [sono] controllati in casa e in spiaggia, clandestini liberi di fare quello che vogliono,” e condividendo un video contro le multe per chi non porta le mascherine. È facile leggere questa ulteriore deriva — del leader di un partito che non è più al governo ma che comunque continua ad amministrare le regioni più ricche, e le più colpite dal virus — come un segno di completa disperazione: la Lega, in un anno, ha perso il 13% dei consensi. Ogni discorso complottista e antimascherina in Italia sarà probabilmente più difficile da fare accettare all’opinione pubblica italiana rispetto a quella statunitense, vista la particolare dinamica della pandemia nel paese, il primo in Occidente ad essere colpito duramente, colpito anche da un sincero e generale shock collettivo. Ma Salvini era e resta una potenza mediatica, e rischia di portare anche in Italia una violenta politicizzazione delle misure contro il contagio — che, letteralmente, salvano la vita delle persone.