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L’operazione della famiglia Fontana è legale, ma la voluntary disclosure era stata criticata nel 2015 perché considerata un “condono fiscale mascherato”

Come ormai è noto, il governatore lombardo Fontana è coinvolto in un’inchiesta su una fornitura di camici tramite l’azienda del cognato. La vicenda è al centro di un’indagine della procura di Milano ed è stata svelata originariamente da un’inchiesta di Report — che Fontana, peraltro, aveva cercato di bloccare con minacce esplicite di denunce.

La vicenda presenta alcuni punti oscuri, ma ormai i tasselli principali del mosaico sono chiari: il Pirellone, tramite affidamento diretto, avrebbe assegnato una fornitura di camici alla Dama spa — un’azienda controllata dal cognato di Fontana, Andrea Dini, che gestisce anche il noto marchio Paul & Shark — per circa mezzo milione di euro. 

Nei giorni immediatamente precedenti al servizio di Report, però, qualcosa cambia. Durante le interviste incluse nel servizio, Fontana dichiara ai microfoni che la fornitura è stata “una donazione.” In quei giorni, secondo la procura di Milano, le fatture emesse dalla regione vengono effettivamente stornate in modo tale da far sembrare il tutto una donazione.

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Per ragioni ancora da chiarire, Fontana decide che al cognato bisogna dare comunque qualche soldo per il disturbo, e quindi prova a fargli un bonifico di 250 mila euro da un suo conto personale — il famoso conto delle Bahamas ereditato dalla madre e regolarizzato tramite la voluntary disclosure, o scudo fiscale, del 2015. Peccato che, anche se il conto è stato regolarizzato, l’operazione ha tutti gli estremi per allertare i meccanismi dell’antiriciclaggio, che bloccano il bonifico e fanno venire alla luce tutta la vicenda.

È su questo fronte che si muove la difesa dell’avvocato Jacopo Pensa, che rappresenta il governatore Fontana. Secondo l’avvocato, infatti, “se fosse solo curiosità investigativa dovrebbero aprire fascicoli per tutti quelli che hanno fatto lo scudo.” Pensa riprende la versione dei fatti data già dal leader della Lega Salvini, dicendo che il bonifico era un “atto di solidarietà” per il cognato che “in forza di quella parentela aveva solo avuto danni.” Praticamente un’opera di bene.

Fontana rifiuta quindi categoricamente qualsiasi accusa sotto il profilo sia dell’illegalità, sia della “immoralità”: “Non c’è niente di illecito in quel conto, sono capitali denunciati e scudati, un’eredità di mia madre. Non vedo di cosa dovrei vergognarmi,” ha spiegato il governatore, che non ha nessuna intenzione di dimettersi. Non la pensano allo stesso modo il Movimento 5 Stelle, che presenterà una mozione di sfiducia in Consiglio regionale, e il Pd di Milano: la segretaria metropolitana Roggiani ha detto che questo è “il momento della verità e della chiarezza.” 

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Ormai siamo abituati al modo con cui Fontana affronta le critiche, emerso chiaramente durante la gestione della pandemia in Lombardia: risposte spesso spocchiose e arroganti, senza una vera difesa nel merito — “rifarei tutto” — e pensate soprattutto a far vedere di non aver paura delle possibili conseguenze delle proprie azioni.

Ma essendo Fontana un uomo politico di primo piano sulla scena nazionale, qualche altra riflessione è d’obbligo. La vicenda, ad esempio, rivela in modo piuttosto interessante quale sembra essere la concezione di Fontana della regione che è chiamato a governare: non come un’attività di governo, ma come un proprio protettorato — come se il presupposto “danno” a cui è andato incontro Dini fosse più una questione familiare che politica, da risolvere tra privati — “con un regalo,” come ha detto Salvini.

La legge distingue ciò che è lecito da ciò che non è lecito. Portare 5,3 milioni di euro all’estero per evadere le tasse è contro la legge; ereditare un patrimonio di 5,3 milioni di euro su un conto offshore, messo in regola tramite il cosiddetto “scudo fiscale,” non lo è. La distinzione tra ciò che è lecito e ciò che non è lecito vale per tutti i cittadini, per i quali la legge è — o dovrebbe essere — sempre uguale. Nel caso di personaggi politici di primo piano, però, lo scrutinio è, o dovrebbe essere, di un altro tipo: di opportunità.

Fontana dice di non vergognarsi dei conti ereditati dalla famiglia, ma nessuno di questi soldi sapeva niente, rimasti avvolti nel silenzio fino a questo scandalo. Indubbiamente aver scudato i due trust alle Bahamas è un’azione “legale,” ma all’epoca — come ogni forma di scudo fiscale — non era stata una misura ricevuta in unanime consenso, anzi, in molti avevano parlato di “condono mascherato:” chi si era autodenunciato, infatti, ha pagato in media il 6% delle cifre regolarizzate. Tra le voci critiche c’era anche quella del segretario della Lega Matteo Salvini, curioso di vedere “quanti benpensanti e moralisti di sinistra saran beccati coi milioni nascosti in Svizzera.” 

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