cover-stato-islamico-metanfetamine

Il sequestro record di 84 milioni di pasticche di Captagon nel porto di Salerno dimostra che gli affari dell’Isis si sono tutt’altro che affievoliti

Nella sua parabola per la conquista del narcotraffico, Pablo Escobar, il patron di Medellin, ben presto si trasformò in un terrorista. Per esempio nel novembre del 1985, quando, in appoggio alla formazione politica di estrema sinistra M-19, fece uccidere dodici giudici della Corte Suprema e incendiare l’archivio del Palazzo di Giustizia di Bogotà per distruggere documenti che lo riguardavano. E, di nuovo, nel novembre 1989, quando i suoi uomini piazzarono una bomba sul volo Avianca 203 nel tentativo fallito di uccidere il candidato alla presidenziali, César Gaviria. Il bilancio, tuttavia, fu pesante: nell’attentato morirono 107 persone, fra passeggeri ed equipaggio di volo, oltre a tre persone colpite dai detriti piovuti dal cielo. 

Una logica perversa, quella di Escobar: da un lato rubare ai ricchi per dare ai poveri, dall’altro assassinare innocenti per conservare il potere. Logica, peraltro, comune anche ad altri gruppi criminali dediti al traffico di stupefacenti — se pensiamo alle violenze di cui si sono rese protagoniste le moderne gang criminali sudamericane o la mafia siciliana negli anni delle stragi. In tempi recenti, si è visto anche il fenomeno opposto: non sono più i narcotrafficanti a trasformarsi in terroristi, ma i terroristi a diventare spacciatori.

Il Pablo Escobar di Mosul

Con l’obiettivo di portare il terrore in occidente, come è avvenuto nel 2015 con gli attentati di Charlie Hebdo e del Bataclan, i terroristi dell’Isis non hanno esitato a trasformarsi a loro volta in narcos di prim’ordine. La strategia del terrore, infatti, è costosa: la propaganda, l’acquisto di armi e mezzi, gli stipendi dei combattenti. Senza dimenticare, poi, le spese necessarie per gestire un vero e proprio stato, lo Stato islamico per l’appunto, almeno fin quando è esistito. Non a caso, una delle prime sfide del nascente Califfato è stata quella di individuare linee di finanziamento che consentissero di portare avanti la propria guerra ideologica. Rapine a banche, estorsioni, contrabbando di petrolio e di reperti archeologici, donazioni private. Negli ultimi anni, però, solo un traffico è stato in grado di sostenere le attività dei terroristi: lo stesso che aveva reso Escobar la settima persona più ricca al mondo.

— Leggi anche: Non c’è bisogno di pagare riscatti: le armi esportate dall’Italia finiscono già in mano ai terroristi

Così, quando all’alba del 1° luglio la Guardia di Finanza di Napoli si è presentata al porto di Salerno per controllare un carico in arrivo dalla Siria, ciò che ha maggiormente sorpreso gli inquirenti non è stata la provenienza, che ormai rappresenta quasi una certezza, bensì la quantità di droga rinvenuta: 84 milioni di pasticche di anfetamine, per un carico da 14 tonnellate di droga che sul mercato attuale ha un valore che si aggira intorno al miliardo di euro. Una quantità tale da far pensare due cose. La prima: l’occidente indirettamente e inconsciamente finanzia la jihad. La seconda: per quanto indebolita dalla caduta dello Stato islamico come entità territoriale, la lotta dell’Isis e dei gruppi affiliati continua ad essere pericolosa e a fare affari d’oro con le economie sommerse.

Dal Captagon al Fentanyl

Quella trovata a Salerno è una sostanza ben nota agli inquirenti: nome ufficiale Captagon, è stata definita giornalisticamente la droga della Jihad, perché particolarmente diffusa fra i combattenti e gli attentatori. La sua storia è quella di un comune farmaco, adoperato per il trattamento della narcolessia e i deficit d’attenzione. Nel 1961, Chemiewerk Homburg, filiale della casa farmaceutica tedesca Degussa AG, mise a punto la composizione dello psicofarmaco, basato sul principio attivo del cloridrato di fenetillina. Nome scientifico per una sostanza che, di fatto, comporta euforia, insensibilità al dolore, alla fatica e alla fame, e, cosa più importante per chi si prepara a morire, inibisce la paura. Per questo, il Captagon è stato trovato anche nei corpi di alcuni degli attentatori che hanno colpito fuori dai confini dello Stato islamico.

L’uso fra i combattenti, tuttavia, è la parte minoritaria dell’utilizzo che ne fa l’Isis. Per comprendere la portata del fenomeno, basta scorrere l’elenco delle operazioni antidroga eseguite negli ultimi anni. Ad ogni sequestro condotto contro la droga prodotta in Medio oriente, infatti, si parla di un nuovo record raggiunto: nel porto di Genova, per esempio, nel 2017 è stato sequestrato un carico da 37,5 milioni di pasticche prodotte dall’Isis, fra cui Captagon. Anche questo era un primato assoluto. Nel 2016, in Grecia, erano state sequestrate 26 milioni di pillole fra cui il Tramadol. Nel 2015, al confine fra Turchia e Siria, le autorità turche avevano sequestrato 11 milioni di pillole di Captagon.

Sarebbe logico pensare che, col progressivo indebolimento dello Stato islamico, anche il traffico di sostanze stupefacenti sia in calo. Invece, il sequestro di Salerno dimostra come la richiesta resti alta e l’offerta adeguata, nonostante il lockdown. Anzi, per assurdo, proprio il blocco imposto dalla pandemia ha fatto aumentare esponenzialmente la domanda. Del resto, la produzione del Fentanyl presenta numerosi vantaggi per i narcotrafficanti. Primo fra tutti la facilità di produzione rispetto ad altre droghe. A differenza di altre sostanze stupefacenti, come per esempio l’eroina, non è infatti legata alla coltivazione e ai rischi che questa comporta. Inoltre, crea forte dipendenza e, in questo senso, è perfetta per i narcotrafficanti che hanno esigenza di consumatori sempre più affamati. Ha un solo un piccolo difetto: molto spesso si rivela letale, come insegna l’esempio degli Stati Uniti, dove il Fentanyl è diventata una vera e propria emergenza sociale.

— Leggi anche: Oltre Rogoredo: perché il dibattito sulle dipendenze in Italia è completamente fermo

L’ipotesi che l’Isis possa riacquistare forza non è neanche troppo remota, se si considerano gli ultimi sviluppi. Complice l’emergenza sanitaria, che continua a tenere impegnati tutti i paesi coinvolti nella lotta al Califfato, i fedelissimi alla jihad stanno rialzando la testa. Anche in relazione al fatto che, come ricorda l’Ispi, non è tanto stabilire se l’Isis tornerà. Semmai, occorre capire quale sarà l’emirato islamico a prevalere sugli altri, come fu per lo Stato islamico a suo tempo. Nel frattempo, grazie all’afflusso del denaro proveniente dal traffico di sostanze stupefacenti, sicuramente non sono i soldi a scarseggiare. 

Se ti è piaciuto questo articolo, ti piacerà la nostra rassegna stampa: abbonati a Hello, World!, la prima settimana è gratis